MINI SIMPOSIO SGLT2I IL TRATTAMENTO PRECOCE DEL PAZIENTE CON INSUFFICIENZA CARDIACA

di Raffaele Abete
Cosa sappiamo dell’impiego degli SGLT2i nei vari spettri dell’insufficienza cardiaca e dell’effetto di questi farmaci sulle comorbidità.

Il mezzogiorno in Sala Anfiteatro ha visto una esaustiva rassegna sul ruolo attuale degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2i) nella terapia dell’insufficienza cardiaca nei differenti spettri di frazione d’eiezione e sugli effetti protettivi di questa classe di farmaci nei confronti delle maggiori comorbidità e copatologie che spesso convivono con lo scompenso cardiaco. La prima relazione della sessione, tenuta dal Dott. Fabrizio Oliva, è stata incentrata sugli effetti cardio-nefro-metabolici degli SGLT2i. L’SGLT2 è il principale trasportatore coinvolto nel riassorbimento del glucosio nel rene secondo un meccanismo sodio-dipendente a livello del tubulo contorto prossimale, recuperando circa l’80-90% del glucosio urinario. Gli SGLT2i inibiscono questo meccanismo, favorendo la glicosuria e quindi un miglior controllo glicemico e del peso corporeo nei pazienti diabetici, incrementando contestualmente la diuresi con effetti favorevoli sulla pressione arteriosa. Negli studi condotti inizialmente solo su pazienti diabetici si è osservato, dopo un primo lieve calo di GFR, nel lungo termine, un miglioramento del filtrato renale, effetto questo spiegato dal fenomeno per cui l’inibizione di SGLT2, favorendo un maggior quantitativo di sodio a livello del tubulo contorto distale e della macula densa, esita in un maggior tono dell’arteriola afferente con riduzione della pressione intraglomerulare. Questo meccanismo è alla base degli effetti nefroprotettivi di questa classe di farmaci. Da queste osservazioni sono nati studi mirati ad analizzare gli effetti degli SGLT2i in pazienti con malattia renale cronica: il DAPA-CKD ha mostrato come dapagliflozin riduca in maniera significativa il rischio di insufficienza renale, morte per cause cardiovascolari o ospedalizzazioni per scompenso cardiaco e mortalità per tutte le cause nei pazienti con malattia renale cronica, con o senza diabete.

Allo stesso modo, l’EMPA-KIDNEY ha confermato l’effetto di classe con empagliflozin efficace nel ridurre in maniera significativa la progressione della malattia renale e la mortalità cardiovascolare.

Gli effetti degli SGLT2i si esplicano in maniera pleiotropica: a livello vascolare, con riduzione del volume intravascolare ed interstiziale, riduzione della pressione arteriosa e di conseguenza miglioramento emodinamico con riduzione del precarico e del post-carico; a livello renale inoltre si esplica una maggior produzione di eritropoietina, migliorando l’ossigenazione cardiaca; infine cruciali sono gli effetti metabolici per cui, come conseguenza della glicosuria, migliora la disponibilità di glucagone e chetoni con aumento dell’energia disponibile per la contrazione cardiaca. E’ da sottolineare come l’azione di questi farmaci sia complementare alle altre terapie per l’insufficienza cardiaca: l’inibizione di SGLT2 agisce sinergicamente con gli inibitori del sistema renina-angiotensina con notevole riduzione della pressione intraglomerulare e riduzione dell’albuminuria. Nell’ultima parte della sua relazione il Dott. Oliva ha poi mostrato le più recenti evidenze sulla frazione di eiezione preservata, mettendo in risalto la trasversalità di questa classe di farmaci nei vari spettri di frazione d’eiezione: l’EMPEROR-PRESERVED e il DELIVER hanno dimostrato l’efficacia degli SGLT2i nel ridurre la mortalità cardiovascolare e le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco nei pazienti con HFpEF e HFmrEF, allo stesso modo degli effetti nefroprotettivi.

Nella seconda relazione il Prof. Senni ha invece discusso dell’impiego degli SGLT2i nella pratica clinica alla luce delle attuali linee guida. Nonostante le chiare evidenze abbiano reso questi farmaci uno dei “pilastri” nel trattamento dell’insufficienza cardiaca, vi sono ancora alcune “zone grigie” che ancora oggi tendono a limitare l’uso di questi farmaci e che pertanto appare meritevole chiarire. Uno degli aspetti senz’altro più dibattuti è quello del controllo glicemico: questi farmaci non sono associati ad ipoglicemia, sia nei pazienti diabetici che non diabetici, a prescindere dalla frazione di eiezione, motivo per cui appaiono senza ombra di dubbio sicuri da questo punto di vista. Altro punto che spesso solleva interrogativi è l’effetto sulla pressione arteriosa: vi è una riduzione minima, in media di 2 mmHg, nei primi giorni dall’avvio del farmaco, ma nel lungo termine non vi sono significative variazioni pressorie né ipotensioni sintomatiche riconducibili a SGLT2i. Il Prof. Senni ha inoltre sottolineato un altro aspetto cruciale e cioè come questi farmaci esercitino un sinergismo positivo con le altre terapie dello scompenso cardiaco: gli SGLT2i determinano un minor rischio di iperkaliemia, rallentano la progressione della disfunzione renale e riducono il rischio di malattia renale cronica, favorendo pertanto la titolazione di ARNI ed MRA.

inoltre, come si è detto, hanno un effetto tendenzialmente neutro sulla pressione arteriosa senza aumentare il rischio di ipotensioni sintomatiche e quindi senza creare interferenze dannose con gli altri farmaci. Infine, da sottolineare anche l’efficacia di questi farmaci nei pazienti ospedalizzati per scompenso cardiaco acuto: l’EMPULSE trial ha mostrato come empagliflozin risulti efficace in maniera significativa nei confronti di endpoint composito di morte, numero di episodi di HF, tempo al primo episodio di HF e miglioramento della classe funzionale in pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto, de novo o worsening.

Gli SGLT2i rappresentano pertanto una classe di farmaci i cui effetti pleiotropici cardio-reno-metabolici hanno permesso di ottenere degli indubbi vantaggi nella terapia dei pazienti con insufficienza cardiaca, vantaggi che appaiono conservati lungo l’intero spettro della frazione d’eiezione: appare dunque condivisibile in toto la definizione di Eugene Braunwald degli SGLT2i come “le statine del ventunesimo secolo”.

Raffaele Abete
Raffaele Abete