MAIN SESSION SCOMPENSO CARDIACO: RIFLESSIONI E PROSPETTIVE

di Raffaele Abete
Cosa sappiamo e in quali direzioni andrà la ricerca ed il trattamento dello scompenso cardiaco?

La main session odierna nella Sala Anfiteatro, moderata dal Presidente Fabrizio Oliva e dal Professor Domenico Gabrielli, ha trattato lo scompenso cardiaco cronico, esplorando attualità e prospettive future nella ricerca e nelle terapie. Il Dottor Francesco Orso ha presentato un aggiornamento sugli studi ANMCO nell’area dello scompenso e sull’uso dei “4 pilastri” nel Bring UP3 Scompenso, uno studio osservazionale su centri cardiologici italiani. L’obiettivo principale era valutare la percentuale di pazienti HFrEF trattati con i quattro pilastri terapeutici. Lo studio, in più fasi, ha già completato la prima fase di arruolamento di 3 mesi e attualmente è in corso il follow-up di 6 mesi. Dei 5.203 pazienti arruolati, il 74% aveva scompenso cronico e il 26% scompenso acuto. Nei pazienti cronici, il 60% aveva HFrEF. Alla visita basale, il 65% dei pazienti aveva già i quattro pilastri terapeutici prescritti, con un aumento delle prescrizioni di SGLT2i dal 71% all’84%. Nei pazienti con scompenso acuto, il 75% era trattato con SGLT2i e l’86% con MRA, con un 40% di pazienti de novo che hanno beneficiato dell’introduzione della terapia specifica durante l’ospedalizzazione. Il prof. Senni ha trattato le novità del 2023-2024 e gli aspetti non risolti, focalizzandosi sul programma STEP-HFpEF, che ha dimostrato l’efficacia della fenotipizzazione dei pazienti HFpEF con obesità in merito ad opzioni terapeutiche. Gli studi hanno mostrato che la semaglutide 2.4 mg/settimana è superiore al placebo in termini di qualità della vita e riduzione del peso e inoltre una pooled analysis di questi studi ha rivelato un significativo aumento del tempo al primo episodio di scompenso nel gruppo trattato con semaglutide. Al recente congresso europeo di Lisbona, è stata presentata un’analisi del SELECT-HF, dimostrando una riduzione significativa dei MACE nei pazienti trattati con semaglutide. Altro aspetto affrontato è quello della prevenzione dello scompenso cardiaco dopo un infarto miocardico; lo studio EMMY ha mostrato che l’empagliflozin, somministrato dopo un infarto miocardico, riduce significativamente i livelli di NTproBNP e favorisce rimodellamento cardiaco favorevole in termini di frazione di eiezione e funzione diastolica. Il DAPA-MI ha evidenziato che il dapagliflozin riduce significativamente la mortalità e le ospedalizzazioni. Il Dottor Senni ha anche discusso delle prospettive future con gli studi FINEARTS-HF e VICTOR, che stanno esplorando nuovi farmaci come il finerenone e il vericiguat. In particolare, il finerenone è un nuovo antialdosteronico non steroideo, più selettivo e con migliore profilo di tollerabilità, e sarà da tener presente che il FINEARTS-HF ha arruolato una popolazione con profilo di rischio maggiore e meglio trattata rispetto ad altri studi su HFpEF. Successivamente, il Dottor Iacoviello ha approfondito il ruolo del substrato metabolico nel trattamento dello scompenso cardiaco. Le gliflozine, introdotte per ridurre la glicemia nei diabetici, hanno mostrato benefici significativi anche nella riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, migliorando l’efficienza energetica dei cardiomiociti e favorendo la rigenerazione renale. Gli SGLT2i hanno dimostrato protezione renale e cardiaca nei pazienti diabetici e non diabetici, con effetti benefici che si estendono oltre la riduzione della glicemia. Questi effetti si osservano trasversalmente, indipendentemente dalla frazione di eiezione. L’effetto glicosurico migliora significativamente l’efficienza energetica dei cardiomiociti e attiva i meccanismi autofagici, eliminando i prodotti cellulari di scarto. Questo favorisce il metabolismo energetico e aumenta la concentrazione intracellulare di calcio, rendendo i miocardiociti più performanti (vedi immagine).

Il Dottor Navazio ha trattato il ruolo della quadruplice terapia nello scompenso cardiaco HFrEF, evidenziando la gestione dei pazienti con elevato rischio residuo nonostante la terapia di prima linea. I diuretici dell’ansa e il ferro carbossimaltosio sono stati discussi come opzioni terapeutiche. Per quanto riguarda i primi, lo studio CLOROTIC ha dimostrato come il blocco sequenziale del nefrone sia efficace nella congestione a fronte però di una maggiore prevalenza di malattia renale cronica, e lo studio ADVOR ha invece esplorato il ruolo dell’acetazolamide nell’ottimizzazione della decongestione clinica. Sulla carenza di ferro, nel 2021, sulla base dello studio AFFIRM-AHF, il trattamento con ferro carbossimaltosio per migliorare la qualità di vita e la sintomatologia dei pazienti HFrEF era classificato con evidenza IIa. Nel 2023, grazie allo studio IRONMAN, la raccomandazione è stata migliorata. Tuttavia, lo studio Heart-FID, con un campione più ampio, ha dato risultati neutri. Le differenze nei risultati dipendono dal metodo di valutazione della carenza di ferro: i risultati sono favorevoli quando si considera la saturazione di transferrina. Il vericiguat è stato menzionato come trattamento per il worsening HF. Omecamtiv mecarbil, un attivatore della miosina, potrebbe rappresentare una prospettiva futura, mentre gia’ attuali sono i binder del potassio che aiutano a gestire l’iperkaliemia e favorire la titolazione dei RAASi.

Infine, il Dottor Di Lenarda ha affrontato la gestione assistenziale dei pazienti con scompenso cardiaco sul territorio, evidenziando l’importanza del telemonitoraggio e dell’intelligenza artificiale. Ha sottolineato la necessità di un modello organizzativo multidisciplinare e di supporti digitali per migliorare la comunicazione e il monitoraggio dei pazienti, mettendo il paziente al centro del percorso assistenziale con un case manager dedicato e l’uso della telemedicina come supporto alla rete ospedaliera e territoriale. Cruciale diventa quindi di tenere il paziente al centro del percorso assistenziale, intorno a lui deve esserci un case manager preferenziale e dinamico (esempio infermiere o MMG), supportato da altre figure quali gli specialisti. L’intelligenza artificiale può aiutare nella caratterizzazione fenotipica e nella predizione del rischio individuale, contribuendo a programmi di medicina preventiva.

Raffaele Abete
Raffaele Abete