VIAGGIO NELLA CARDIOPATIA ISCHEMICA CRONICA AL CONGRESSO ANMCO 2014

Francesco Maria Bovenzi

Il Congresso ANMCO 2014 testimonia il crescente interesse della comunità scientifica per la cardiopatia ischemica cronica

Nell’ambito del Congresso Nazionale di Cardiologia dell’ANMCO di quest’anno sabato 31 maggio si terrà dalle ore 12.00 alle ore 13.30 un Luncheon Panel dedicato al mondo della cardiopatia ischemica cronica la cui moderazione della sessione è affidata ad una autorevole Faculty fra cui Leonardo Bolognese, Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia, Cesare Greco, Presidente GICR-IACPR, e Panos Vardas, Presidente della Società Europea di Cardiologia.
Il titolo del Luncheon Panel “Viaggio nella Cardiopatia Ischemica Cronica” è indicativo del percorso che si vuole compiere nel corso della sessione scientifica.
Tale viaggio parte con una relazione di Leonardo De Luca su “Il cardiologo ed il dilemma della rivascolarizzazione” che affronterà la questione della migliore scelta per il paziente sintomatico tra cardiologia interventistica e terapia medica ottimale, tema attuale che il cardiologo si trova ad affrontare nella pratica clinica di tutti i giorni.
Nella seconda relazione dal titolo “Dalle Linee Guida ESC al documento ANMCO/GICR-IACPR/GISE: novità nella gestione della cardiopatia ischemica cronica sintomatica”, verrà affronta da Pier Luigi Temporelli la gestione clinica del paziente con cardiopatia ischemica cronica sintomatica.
Partendo dalle recenti Linee Guida ESC si arriverà alla presentazione del nuovo documento di consenso di ANMCO/GICR-IACPR/GISE che descrive mediante la flow-chart (Figura 1) l’ottimale gestione del paziente sintomatico che descrive e sottolinea come tale gestione terapeutica non possa ormai più prescindere dalle moderne scelte farmacologiche disponibili.
In particolare, così come indicato anche nelle Linee Guida ESC, nel documento di consenso si pone particolare attenzione ad alcuni limiti dei nitrati a lunga durata d’azione (es. assuefazione e disfunzione endoteliale) e si sottolinea come l’utilizzo routinario di tale classe di farmaci debba essere rivalutato con più attenzione in ogni paziente.
Infine la modalità innovativa del movie learning permetterà di approfondire un caso clinico di cardiopatia ischemica cronica nel quale Francesco Fattirolli commenterà e spiegherà le scelte di gestione clinico-terapeutica che sono state affrontate nel caso.
Alla fine delle tre relazioni ci sarà uno spazio riservato alla discussione e all’interazione tra relatori e discenti per approfondire gli argomenti trattati durante il Luncheon Panel.

 


 

 

