MINI SIMPOSIO
ENDOCARDITE BATTERICA: QUALE METODICA DI IMAGING E QUANDO

di Iside Cartella
Diagnosi e trattamento chirurgico dell’endocardite infettiva: la parola chiave è timing.

Nonostante i numerosi progressi nella gestione terapeutica e nel trattamento chirurgico, l’endocardite batterica rimane associata ad un alto tasso di complicanze e ad una mortalità elevata. La prognosi dei pazienti dipende da diversi fattori come il tipo di microrganismo coinvolto, la presenza di foci di infezione extra-cardiaca o le complicanze cardiache. Quello che è però ormai chiaro è che una diagnosi precoce risulti fondamentale ed è qui che entrano in gioco le diverse tecniche di imaging.

Per risalire alle ultime linee guida della società europea di cardiologia dobbiamo andare indietro fino al 2015, come ci ricorda il Dott. Alberto Lavorgna, aprendo il mini simposio. La tecnica di primo approccio è l’ecocardiogramma transtoracico (ETT), che ha il vantaggio di essere facilmente ripetibile, ma che deve essere quasi sempre affiancato dall’approccio transesofageo (ETE). L’unica condizione in cui la metodica transtoracica è sufficiente da sola è in caso di paziente con prima valutazione negativa e con un basso sospetto clinico. Le linee guida americane supportano questa idea, affermando chiaramente che l’ETE sia da preferire anche come metodica di prima linea.

Il Dott. Marco Fabio Costantino approfondisce il concetto, sottolineando il ruolo fondamentale dell’ETE in caso di necessità di trattamento chirurgico, per una approfondita valutazione pre-operatoria e una corretta pianificazione dell’intervento. Una superiorità diagnostica vi è anche nella valutazione delle complicanze cardiache come ascessi, pseudoaneurismi o fistole, in cui comunque risulta fondamentale l’integrazione con ulteriori metodiche di imaging come la TAC.

Come tutte le tecniche operatore-dipendenti, l’esperienza dell’ecocardiografista è estremamente rilevante e un’attenta analisi delle caratteristiche morfologiche della lesione può indirizzare verso possibili diagnosi differenziali.

Ma come ormai sappiamo, l’approccio al paziente con endocardite infettiva deve essere multidisciplinare e in questa discussione non poteva mancare il punto di vista del cardiochirurgo, presentato dal Dott. Settepani. Il ruolo della cardiochirurgia è subordinato ad una terapia antibiotica mirata e, seppur le linee guida hanno un livello di evidenza medio-basso, le indicazioni a chirurgia sono fondamentalmente tre: scompenso cardiaco, prevenzione delle complicanze emboliche ed infezioni refrattarie. Una sola è l’indicazione a chirurgia in emergenza ed è lo shock cardiogeno/edema polmonare acuto. Opinione del Dott. Settepani e che anche altre condizioni siano meritevoli di intervento immediato, per esempio in caso di locally uncontrolled infection o vegetazioni di grandi dimensioni ad alto rischio di emobolizzazione; in questi casi l’esperienza ci insegna che aspettare non serve. Tuttavia, bisogna tenere a mente, che il rischio chirurgico dei pazienti con endocardite è elevato e non infrequentemente proibitivo e questo va ponderato prima di porre indicazione ad intervento.

Una patologia estremamente complessa in cui stabilire il timing corretto di intervento risulta fondamentale e in cui le tecniche di imaging e la diagnosi precoce possono fare la differenza.

Iside Cartella