Virtual heart failure care: promises and challenges

di Martina Milani
Il ruolo di telemedicina e intelligenza artificiale nella gestione del paziente con insufficienza cardiaca

Uno dei momenti più attesi della prima giornata congressuale è stata la Lectio magistralis, tenuta dalla Professoressa Maria Rosa Costanzo, incentrata sulla Cardiologia virtuale nell’ambito dell’insufficienza cardiaca.

La virtual care, implementata nel corso della pandemia da Covid-19, richiede al medico un’incrementata capacità di gestione del malato, rispetto alla medicina tradizionale. Nell’insufficienza cardiaca, patologia invalidante, progressiva, a prognosi sfavorevole e complessa per definizione, la difficoltà è ancora maggiore. Tuttavia, i dati ci dicono che è una strategia che funziona: da una revisione Cochrane è emerso che semplici telefonate strutturate hanno ridotto la mortalità del 13% e le ospedalizzazioni per scompenso del 15%.

Numerosissime piattaforme e app sono state utilizzate, nell’ultimo anno e mezzo, per l’esecuzione di visite mediche a distanza.  La professoressa ha presentato le tecniche per una valutazione a distanza efficace: la verifica dell’accessibilità del paziente alla piattaforma, la rilevazione dei parametri vitali, la valutazione dei sintomi e di segni di scompenso (dispnea all’eloquio, turgore giugulare, edemi declivi), il controllo dell’aderenza terapeutica e la presenza di effetti collaterali, l’incentivo della partecipazione dei familiari, la prescrizione di terapie e il follow-up.
Per la telegestione sono indispensabili anche le tecnologie di monitoraggio remoto (oltre a misuratori di pressione e frequenza cardiaca, anche ad esempio un sensore di pressione in arteria polmonare e tecnologie di monitoraggio della congestione). In particolare, i sensori emodinamici hanno ridotto le ospedalizzazioni per scompenso. Il futuro è però dei sensori indossabili (smartphone, occhiali, patch) che consentono di monitorare numerosi parametri vitali, fino alla presenza di ischemia e alle apnee. Zio patch ha mostrato una performance diagnostica maggiore rispetto all’Holter ECG nell’individuare eventi aritmici.

Sono in corso numerosi trial randomizzati controllati per valutare l’efficacia dei dispositivi di monitoraggio remoto, tra cui l’EMPOWER (aderenza alla terapia diuretica e registrazione del peso corporeo, con possibilità di ricevere incentivi per il paziente in caso di elevata compliance) e il SELFIe-HF.

È risultata vantaggiosa anche la riabilitazione cardiologica domiciliare con monitoraggio, rispetto a quella ospedaliera.

Il progresso delle tecnologie digitali ha consentito infine di sfruttare l’intelligenza artificiale per raccogliere informazioni cliniche e parametri del singolo paziente, integrarli con i dati di pazienti di studi in letteratura, e, con un processo induttivo-deduttivo, creare un gemello digitale del malato stesso, predicendone l’andamento e consigliando scelte terapeutiche. Ad esempio, il Systolic stretch index è un parametro derivato dallo strain ventricolare, che in pazienti con blocco di branca sinistra ha consentito di predire la risposta a CRT.

Le prospettive sono esaltanti, anche se permangono non pochi ostacoli all’implementazione di questi programmi: tra i più importanti la tutela della privacy e le rigide normative che regolano l’utilizzo dei dati, problemi di responsabilità medico legale e di rimborso inadeguato, l’accesso alla tecnologia e la compliance del paziente.

Martina Milani