MEET THE EXPERT – la gestione del paziente oncologico con TEV

di Josephine Staine

La seconda giornata del nostro Congresso ha visto svolgersi un’interessante sessione nella Sala Anfiteatro, guidata egregiamente nella moderazione dal Dr. Roncon, riguardante la gestione della TEV nel paziente oncologico, un argomento che pone a confronto due specialisti, l’Oncologo e l’Internista. Il Prof. Agnelli e il Dr. Mandalà approcciano la tematica dal proprio punto di vista ed in base alla loro preziosa esperienza destando l’interesse della platea tutta.

Il tromboembolismo venoso è una comorbidità ricorrente nel paziente oncologico e ne costituisce la seconda causa di morte dopo la neoplasia stessa. Il paziente oncologico presenta un rischio di TEV dalle 4 alle 7 volte superiore rispetto alla popolazione non oncologica con incidenza di TEV che può arrivare al 20% (fino al 50% negli studi autoptici). Il rischio è maggiore nei primi mesi dalla diagnosi fino a due anni dopo la diagnosi stessa e il rischio di recidiva persiste anche ad un anno dalla fase di remissione della patologia oncologica.

La fisiopatologia dello stato protrombotico in tali pazienti è multifattoriale, influenzata da fattori legati al paziente stesso ma anche dal tipo di tumore, dalla sua sede, dalla ospedalizzazione, chirurgia, dalla chemioterapia adottata e dall’eventuale presenza di cateteri venosi centrali. Non bisogna dimenticare che i nostri pazienti oncologici con maggior rischio tromboembolico sono anche quelli a maggior rischio di sanguinamento.

I pazienti con cancro attivo in terapia anticoagulante presentano un rischio di 2-6 volte più elevato di rischio emorragico.

Nonostante ci sia un elevato rischio tromboembolico riconosciuto correlato al cancro, allo stato attuale le linee guida delle società oncologiche basano le loro raccomandazioni sul Khorana score, non privo di limitazioni, raccomandando il trattamento profilattico solo ai pazienti ad alto rischio e non indicando un uso routinario della profilassi nei pazienti a basso rischio.

Quale terapia instaurare in tali pazienti è stato un punto chiave ben argomentato dai nostri Relatori: in realtà il trattamento del paziente oncologico con TEV non è molto diverso rispetto a quello della popolazione generale. Le linee guida indicano le eparine a basso peso molecolare come trattamento gold standard in base ai risultati dello studio CLOT, che ha dimostrato un’incidenza significativamente inferiore di recidiva di TEV a 6 mesi in pazienti trattati con dalteparina rispetto a quelli trattati con antagonisti della vitamina K.

Oggi abbiamo una nuova arma terapeutica per l’anticoagulazione orale: i DOAC.

Grazie ai risultati dello Studio Hokusai-VTE Cancer è cambiato, seppur non in modo significativo purtroppo, il modo di approcciarci al trattamento di pazienti oncologici.

Lo studio Hokusai-VTE Cancer per edoxaban, SELECT-D per rivaroxaban, il CARAVAGGIO per apixaban, trial randomizzati vs EBPM, hanno dimostrato come i DOAC non siano inferiori alla terapia anticoagulante standard per il trattamento delle TEV ed abbiano un profilo di sicurezza migliore con evidente beneficio clinico secondario alla efficacia e maneggevolezza, evidenziando sanguinamenti maggiori prevalentemente in pazienti con neoplasie del tratto gastroenterico.

È condivisibile la raccomandazione di poter intraprendere terapia con DOAC nei pazienti a rischio medio-basso di sanguinamento, in assenza di interazioni con i chemioterapici in atto, indirizzando la terapia eparinica verso i tumori ad altissimo rischio di sanguinamento, come le neoplasie dell’apparato gastrointestinale o genitourinario.

La sessione che si conclude incoraggia, grazie alle argomentazioni scientifiche, a spingersi “oltre”, superando la diffidenza che spesso avvolge le nuove terapie, che allo stato attuale proprio nuove non sono!

La discussione fa emergere quanto sia difficile quotidianamente scegliere la giusta terapia e per far questo è necessario un approccio sartoriale per la unicità di ogni singolo paziente, senza mai dimenticare quanto sia importante un’alleanza medico paziente nella scelta e condivisione di una nuova terapia.

Josephine Staine