SIMPOSIO VALVULOPATIE AORTICHE: DIAGNOSI E TRATTAMENTO

di Chiara Tognola
Simposio dedicato alla valutazione multi-parametrica ed alle strategie di trattamento dei pazienti con vizio valvolare aortico misto e con vizi valvolari multipli.

La diagnosi ed il trattamento dei pazienti con vizio valvolare aortico misto e con vizi valvolari multipli sono ad oggi un ambito di grande interesse, come testimoniato dall’attenzione dedicata al tema nel Simposio di questa seconda giornata di lavori congressuali, moderata dal Dott. Gianfranco Frigo e dal Dott. Vincenzo Polizzo. Il Dott. Carmelo Massimiliano Rao ha aperto il simposio trattando di vizio valvolare aortico misto. I pazienti con steno-insufficienza aortica sono il 20% dei pazienti sottoposti ad intervento cardio-chirurgico di sostituzione valvolare aortica; le eziologie più frequenti sono quella congenita e quella degenerativa. Tuttavia, sottolinea che non abbiamo raccomandazioni chiare dalle linee guida per il trattamento della valvulopatia aortica mista; infatti nei grandi trial sulla stenosi valvolare aortica, la concomitante presenza di insufficienza valvolare era un criterio di esclusione. Inoltre, evidenzia come sia più difficile la valutazione della severità del vizio valvolare perché l’equazione di continuità, così come il pressure half time, possono essere falsati dalla concomitanza di stenosi ed insufficienza. Oltre alla convenzionale ecocardiografia bi-dimensionale, è importante la valutazione con ecocardiografia tridimensionale, con RM (soprattutto per una corretta valutazione dei volumi in pazienti con scadente finestra acustica) e TC per la valutazione del burden calcifico. Il dott. Rao ha mostrato alcuni interessanti studi retrospettivi in cui viene evidenziato che i vizi valvolari misti, a parità di volumi e frazione di eiezione, hanno un rischio cumulativo maggiore di peggior out-come, in termini di recidive di scompenso cardio-circolatorio e mortalità, in quanto la concomitante insufficienza aumenta lo stroke volume e quindi il picco di velocità trans-valvolare. Questi pazienti solitamente divengono sintomatici prima; pertanto in pazienti sintomatici con lesioni multiple di grado non-severo l’opzione interventistica può essere presa in considerazione prima. E’ comunque bene, nel caso di malattia mista con velocità trans-valvolare maggiore a 4 m/sec, uno stretto follow-up ecocardiografico a 6 mesi in quanto nel 50% dei casi in un anno la stenosi diventa severa. Generalmente nel vizio valvolare misto sarebbe meglio, se possibile, intervenire chirurgicamente in quanto tali pazienti potrebbero mal tollerare l’eventuale presenza di leak para-protesici post-TAVI; la decisione va comunque presa in heart team tenendo conto delle caratteristiche del paziente. Il simposio è poi proseguito con l’intervento della Dott.ssa Ilaria Caso, che ha trattato la tematica della stenosi aortica combinata con l’insufficienza mitralica. Anche in questo caso le dimensioni del problema sono rilevanti, soprattutto a causa dell’aumento dell’età media della popolazione e del miglioramento delle tecniche chirurgiche e percutanee. Tuttavia, anche il questo caso nelle linee guida vi è un’assenza di indicazioni precise perché gli studi sono contraddittori, non disegnati ad hoc, con popolazioni eterogenee ed in cui le valutazioni ecocardiografiche sono state effettuate con parametri differenti. La dottoressa ha sottolineato l’importanza dell’approccio multi-parametrico e della valutazione quantitativa dell’insufficienza mitralica con il calcolo dell’EROA con metodo PISA. La presenza di insufficienza mitralica, nel contesto di un ventricolo sinistro ipertrofico e di piccole dimensioni come quello tipico della stenosi aortica, riduce lo stroke volume e può portare ad una sottostima dell’entità della stenosi aortica e viceversa una sovrastima dell’entità del rigurgito mitralico. È importante considerare che spesso, soprattutto in caso di insufficienza mitralica secondaria in assenza di ipertensione polmonare e fibrillazione atriale, l’insufficienza mitralica si riduce in seguito alla riparazione del vizio aortico; nel caso invece di insufficienza mitralica primaria, in presenza di anulus mitralico dilatato e calcifico, dilatazione atriale sinistra e di mismatch protesi-paziente, la insufficienza mitralica può peggiorare dopo la correzione del vizio aortico. Pertanto, in caso di stenosi aortica severa ed insufficienza mitralica organica di grado almeno moderato, in presenza di basso o medio rischio operatorio, è indicato correggere chirurgicamente entrambi i vizi. In caso di rischio operatorio alto o di insufficienza mitralica su base funzionale, può essere considerata in un primo momento la riparazione del solo vizio aortico e una rivalutazione a distanza del vizio mitralico. In caso di mancato miglioramento dell’insufficienza mitralica può essere considerata una procedura percutanea staged. Infine, ha concluso il simposio la Dott.ssa Lina Marinacci, trattando il tema di valvulopatia aortica combinata ad insufficienza tricuspidalica. Nonostante storicamente la valvola tricuspide sia stata trascurata, negli ultimi anni sta ricevendo più attenzione in quanto è stato riconosciuto che la presenza di insufficienza tricuspidalica severa è un fattore prognostico negativo indipendentemente dalla funzione del cuore destro e dall’ipertensione polmonare. L’insufficienza tricuspidalica ha una prevalenza media dello 0,55%, che aumenta con l’età; nel 90% dei casi è secondaria a dilatazione dell’atrio destro, dilatazione dell’anulus valvolare con evoluzione verso tethering dei lembi e gap di coaptazione, remodeling ventricolare destro e disfunzione ventricolare destra. Nelle ultime linee guida ESC sulle valvulopatie, l’unica indicazione di classe I riguarda la chirurgia della valvola tricuspide in caso di insufficienza severa in paziente che deve essere sottoposto a intervento valvolare sinistro; in caso di insufficienza non-severa ma dilatazione dell’anulus l’indicazione è di classe IIb. L’intervento isolato sulla valvola tricuspide è invece indicato in caso di insufficienza tricuspidalica severa in paziente sintomatico in assenza di segni di disfunzione ventricolare destra. La procedura edge-to-edge percutanea è invece ancora in classe IIb da linee guida, indicata nei pazienti giudicati inoperabili per via chirurgica. È importante la corretta selezione del paziente da sottoporre a intervento per insufficienza tricuspidale severa: rappresentano ottimi candidati all’intervento i pazienti che rimangono sintomatici nonostante trattamento medico ottimale con funzione ventricolare destra conservata o con lieve-moderata disfunzione, in assenza di ipertensione polmonare pre-capillare e di danno d’organo epato-renale. La correzione della valvulopatia sarà invece futile in caso di insufficienza cardiaca end-stage, ipertensione polmonare pre o post-capillare non trattata e in presenza di danno d’organo epato-renale terminale. La dottoressa infine rimarca l’importanza di un regolare follow-up ecocardiografico nel post-operatorio perché l’insufficienza tricuspidalica è uno stato dinamico e per intercettare nel tempo l’eventuale evoluzione della disfunzione ventricolare destra. Il simposio ha rappresentato un’interessante occasione di approfondimento e confronto, offrendo spunti di ragionamento e mettendo in rilievo la necessità di futuri studi per raggiungere evidenze più solide in questo ambito.

Chiara Tognola
Chiara Tognola