Un approccio integrato per la cardioncologia

Giovanna Di Giannuario

La cardioncologia è un settore relativamente giovane della cardiologia clinica che si è sviluppato negli ultimi decenni, ma il cui interesse è sempre più crescente, ed è stato evidente dalla forte partecipazione alla sessione con un’aula gremita di gente. La sessione si è aperta con una relazione introduttiva su cos’è ‘la cardiotossicità’, che non può essere ristretta solo alla semplice frazione di eiezione ed alle aritmie, ma è un mondo complesso fatto di tanti elementi quali: le valvulopatie, l’ipertensione arteriosa, l’ipertensione polmonare, l’allungamento del QT, la malattia coronarica, l’embolia venosa ed arteriosa, le patologie del pericardio e la disfunzione diastolica. La cardiotossicità ha una incidenza molto variabile dal 2 al 48% a seconda del tipo di paziente, del tipo di chemioterapico e della risposta del singolo alla terapia, per questo è fondamentale identificare più precocemente possibile il paziente a rischio di cardiotossicità con gli strumenti clinici, bioumorali e di imaging. Solo attraverso l’identificazione precoce della cardiotossicità si può iniziare un trattamento farmacologico con ace-inibitori e beta-bloccanti efficace, che possa curare il paziente e prevenire gli eventi cardiovascolari maggiori. L’imaging ed in particolare l’ecocardiografia rappresenta lo strumento più versatile per monitorizzare i pazienti oncologici sottoposti a trattamento, la frazione di eiezione (FE) calcolata con il metodo di Simpson seppur raccomandata dalle linee guida appare superata dall’FE calcolata con l’ecocardiografia tridimensionale, più riproducibile ed affidale pari alla risonanza, e dal global longitudinal strain la cui riduzione del 15% è un predittore precoce di iniziale disfunzione sistolica. L’ecostress può essere utile per slatentizzare una disfunzione precoce o per valutare la riserva contrattile. Naturalmente l’imaging dipende dagli strumenti disponibili in ospedale, a livello ecocardiografico: MAPSE, TAPSE, TDI con il valore dell’onda s’, funzione del ventricolo destro e il global longitudinal strain (GLS) sono stati validati da diversi studi clinici. Per valutate il fenotipo complesso della cardiotossicità con le sue varie manifestazioni cliniche cardiovascolari dobbiamo conoscere bene i farmaci chemioterapici e quali effetti cardiotossici sono più frequenti con il loro uso. Tumori diversi in trattamento con lo stesso chemioterapico possono avere effetti cardiotossici prevalenti diversi, ad esempio gli inibitori delle tirosinkinasi che agiscono su diversi tipi di recettore cellulare non hanno effetto di classe e possono dare scompenso o ipertensione, il VEFGR – I può allungare il QT. Il tumore alla prostata, che spesso viene trattato dal punto di vista farmacologico dagli urologi e solo in alcune realtà dagli oncologi, prevede un trattamento che abbassa i livelli di testosterone il quale avendo effetti multiorgano può avere diversi effetti cardiotossici che vanno dallo scompenso alle aritmie. Si è parlato poi di Cardioncologia 2.0, poiché il paziente cardioncologico è sempre più complesso, dovuto all’incremento della sopravvivenza media del paziente sia cardiopatico che oncologico. Infatti cardiologia e oncologia condividono gli stessi fattori di rischio in particolare obesità e sindrome metabolica (Heart Fail J 2013), alla cui base spesso si trovano gli stessi meccanismi fisiopatologici legati all’infiammazione cronica. La miglior terapia prevede l’interazione di cardiologo/oncologo/medico di medicina generale che stabiliscano il profilo di rischio del paziente e impostino una terapia, forse nel futuro si arriverà ad una terapia fenotipo-mirata, che non curi solo con farmaci o i device, ma che sia sensibile anche all’educazione alla dieta e alla attività fisica aerobica. Le relazioni sono state tutte interessanti e piene di spunti di riflessioni, con la presentazione di casi clinici alcuni con un taglio pratico, altri inusuali e molto rari, hanno acceso l’interesse e la partecipazione dei partecipanti. La sessione si è conclusa con un interessante relazione sul PDTA della cardioncologia che prevede un TEAM work mutidisciplinare, con schemi operativi che valutino le dimensioni e le possibilità strutturali dei vari ospedali, una modulistica dedicata e delle flow chart che indichino i percorsi in caso di situazioni diverse del paziente con cardiotossicità e tenga conto anche delle differenti caratteristiche dei farmaci e dei tumori. E’ stata una sessione piena di insegnamenti, sicuramente c’è ancora molto da fare nell’ambito dell’organizzazione di questo settore che prevede un forte e crescente sviluppo e ci richiama alla necessità di tornare alla clinica con la capacità di interagire in un TEAM interdisciplinare, che abbia come interesse centrale il bene del paziente.