Una malattia rara?
La sessione sull’ amiloidosi cardiaca da transtiretina si è aperta con il dilemma che da anni accompagna questa patologia: possiamo ancora considerarla una patologia rara? Un interessante studio di popolazione (CATCH screening Study)1 condotto in collaborazione con i Medici di Medicina Generale dell’area di Pisa ha arruolato 1000 pazienti di età superiore ai 65 anni e chiesto loro di aderire allo screening. Di questi 1000, 346 presentavano almeno una di queste red flags: setto interventricolare >12 mm; qualsiasi segno ecocardiografico, ECG o clinico di amiloidosi e un valore di troponina I ad alta sensibilità maggiore di 14 ng/L. Lo stadio successivo precedeva un’indagine approfondita mediante scintigrafia ossea e ricerca di proteina monoclonale. Quattro pazienti sono risultati positivi per i criteri diagnostici. Questo ha permesso agli autori di stimare una prevalenza di 0,46% nella popolazione superiore di 65 anni, compatibile con una condizione non comune ma sicuramente non rara.
Altrettanto interessante nell’ ambito degli studi di prevalenza guidati dalle red flags, lo studio CACTUS2 ha sottoposto a screening approfondito una popolazione di ultrasessantenni recentemente sottoposti a chirurgia per sindrome del tunnel carpale bilaterale. Un considerevole 8,3% della popolazione studiata presentava infiltrazione miocardica da transtiretina. Questo apre lo spazio alla possibilità di anticipare la diagnosi alle fasi precoci e iniziare il trattamento nel paziente che più di tutti può beneficiarne in termini di outcome.
Terapia farmacologica: realtà consolidate e nuove frontiere di trattamento
La seguente sessione ha esposto una overview dei trattamenti farmacologici disponibili e di quello che può riservarci il futuro.
Le terapie per questa patologia possono essere suddivise a seconda del meccanismo di azione in stabilizzatori della transtiretina e inibitori della sintesi mediante interferenza con RNA.
L’ unica terapia attualmente approvata appartiene alla prima categoria. Il tafamidis, disponibile nella posologia di 61 mg, stabilizza il tetramero della transtiretina impedendone la precipitazione e il misfolding, condizione che porta poi al deposito delle fibrille nel tessuto miocardico. Gli ormai noti dati dello studio ATTRACT, pubblicato nel 2018, sono stati arricchiti dall’ estensione osservazionale dello studio fino a 80 mesi. Oltre a confermare l’efficacia della molecola, l’estensione permette di apprezzare un beneficio prognostico nel sottogruppo dei pazienti in classe NYHA 3, attualmente esclusi dal trattamento sulla base dei risultati neutri dopo i primi 30 mesi di osservazione.
I dati dello studio ATTRibute–CM, recentemente pubblicati sul New England Journal of Medicine3, aprono la strada a una nuova molecola, acoramidis, sempre appartenente alla classe degli stabilizzatori della transtiretina. L’outcome composito di mortalità per tutte le cause e ospedalizzazione per cause cardiovascolari è risultato significativamente ridotto rispetto al placebo.
Alla classe degli small interfering RNA, molecole che interferiscono con la sintesi epatica della proteina transtiretina, appartengono le molecole patisiran, inotersen e il più recente vutrisiran. In linea con quanto già visto per tafamidis, le molecole sono state studiate e hanno dimostrato efficacia nella forma neurologica dell’amiloidosi da transtiretina, comune nelle varianti neurologiche.
Il trial APOLLO 2 ha indagato l’efficacia di patisiran, nella forma cardiologica. I dati a 12 mesi di follow-up dimostrano un’efficacia nel migliorare la performance nel test del cammino dei 6 minuti, negli score di qualità della vita e nella riduzione del NT proBNP. Ancora mancano dei dati solidi di efficacia negli outcome maggiori, ma lo studio ATTRACT ci ha insegnato che in questo campo la pazienza paga. Ricordiamo che le curve di mortalità non si separavano prima dei 18 mesi, ma a 30 mesi la riduzione dell’outcome composito raggiungeva il 30%.
Cosa promette il futuro?
Le novità più promettenti vengono dagli studi di fase 1. Da una parte l’utilizzo di anticorpi monoclonali diretti verso la transtiretina ha dimostrato la possibilità di raggiungere quello che sarebbe sembrato impossibile fino al pochi anni fa: la rimozione del tessuto amiloide già presente nel tessuto miocardico (dimostrato mediante tessuto bioptico e mediante negativizzazione della scintigrafia ossea con difosfonati).
Un altro salto nel futuro è la possibilità, tramite tecnologia di editing del DNA (CRISP CASS), di “tagliare” il DNA malato e sostituirlo con DNA sano. Una singola infusione in grado di bloccare la produzione di proteina modificata per il resto della vita.
Bibliografia
- Aimo A, Vergaro G, Castiglione V, Fabiani I, Barison A, Gentile F, Ferrari Chen YF, Giorgetti A, Genovesi D, Buda G, Franzini M, Piepoli M, Moscardini S, Rapezzi C, Fontana M, Passino C, Emdin M. Wild-Type Transthyretin Cardiac Amyloidosis is Not Rare in Elderly Subjects: the CATCH Screening Study. Eur J Prev Cardiol. 2024 Mar 8:zwae093. doi:
- Ladefoged B, Clemmensen T, Dybro A, Hartig-Andreasen C, Kirkeby L, Gormsen LC, Bomholt P, Gillmore J, Poulsen SH. Identification of wild-type transthyretin cardiac amyloidosis in patients with carpal tunnel syndrome surgery (CACTuS). ESC Heart Fail. 2023 Feb;10(1):234-244. doi: 10.1002/ehf2.14173. Epub 2022 Oct 3. PMID: 36193570; PMCID: PMC9871677.
- Gillmore JD, Judge DP, Cappelli F, Fontana M, Garcia-Pavia P, Gibbs S, Grogan M, Hanna M, Hoffman J, Masri A, Maurer MS, Nativi-Nicolau J, Obici L, Poulsen SH, Rockhold F, Shah KB, Soman P, Garg J, Chiswell K, Xu H, Cao X, Lystig T, Sinha U, Fox JC; ATTRibute-CM Investigators. Efficacy and Safety of Acoramidis in Transthyretin Amyloid Cardiomyopathy. N Engl J Med. 2024 Jan 11;390(2):132-142. doi: 10.1056/NEJMoa2305434. PMID: 38197816.