IL SISTEMA INTEGRATO DI CURA DELLO STEMI: ATTIVA RAPIDAMENTE, AGISCI TEMPESTIVAMENTE

di Alessio Mettesini

La cura del paziente con infarto miocardico acuto va ben oltre il trattamento all’interno delle mura dell’ospedale. Il primo snodo cruciale, infatti, resta il riconoscimento dei sintomi caratteristici da parte del paziente ed il successivo rapido contatto del servizio di emergenza territoriale. Risulta evidente pertanto l’importanza di una efficace informazione igienico sanitaria atta a sensibilizzare la popolazione nel riconoscimento dei sintomi tipici dello STEMI. Allo stesso tempo è necessario un linguaggio univoco che divulghi chiaramente quali siano i servizi di emergenza territoriale da contattare quando il paziente riconosce i sintomi. Ovviamente, una volta che il paziente ha svolto il proprio compito, il testimone viene passato ai sanitari del sistema di emergenza territoriale che dovranno essere adeguatamente istruiti e forniti dei mezzi necessari per l’iniziale diagnostica e trattamento da intraprendere durante il trasferimento. Le linee guida dell’American Heart Association e quelle della Società Europea di Cardiologia individuano nella la diagnosi di infarto STEMI, già nella fase preospedaliera, una raccomandazione di classe I. Ciò nonostante ancora una buona parte dei pazienti con STEMI viene diagnosticata solo dopo l’arrivo in ospedale. Risulta pertanto necessaria l’implementazione di protocolli diagnostici e terapeutici integrati tra territorio ed ospedale atti a rendere omogeneo e continuativo il continuum di cure del paziente con infarto miocardico acuto.
Nel simposio della FIC dal titolo “il sistema integrato di cura dello STEMI” verrà discusso questo tema di grande attualità. Nell’ultimo decennio, infatti, a fronte di un netto miglioramento della sopravvivenza intraospedaliera, dovuta in gran parte alle moderne tecniche di rivascolarizzazione precoce, non si è osservata una rilevante riduzione della mortalità extraospedaliera. Pertanto, ogni sforzo atto a migliorare il processo di cure del paziente con infarto miocardico acuto risulta notevolmente prezioso. Il simposio sarà moderato da Leonardo Bolognese, presidente FIC e Matteo Di Biase. Nella prima relazione Sergio Berti, massimo esperto all’interno del Cath Lab, sottolineerà la necessità di focalizzare gli sforzi sul trattamento preospedaliero. Contestualmente, Francesco Romeo illustrerà problematiche e possibili orizzonti relativi alla precoce attivazione del sistema di emergenza territoriale e agli interventi atti a sensibilizzare la popolazione. Concluderanno il simposio Giuseppe Ciancamerla, affrontando in dettaglio il tema dell’arresto cardiaco extraospedaliero, e Ciro Indolfi che cercherà di fornire “cinque regole d’oro” per rendere l’interezza del sistema per il trattamento dello STEMI più efficiente della somma delle sue parti.
Pertanto una sessione interessante su un tema sempre attuale che coinvolge professionisti sanitari afferenti a realtà lavorative talvolta anche lontane ma che necessitano di lavorare all’unisono.

 

 


 

 

INFARTO MIOCARDICO ACUTO, STEMI E L’IMPORTANZA DELL’ANGIOPLASTICA PERCUTANEA PRIMARIA

di Riccardo Barucci

 

L’infarto miocardico è la causa più frequente di mortalità e morbilità nel mondo occidentale. Nello STEMI la terapia riperfusiva deve essere il più precoce possibile. Per questo motivo è necessaria una rete organizzativa efficiente, un network interospedaliero che coinvolga più figure professionali. L’angioplastica percutanea ha permesso di ridurre sensibilmente la mortalità precoce, il rischio di reinfarto e l’ischemia miocardica ricorrente oltre ad un miglioramento della qualità di vita del paziente.

L’infarto miocardico è la causa più frequente di mortalità e morbilità nel mondo occidentale. In Italia la mortalità per cardiopatia ischemica rappresenta il 12% di tutte le morti, l’infarto acuto l’8%, nella popolazione di età compresa tra 35 e 74 anni. Le sindromi coronariche acute si distinguono a seconda della presentazione elettrocardiografica in infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) e senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI). L’angina instabile può avere modificazioni elettrocardiografiche, ma non ha un incremento degli indici miocardio specifici.
L’ultima classificazione dell’infarto miocardico prevede 5 forme, comprendendo la necrosi associata alle procedure di rivascolarizzazione miocardica, percutanea o chirurgica, alla trombosi intrastent e di infarto secondario ad un’eccessiva richiesta o ad una ridotta disponibilità di ossigeno a livello del tessuto miocardico (per esempio l’anemia, le aritmie, l’ipertensione o l’ipotensione).
La terapia riperfusiva è la componente principale dell’approccio terapeutico nello STEMI e per essere efficace deve essere il più rapida e precoce possibile (time is muscle). Per questo motivo è necessaria una rete organizzativa efficiente, un network interospedaliero, che coinvolge i medici dell’emergenza-urgenza, delle UTIC e dei laboratori di emodinamica. La rete organizzativa prevede Hub e Spoke, in cui il Centro Hub è l’ospedale in cui si esegue la angioplastica primaria e i centri Spoke sono ospedali periferici non dotati di emodinamica. Nell’NSTEMI la terapia mediante rivascolarizzazione per via percutanea o chirurgica dipende molto dal profilo di rischio cardiovascolare del paziente che nelle linee guida viene valutata mediante punteggi quali il GRACE, oltre che dal rischio emorragico. Spesso per quanto riguarda la terapia riperfusiva, data la complessità dei fattori in gioco e l’eterogeneità delle condizioni le ultime linee guida consigliano di intraprendere un processo decisionale che coinvolga specialisti tra cui il cardiologo, l’emodinamista interventista e il cardiochirurgo (Heart Team). Gli obbiettivi terapeutici fondamentali della fase precoce dell’infarto miocardico sono costituiti da controllo e sedazione del dolore, ricostituzione e mantenimento della canalizzazione coronarica, protezione del miocardio ischemico, e prevenzione e cura delle aritmie ventricolari maggiori.
Negli ultimi decenni l’elemento innovativo della terapia nell’infarto è stato l’introduzione dell’angioplastica percutanea che ha permesso di ridurre sensibilmente la mortalità precoce, il rischio di reinfarto e l’ischemia miocardica ricorrente oltre ad un miglioramento della qualità di vita del paziente. Si è assistito allo sviluppo di nuovi stent “medicati” che hanno ridotto sensibilmente la restenosi intracoronarica. Il rischio emorragico di questa procedura può essere contenuto considerando l’approccio radiale al posto dell’approccio per via femorale.

