MANAGEMENT IN CARDIOLOGIA: L’ORGANIZZAZIONE DELL’OSPEDALE PER INTENSITÀ DI CURA

Daniele Grosseto

I nuovi modelli organizzativi, dall’intensità di cura al primario professional alla gestione integrata dei dipartimenti. Economisti e Cardiologi a confronto sulla organizzazione della Sanità, non del futuro ma di un attualissimo presente.

Pochi argomenti di attualità riscuotono tra i Cardiologi tanto interesse come il modello di assistenza per intensità di cura e mai, probabilmente, un tema ha provocato una divergenza di vedute così forte tra i clinici e gli amministratori pubblici.
ANMCO ha espresso da tempo una valutazione chiara e precisa rispetto alla intensità di cura e aver inserito nel programma del Congresso Nazionale un Minimaster su questo specifico argomento ha un significato preciso. Si deve fare chiarezza sull’argomento, analizzando i dati e valutando insieme le esperienze già in corso da almeno cinque anni in diverse realtà italiane.
Per fare questo ANMCO ha organizzato questo evento in collaborazione con il CeRGAS Bocconi (Centro Ricerche sulla Gestione dell’Assistenza Sanitaria e Sociale dell’Università Bocconi). E sicuramente la presenza di figure professionali che sono terze e super partes rispetto al confronto tra medici e amministratori pubblici è fondamentale, per uscire da una logica di contrapposizione che non giova ad alcuno, e men che, meno ai pazienti.
L’obiettivo del minimaster sarà quello di spiegare un modello organizzativo e gestionale sicuramente diverso da quello attuale e fuori dalla visione semplicistica e sbrigativa con la quale spesso si affronta l’argomento.
Il Minimaster è un momento fondamentale di confronto e di analisi dei dati attualmente disponibili per capire e per maturare una opinione in un tema che occuperà in modo esteso l’organizzazione sanitaria dei prossimi anni.
Come cambieranno i nostri reparti? Esisterà un Dipartimento Cardiologico come lo intendiamo noi ora? E le nostre UTIC che fine faranno?
A queste e ad altre domande il Minimaster che si tiene oggi in Sala Masoni dalle 8.00 alle 12.00 cercherà di dare delle risposte con un panel di relatori di alto livello che hanno maturato in questi anni su fronti diversi, una consolidata esperienza.
Uno requisito per partecipare al minimaster l’assenza di visioni preconcette. I medici e i cardiologi in particolare hanno nel loro DNA la naturale tendenza alla innovazione e alla sperimentazione di nuove strategie e percorsi.
Proprio per questo però, un modello organizzativo che impatta così fortemente sulla organizzazione si realtà complesse e cruciali per la salute dei cittadini, non può essere un modello calato dall’alto per mere motivazioni economiche. Per questo motivo, chiedere che il paziente venga realmente messo al centro dei percorsi di assistenza, chiedere di valutare criticamente i dati disponibili e sperimentare il funzionamento di un nuovo modello organizzativo deve essere un dovere etico di tutti noi medici che, non per una difesa della categoria, ma per difendere la salute dei nostri pazienti.

 


 

 

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di AnnaMaria Iorio

 

Quando fare troppo significa fare peggio?

Ebbene se qualche tempo fa il problema da risolvere era la mancata diagnosi ad oggi lo scenario cambia: assistiamo ad eccesso di diagnosi e di terapia, che si traduce talvolta in mancato beneficio per il nostro paziente. Il Dott. Bobbio apre la sessione e discute di alcuni casi clinici dove l’aver fatto troppo si è tradotto nella pratica clinica con la complicazione del percorso. Quindi in Medicina, come altri campi, il far troppo si può tradurre in ridotta qualità! In tale scenario darsi delle regole per evitare eccesso e talvolta errori diventa fondamentale.
Il problema dell’inutile dispersione delle risorse è stato affrontato negli Stati Uniti con Choosing Wisely, documento che identifica 5 pratiche a maggior rischio di inappropriatezza. E in Italia abbiamo pensato a come fare per darsi delle regole e evitare l’eccesso? La Slow medicine, in analogia all’iniziativa Choosing Wisely già in atto negli Stati Uniti, ha lanciato il progetto Fare di Più non significa fare meglio, invitando professionisti e associazioni a individuare una lista di 5 esami diagnostici che secondo le conoscenze scientifiche non dimostrano benefici significativi, ma possono al contrario esporre a rischio il paziente. I messaggi lanciati dal Dott. Bobbio sono stati successivamente tradotti nella pratica clinica dal Dott. Paolo Trambaiolo, esperto in Emergenza – Urgenza, in una interessante relazione di percorso integrato sensato per il paziente in pronto soccorso. Il Dott. Paolo Trambaiolo ha affrontato l’argomento ecoscopia e come quest’ultima diventi utile quando rapida e mirata a quesiti specifici, cercando una informazione utile che impatterà sulla decisione clinica nel contesto dell’urgenza. L’ecoscopia va refertata? Certo va refertata per quelle che sono le informazioni semplici e utili per l’iter nel paziente in urgenza. Dalla informatività dell’ecocardio alla informatività dell’ecotorace quindi con lo stesso razionale, cercando informazioni semplici (versamento pleurico, comete, addensamenti polmonari), ma fondamentali per inquadrare il nostro paziente. Insomma ecografia come prolungamento del nostro fonendoscopio dove la clinica resta sovrana! E nel percorso preoperatorio come integriamo le informazioni dall’imaging? Un punto certo come afferma il Dott. Pio Caso è che l’imaging inappropriato e incerto può creare ritardi e percorsi anomali. La clinica resta sovrana sia nel percorso per la chirurgia non cardiaca sia per quella cardiaca. In tale percorso l’imaging che ne potenzia le possibilità, resta appropriato quando impatta la decisione del clinico, del chirurgo, dell’anestesista. Nel percorso per la chirurgia non cardiaca un uso appropriato della diagnostica è fatta seguendo le linee guida e in tal senso sono stati affrontati gli elementi utili ed indispensabili per la valutazione del rischio chirurgico (variabili cliniche, capacità di esercizio, rischio specifico) e approfondendo la giusta integrazione delle stesse. Chiude la sessione il Dott. Olivari con l’appropriatezza delle indicazioni alla coronarografia dove identifica l’area di possibile inappropriatezza in difetto come la SCA e l’angina/ischemia stabile in pz ad elevato rischio di CAD. Infine identifica l’area di possibile inappropriatezza in eccesso in ambito diagnostico e in situazioni stabili con basso rischio di CAD.