SIMPOSIO
LA MIOCARDITE E IL SISTEMA IMMUNITARIO

di Francesca Terzi

Nella sala del parco Venerdì mattina si è tenuta la sessione “Miocardite e sistema immunitario” moderata dal Dr Manlio Gianni Cipriani e dal Dr Massimo Imazio.

La prima relazione esposta dalla Dr.ssa Terzi ha il titolo “Miocardite nelle malattie sistemiche immuno-mediate”. La miocardite è una malattia infiammatoria del muscolo cardiaco, può manifestarsi acutamente o in maniera persistente nella forma di cardiomiopatia cronica infiammatoria. Le cause della miocardite possono essere molteplici, tra le più frequenti ricordiamo le malattie immunologiche sistemiche. Di recente nell’ambito delle patologie sistemiche immuno-mediate sono state distinte: le malattie autoimmuni propriamente dette, secondarie alla produzione di linfociti aberranti che portano alla “rottura” della tolleranza verso il “self”, in cui il danno d’organo è mediato da autoanticorpi e da linfociti e patologie autoinfiammatorie in cui si verificano episodi di infiammazione acuta non provocata, il danno d’organo in questo caso è sostenuto dalle cellule del sistema immunitario innato. Questa classificazione dicotomica, tuttavia, nella pratica clinica risulta molto più sfumata con numerose patologie che hanno caratteristiche di entrambe le categorie.

Il miocardio rappresenta un importante organo bersaglio delle patologie sistemiche immuno-mediate ed il suo coinvolgimento rappresenta un forte fattore prognostico negativo per il paziente. La presentazione clinica può essere aspecifica e sfumata; di conseguenza per non incorrere nel rischio di una diagnosi non fatta o tardiva è necessario lo sviluppo di un percorso diagnostico adeguato, preferibilmente multidisciplinare che porti ad un approccio terapeutico mirato e personalizzato. Il clinico dovrà porsi in maniera critica ricercando in questi Pazienti l’eventuale presenza delle “red flags” cardiache che possono fare sospettare la presenza di un coinvolgimento miocarditico, come per esempio la comparsa di dispnea, di dolore toracico, cardiopalmo, scompenso cardiaco o nei casi peggiori shock cardiogeno. Una volta emerso il sospetto clinico il Cardiologo dovrà approfondire il quadro grazie all’utilizzo di una serie di indagini diagnostiche, tra cui il dosaggio dei biomarcatori, l’ecocardiogramma, la TC coronarica e la risonanza magnetica cardiaca. La risonanza magnetica cardiaca, grazie alla sua capacità di caratterizzazione tissutale, ha rappresentato una svolta per lo studio non invasivo della miocardite, grazie anche alla recente introduzione delle metodiche di mapping parametrico in grado di aumentare l’accuratezza diagnostica dell’esame. La diagnosi definitiva della miocardite richiede nella maggior parte dei casi la biopsia endomiocardica che permette di distinguere le forme infettive dalle non infettive e di identificare alcuni sottotipi istologici più aggressivi come la miocardite a cellule giganti o la miocardite eosinofila. Sono numerose le malattie autoimmuni ed autoinfiammatorie che possono complicarsi con miocardite. La sarcoidosi è una patologia multisistemica dall’etiologia ignota caratterizzata dalla formazione di granulomi non caseosi in diversi organi e tessuti, tipico è il coinvolgimento dei linfonodi ilari polmonari e del parenchima polmonare. Anche il coinvolgimento cardiaco risulta piuttosto frequente (fino al 20-30% dei Pazienti in studi autoptici). L’esordio del coinvolgimento miocarditico di questi Pazienti è spesso aritmico con alto rischio di aritmie ventricolari e blocchi atrio-ventricolari avanzati. La terapia si fonda sulla somministrazione di steroidi ad alte dosi; un’attenzione particolare va posta sulla stratificazione del rischio aritmico presentato da questi Pazienti, elementi indicativi di un aumentato rischio aritmico sembrano essere il late enhancement esteso alla risonanza cardiaca e la storia di sincope in anamnesi. La granulomatosi eosinofila con poliangioite era definita in passato “Sindrome di Church Strauss” è una vasculite sistemica la cui triade tipica di presentazione è costituita da asma, rinite allergica e ipereosinofilia nel sangue periferico. Il coinvolgimento cardiaco può manifestarsi sotto forma di endomiocardite ed evolvere verso quadri di cardiomiopatia dilatativa o restrittiva. Il danno mediato da eosinofili si articola tipicamente in tre stadi: fase necrotica, fase trombotica e fase fibrotico-cicatriziale. In tutti quei Pazienti con scompenso cardiaco “de novo” o nuovo riscontro di disfunzione ventricolare sinistra ed ipereosinofilia vi è indicazione alla biopsia endomiocardica.