 

 


 

 

CONVENTION DELLE UTIC “NUOVI MODELLI ASSISTENZIALI DELLE UTIC IN ITALIA. NON C’È HUB SENZA SPOKE”

di Maria Grazia D’Alfonso

 

Le UTIC Spoke: figlie di un Dio minore?

Il 45° Congresso Nazionale di Cardiologia ANMCO si chiude con la Convention delle UTIC. Questa edizione sarà dedicata a “Nuovi modelli assistenziali delle UTIC in Italia. Non c’è Hub senza Spoke”, e offrirà un’occasione per riflettere sul ruolo dei centri Spoke.
L’organizzazione in Rete delle Cardiologie Italiane e l’evoluzione della strategia riperfusiva dell’infarto miocardico acuto hanno condotto nella prassi quotidiana all’identificazione pragmatica e formale di due tipologie di UTIC: da un lato le UTIC dei centri Hub, dotate di laboratorio di emodinamica h 24, prevalentemente orientate a garantire la qualità della riperfusione e la gestione delle complicanze; dall’altro le UTIC dei centri Spoke, volte alla funzione di “nodo” decisionale della rete e alla gestione delle emergenze cardio-vascolari che non necessitano immediatamente di procedure interventistiche o device per l’assistenza d’organo.
Dal censimento delle strutture cardiologiche italiane (Progetti ANMCO-SIC anno 2010) emerge che in Italia vi sono 714 ospedali, dotati di cardiologie; le UTIC sono 414, di cui il 33% è rappresentato da UTIC Hub.
Tuttavia, d’altro canto dai dati sulle UTIC della regione Emilia Romagna è emerso che nel periodo 2002-2007 il numero di ricoveri per STEMI si è ridotto marcatamente nei centri Spoke ed è aumentato nei centri Hub. Qual è dunque nel real world il ruolo funzionale delle UTIC Spoke? Snodi decisionali, armonicamente integrati nella rete cardiologica o figlie di un Dio minore?
Vero è che lo scenario in cui operiamo ogni giorno si sta rapidamente modificando, e ci impone di formulare e attuare dei provvedimenti, volti alla riorganizzazione strutturale e finalizzati alla pianificazione delle cure più adeguate.
Molteplici sono gli elementi che incidono sulla qualità di tali provvedimenti. Innanzitutto, stiamo assistendo a profondi mutamenti epidemiologici, tra cui l’invecchiamento della popolazione e la crescente complessità del malato. A questo si aggiunge una maggiore disponibilità di strumenti diagnostici e terapeutici, prodotti della innovazione scientifica e tecnologica, che in epoca di aumento dei costi e di spending review vanno adeguatamente utilizzati.
È il momento, pertanto, di definire quali debbano essere in questo scenario in evoluzione le caratteristiche strutturali delle UTIC Spoke, il loro ruolo funzionale, ma soprattutto la casistica trattata che nella rete cardiologica delle Emergenze-Urgenze non comprende solo lo STEMI!
È necessario avere delle direttive chiare ed univoche e in tale contesto si inserisce la proposta dell’ANMCO, da sempre attenta ai mutamenti in atto e da sempre pronta a dare spunti di riflessioni e risposte concrete.