MINI SIMPOSIO
LIPIDI UPDATE 2022

di Martina Milani
Una panoramica sugli aspetti più innovativi della terapia ipolipemizzante: acido bempedoico, siRNA, oligonucleotidi antisenso.

Uno dei settori più innovativi in ambito cardiologico è sicuramente la terapia ipolipemizzante, tema del Mini Simposio che si è tenuto in Sala Polis nella prima giornata del 53° Congresso ANMCO.

Questa sessione, moderata dai dottori Marcello Arca e Marco Matteo Ciccone, ha offerto uno spaccato della complessità delle soluzioni terapeutiche disponibili, ponendo l’accento su alcune novità essenziali.

 

Il dottor Furio Colivicchi ha parlato di acido bempedoico, un inibitore dell’ATP citrato liasi, di cui stiamo attendendo la commercializzazione da più di due anni.

Si tratta di un principio attivo che interviene a monte dell’enzima HMGCoA-reduttasi e, in modo analogo alle statine, riduce il pool intracitoplasmatico di colesterolo, aumentando di conseguenza recettori di superficie per le LDL e contribuendo così a ridurre i livelli plasmatici di “colesterolo cattivo”.

L’acido bempedoico è stato definito “statina intelligente” in quanto, essendo convertito da profarmaco a principio attivo selettivamente a livello epatico, non determina gli effetti collaterali muscolari, tipici degli inibitori dell’HMGCoA-reduttasi.

Gli studi del programma CLEAR hanno sancito l’efficacia dell’acido bempedoico, evidenziando che, in aggiunta alla statina, determina una riduzione ulteriore dei livelli di LDL del 15% e che la triplice associazione con ezetimibe, può ridurre i valori di colesterolo LDL del 60%, con un effetto paragonabile agli inibitori del PCSK9.

 

A seguire, la relazione del professor Claudio Borghi ha incentrato l’attenzione sul trattamento dell’ipertrigliceridemia, tema che sta riscuotendo un interesse sempre maggiore negli ultimi anni, a fronte di un calo dell’attenzione nei confronti del colesterolo HDL. Il razionale del trattamento dell’ipertrigliceridemia è la sua elevata prevalenza nella popolazione generale, la relazione significativa con il rischio di cardiopatia ischemica e stroke e il suo impatto clinico anche in condizioni non cardiovascolari (come l’insufficienza renale).

Il primo intervento da attuare per abbassare i livelli di trigliceridi è il miglioramento del profilo dietetico, il perseguimento del calo ponderale e l’incremento dell’attività fisica. Dal punto di vista farmacologico, le Linee Guida ESC raccomandano le statine in Classe I; come strategia di seconda scelta, nei casi in cui non sia raggiunto un target adeguato, c’è indicazione all’utilizzo di fibrati o acidi grassi omega 3 a dosaggi elevati (in particolare l’icosapent etile che ha mostrato effetti favorevoli nello studio REDUCE-IT).

 

Altra frontiera nell’ambito delle terapie ipolipemizzanti è Inclisiran, un siRNA che interferisce con la traduzione del mRNA della proteina PCSK9, riducendone i livelli.

Come spiegato dal dottor Claudio Bilato, Inclisiran ha dimostrato di ridurre in modo significativo e duraturo il colesterolo LDL ed è attivo sia off sia on top di statine e altri ipolipemizzanti. Si tratta di un farmaco ben tollerato (anche grazie all’epatospecificità, favorita dalla coniugazione del siRNA con N-acetilgalattosamina): gli unici eventi avversi descritti sono reazioni locali a livello del sito di inoculazione.

Potremmo chiederci se Inclisiran debba essere utilizzato in contrapposizione ai classici PCSK9i, dal momento che agiscono sul medesimo target finale. La risposta è che si potrebbe pensare a una strategia sequenziale: dato che Inclisiran ha la massima efficacia a 14 giorni dall’inizio della terapia, mentre Evolocumab la raggiunge già in terza giornata, nel contesto di una sindrome coronarica acuta potrebbe essere utile iniziare subito con il secondo e poi passare al SiRNA. In cronico Inclisiran potrebbe favorire l’aderenza terapeutica, dato che la somministrazione è prevista ogni 6 mesi.

Infine, tema ancor più innovativo, trattato dalla dottoressa Stefania Angela Di Fusco, è stato la strategia terapeutica volta alla riduzione dei livelli di Lipoproteina a.

È noto che elevati livelli di Lp(a) sono associati a un aumentato rischio cardiovascolare. Tali livelli sono determinati da fattori genetici e interventi sullo stile di vita hanno impatto scarso o nullo su di essi. Anche gli ipolipemizzanti attualmente disponibili sono scarsamente efficaci nel ridurre i livelli di Lipoproteina a (addirittura, secondo alcuni studi, le statine potrebbero incrementarli).

È pertanto in fase di sviluppo Pelacarsen, un oligonucleotide antisenso che, in studi di fase 2, ha mostrato di ridurre in modo dose dipendente i livelli di Lpa (80% con una dose di 20 mg sottocute alla settimana), con un’elevata percentuale di risposta (nel 98% dei soggetti trattati. Attendiamo i risultati dello studio HORIZON in merito ai benefici clinici associati a questo promettente trattamento.

Martina Milani