Anche il Lupus eritematoso può complicarsi con miocardite acuta, soprattutto nelle giovani donne in fase di acuzie della malattia sistemica. Il sospetto clinico di miocardite in questi Pazienti si fonda sulla presenza di red flags per la diagnosi non invasiva come la presenza di alterazioni della cinetica segmentaria all’ecocardiogramma, la presenza di late enhancement non ischemico alla risonanza cardiaca e la presenza di rialzo dei valori sierici di troponina e BNP. All’esame istologico si riscontrano lesioni mediate da immunocomplessi e complemento. La sclerodermia e l’artrite reumatoide possono associarsi a miocardite più frequentemente di quanto si pensasse in passato, come hanno dimostrato studi di risonanza. Alcuni casi di miocardite a cellule giganti sono stati descritti sia nell’ambito delle miopatie infiammatorie sia nell’ambito delle malattie infiammatorie intestinali.

Il Professor Rapezzi ha parlato di “Miocardite e COVID 19”. La correlazione tra miocardite e COVID 19 si può verificare in due scenari diversi: la miocardite in corso di infezione acuta e la miocardite da vaccino. L’infezione da COVID-19 comporta un vero e proprio “bombardamento infiammatorio” sistemico in cui lo storm citochinico può colpire qualsiasi organo e tessuto, compreso il cuore. In uno studio di coorte su Pazienti ospedalizzati con infezione da COVID è stato dimostrato che il 19,7% dei Pazienti sviluppa un “danno miocardico” inteso come danno infiammatorio o peri infiammatorio che può essere testimoniato da un rialzo della troponina. La troponina risulta essere uno dei fattori prognostici più importanti in questo contesto. In un recente studio internazionale multicentrico è stato analizzato il tessuto miocardico proveniente da 21 studi autoptici di Pazienti con infezione da COVID-19. Da un punto di vista istologico al rialzo della troponina possono corrispondere quadri istologici diversi: il riscontro più frequente è la documentazione di infiltrato macrofagico nell’interstizio miocardico (86% dei casi), in un numero più limitato di casi è documentabile un quadro di miocardite vera e propria con infiltrato linfocitario multifocale (14% dei casi), nel 19% dei casi è stata riscontrata una pericardite focale. Nei restanti casi il rialzo dei valori di troponina è secondario ad ulteriori cause di danno miocardico come la trombosi dei piccoli vasi o lo strain del ventricolo destro.

