MINI SIMPOSIO
L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN CARDIOLOGIA: ATTUALITA’ E PROSPETTIVE

di Giovanni Amedeo Tavecchia
L’intelligenza artificiale è la capacità delle macchine e dei sistemi informatici di simulare l’intelligenza umana. Prepariamoci ad accoglierla nella nostra pratica clinica e a sfruttarne le sue innumerevoli potenzialità.

L’intelligenza artificiale è destinata a supportare sempre di più il processo decisionale in campo medico e diventerà parte integrante della nostra professione. Proprio per questo motivo dobbiamo essere consapevoli della sua esistenza, delle sue potenzialità e dei suoi possibili impieghi nonché dei limiti interpretativi quando integrata nella pratica clinica. A tal proposito, il Mini Simposio andato in scena nella Sala delle Conchiglie ha offerto numerosi spunti di riflessione grazie alle relazioni di tre massimi esperti in tale ambito.

Il Professor Gianfranco Gensini ha aperto la sessione con un interessante excursus circa le origini e la definizione dell’intelligenza artificiale. Le prime tracce di intelligenza artificiale risalgono al 1950, quando il matematico e filoso Alan Turing formulò un test che sarebbe divenuto noto come “Test di Touring”. Secondo il test, una macchina poteva essere considerata intelligente se il suo comportamento, osservato da un essere umano, fosse risultato indistinguibile da quello di una persona. Fu proprio da questo impulso che originò l’idea di una macchina pensante e furono gettate le basi per l’intelligenza artificiale di cui oggigiorno parliamo.

A seguire, il Professor Marco Mazzanti e Andrea Di Lenarda hanno focalizzato l’attenzione sulle applicazioni cliniche dell’intelligenza artificiale e al contempo sulla difficoltà ad implementarla nella pratica clinica cardiologica.

In cardiologia l’utilizzo dell’intelligenza artificiale si presenta promettente strumento di ricerca in vari ambiti. Tra i vari “setting” cardiologici lo scompenso cardiaco, nella sua complessità, si presenta come importante terreno fertile per l’applicazione dell’intelligenza artificiale. Quello dell’insufficienza cardiaca è sicuramente uno dei più promettenti. In particolare il machine learning si presenta come strumento interessante per meglio fenotipizzare la popolazione di pazienti affetti da insufficienza cardiaca con frazione di eiezione preservata ed identificare quelli con una maggiore probabilità di rispondere ad un determinato trattamento farmacologico. Analogamente, l’analisi di tracciati ECG potrebbe aiutare ad identificare pazienti con maggior rischio di sviluppare disfunzione ventricolare sinistra o fibrillazione atriale.

Nonostante gli innumerevoli vantaggi, l’intelligenza artificiale fatica ad entrare nei nostri processi decisionali. Questa difficoltà dipende in larga parte dal fatto che gli algoritmi sfruttati dell’intelligenza artificiale sono “invisibili” agli utilizzatori. Tale aspetto è inconcepibile per un cardiologo, abituato ad utilizzare un approccio fisiopatologico ed investigativo nell’affrontare i problemi clinici. Inevitabilmente, il cardiologo percepisce gli algoritmi dell’intelligenza artificiale come estranei e di conseguenza non affidabili. Anche per questo motivo, l’incorporazione dell’intelligenza artificiale nella pratica clinica cardiologica dovrà passare attraverso la dimostrazione di efficacia in trial clinici fino ad essere incorporata nelle Linee Guida.

Quello che si prospetta è un futuro caratterizzato da pazienti sempre più complessi, pluripatologici e difficili da valutare in breve tempo. Pertanto, sarà fondamentale avere validi sistemi di supporto alla decisione che ci sostengano in questo arduo compito, integrando e rinforzando in modo sinergico il nostro intelletto. Tuttavia, l’intelligenza artificiale non sostituirà mai “il giuramento di Ippocrate”, l’empatia nel rapporto medico-paziente, l’esperienza diretta sul campo e la responsabilità personale.

“If a machine is expected to be infallible, it cannot also be intelligent”
Alan Turing

 

Giovanni Tavecchia ANMCO
Giovanni Amedeo Tavecchia