Quest’ultimo dato a supporto del fatto che il coinvolgimento del parenchima polmonare o dei vasi polmonari svolge un ruolo importante nella genesi del danno in corso di infezione da COVID-19. In particolare sono stati identificati due fenotipi diversi di sindrome da distress respiratorio: quello parenchimale polmonare e quello vascolare polmonare dove ad essere coinvolti sono sia il parenchima che il letto vascolare polmonare. L’elettrocardiogramma nei Pazienti con danno miocardico da COVID-19 mostra spesso alterazioni compatibili con sovraccarico ventricolare destro. L’utilizzo combinato della TC del torace e dell’elettrocardiogramma ha un importante ruolo per la stratificazione del rischio nel Paziente con polmonite da COVID, Pazienti con polmonite lieve ma strain del ventricolo destro documentabile all’ECG hanno una prognosi peggiore rispetto a Paziente con polmonite estesa senza sovraccarico del ventricolo destro. Negli ultimi mesi ha suscitato un grandissimo interesse il rischio di miocardite dopo vaccinazione per COVID-19, tanto da essere inaugurate rubriche dedicate in importanti riviste internazionali. Sono diverse le casistiche riportate negli studi a disposizione. Secondo il dato israeliano che si basa sulla revisione di 5.000.000 di soggetti vaccinati con vaccino a mRNA la miocardite da vaccino colpisce 4 soggetti su 100.000 nel sesso maschile e 1 soggetto su 100.000 nel sesso femminile. Dopo la prima dose il rischio è “diluito nel tempo” mentre dopo la seconda dose ha un picco nei primi 4-5 giorni. Il rischio aumenta in maniera significativa nei soggetti con età inferiore a 30 anni ed è massimo tra i 15 e 20 anni. E’ da segnalare come i casi di miocardite legati ad infezione da COVID siano molto più frequenti rispetto a quelle da vaccino. Una recente review di Lancet con un numerosissimo campione di soggetti sottoposti a vaccino (405.000.000) ha messo in evidenza come i casi documentati siano 18/1.000.000, quindi molto meno numerosi di quelli che si sono verificati con altri vaccini storicamente utilizzati (56 casi su 1.000.000). Attualmente non abbiamo dati sufficienti per redigere indicazioni basate sull’evidenza; è importante in questa fase storica basarsi rapporto rischio beneficio nel singolo caso. Si tratta in conclusione di una complicanza rara ma da conoscere, più frequente nei vaccini a RNA e che spesso si manifesta come peri miocardite a basso rischio con risoluzione spontanea, è più frequente nel sesso maschile che in quello femminile ed è più frequente dopo la seconda dose di vaccino piuttosto che dopo la prima.

Il Dr Massimo Imazio ha parlato di “Miocardite e Check Point Inhibitor”.

L’immunoterapia ha rappresentato una svolta epocale nel trattamento dei tumori in particolare grazie ai farmaci che agiscono sugli immunochekpoint. Gli immunochekpoint sono proteine coinvolte in vie di regolazione delle cellule del sistema immunitario, sia di tipo attivatorio che inibitorio. Tali vie regolano la risposta immunitaria al fine di limitare fenomeni di autoimmunità e danno secondario. I farmaci immunoterapici attualmente impiegati sono generalmente inibitori ed anticorpi monoclonali diretti contro proteine di membrana che determinano la «tolleranza immunologica» (CTLA-4, PD-1, PD-L1). Sono numerosi i tumori che vengono trattati con tali farmaci, tra questi ricordiamo il melanoma, il tumore renale, il tumore della vescica, i tumori cutanei della testa e del collo, il tumore del polmone non a piccole cellule ed il linfoma di Hodgkin. I potenziali effetti collaterali di questi farmaci sono numerosi, tra i più frequenti ricordiamo quelli cutanei (eruzioni acneiforme, psoriasi, vitiligine fino alla necrolisi epidermica tossica), in un 30% dei casi epatite, piuttosto frequenti sono anche coliti e gastriti. La miocardite può complicare la terapia in circa l’1% dei casi, si tratta pertanto di un effetto collaterale raro ma potenzialmente fatale, di solito si verifica entro i primi 2-3 mesi dall’inizio della terapia. Lo sviluppo di eventi avversi cardiovascolari si associa tipicamente all’utilizzo di corticosteroidi a basse dosi e alla documentazione di elevati livelli di troponina. Frequentemente i Pazienti con miocardite da inibitori degli immunochekpoint hanno alterazioni elettrocardiografiche, rialzo dei valori di troponina e BNP mentre hanno in circa la metà dei casi una normale funzione contrattile del ventricolo sinistro. Il rischio maggiore si verifica nei soggetti trattati con terapie di combinazione o con i farmaci anti-CTLA4. La terapia di basa sulla sospensione del farmaco implicato e sulla somministrazione di steroidi ad alte dosi.

L’ultima relazione dal titolo “Miocardite nelle malattie da accumulo” è stata presentata dalla Professoressa Cristina Chimenti. Le patologie da accumulo sono caratterizzate dall’accumulo patologico di sostanze all’interno della cellula, la malattia di Fabry è una delle più frequenti. È una malattia rara, monogenica e legata al cromosoma X, dovuta ad una mutazione del gene che codifica per l’alfa-galattosidasi. A causa del deficit dell’enzima il globotriaosilceramide (GB3/GL3) si accumula all’interno dell’endotelio vascolare, delle cellule muscolari lisce, delle cellule di cuore, reni, cervello e altri tessuti. L’accumulo lisosomiale di glicosfingolipidi è progressivo e, all’aumentare della sua entità, corrisponde un progressivo peggioramento clinico. A livello cellulare si verifica un aumento della rigidità del cardiomiocita (passive force) associato ad una ridotta capacità contrattile (active force) documentabile anche nei cuori anche con normale frazione di eiezione. Il materiale di accumulo (GB3 e metaboliti) nel cuore ostacola il rilasciamento e porta a un disarrangiamento spaziale dei miofilamenti, oltre a ciò, media anche l’attivazione di “pathway” intracellulari che perpetuano il danno e peggiorano la malattia. L’attivazione di queste vie di segnale comporta infatti ipertrofia, fibrosi, proliferazione, attivazione dell’infiammazione, apoptosi, disfunzione mitocondriale e dell’autofagia, aumentata produzione di radicali liberi dell’ossigeno ed espressione di molecole di adesione. Una serie di studi sul sangue dei Pazienti con Fabry documentano un aumento delle citochine circolanti (IL6, TNF, …) con stato infiammatorio sistemico, vi è infatti la presenza di GB3 nel circolo che viene captato dal Toll-like Receptor 4 (TLR 4) che comporta un’attivazione del sistema immunitario innato e la produzione di numerose citochine come IL6 e TNF alfa. A livello miocardico il GB3 si riversa nell’interstizio sia tramite un meccanismo di secrezione cellulare sia per la morte delle cellule danneggiate dall’accumulo lisosomiale di glicosfingolipidi.

Il GB3 nell’interstizio provoca una reazione infiammatoria locale. Uno studio del gruppo di lavoro della Professoressa Chimenti ha valutato l’incidenza, il meccanismo e l’impatto prognostico della miocardite in 78 Pazienti con Fabry; è emerso come la diagnosi istologica di miocardite è più frequente nei Pazienti con malattia sistemica più severa. Tipicamente si tratta di una forma di miocardite immuno-mediata (virus-negativa) associata alla presenza di autoanticorpi circolanti anti-cuore ed anti-miosina. A livello locale si attiva uno stimolo di tipo autoimmune. I Pazienti con malattia meno grave hanno una patologia infiammatoria più localizzata. L’entità dell’infiammazione tipicamente correla con lo spessore del ventricolo sinistro e comporta resistenza alla terapia enzimatica sostitutiva. La miocardite riguarda anche i vasi intramurali ed il tessuto di conduzione nell’ambito di una pancardite. Sono stati documentati anticorpi circolanti anti-GB3 che ha quindi un ruolo immunogeno. Lo stato proinfiammatorio è legato all’NF-kB che se attivato determina l’espressione di geni pro-infiammatori con induzione di autofagia, apoptosi e stress ossidativo. Studi di laboratorio hanno evidenziato come l’utilizzo della metodica CRISPR-Cas9, una sorta di forbice molecolare in grado di tagliare la sequenza del DNA mutato comporti una riduzione dell’espressione dei marker dell’infiammazione.

 

Francesca Terzi