Main Session: Nuove prospettive in aritmologia

Giuseppe Parisi
Novità in aritmologia: dall’ECG all’approccio terapeutico.

Il Dott Antonio Dello Russo avvia questa sessione incentrata sulle novità in aritmologia sottolineando il ruolo ancora fondamentale dell’elettrocardiogramma di base nella morte cardiaca improvvisa, evento drammatico. Diventa dunque fondamentale prevenirla in particolar modo quando su base aritmica, come nelle forme di cardiomiopatia ipertrofica, displasia aritmogena del VD e nelle canalopatie. La frammentazione del QRS rappresenta uno dei predittori maggiori di morte improvvisa nella popolazione con FEVS >35% e con QRS <120 msec. Resta chiaramente necessario dopo aver posto il dubbio di un substrato aritmico con elettrocardiogramma utilizzare esami invasivi come SEF o biopsia miocardica per porre diagnosi più accurate soprattutto per le cardiopatie occulte.

In un congresso incentrato sulla cardiologia di genere la Dott.ssa Francese fa il punto della situazione sulle aritmie in gravidanza. Circa un terzo delle donne gravide con malattia cardiovascolare che fanno uso di farmaci sono soggette ad un rischio maggiore sulla crescita del feto. Di conseguenza, la terapia cardiovascolare in gravidanza risulta molto complessa. Dal punto di vista emodinamico osserviamo fondamentalmente un incremento della volemia, che assieme ad aumento delle catecolamine e modificazioni ormonali rappresenta un burden aritmico. Sia per le aritmie sopraventricolari che ventricolari è utilizzabile come prima scelta in caso di instabilità emodinamica la cardioversione elettrica. Per quanto riguarda la terapia antiaritmica attualmente non ci sono indicazioni certe. L’utilizzo di betabloccanti non selettivi e verapamil è consentito e raccomandato. Per le TSV vi è la possibilità di utilizzare la sequenza classica di manovre vagali; se inefficaci si può somministrare adenosina. In cronico va evitata la terapia nel primo trimestre per effetto teratogeno sul feto. La speranza è che in un futuro prossimo si faccia luce su questo argomento.

Il Dott. Calvanese ci porta il suo contributo sul trattamento delle aritmie ventricolari nella cardiopatia ischemica. Si focalizza principalmente sulle TV polimorfe. In primis bisogna identificare le possibili cause e trattarle (ischemia, allungamento del QT). Studi recenti hanno dimostrato che la rivascolarizzazione coronarica non modifica il substrato aritmico nella cardiopatia ischemica stabile. La cicatrice miocardica predice un evento aritmico in relazione alla sua estensione. Dal punto di vista farmacologico lo studio CAST abolisce l’utilizzo degli antiaritmici di classe 1C. Di conseguenza ci si è spostati sul:
– sotalolo utilizzato nella cardiopatia ischemica ma non in paziente con scompenso cardiaco acuto perché aumenta la mortalità;
– amiodarone che non riduce la mortalità ma il burden aritmico e la morte cardiaca improvvisa;
– betabloccanti che riducono mortalità nei pazienti con cardiopatia ischemica e scompenso cardiaco. Gli studi VANISH e SMASH-VT mostrano migliori risultati dell’ablazione rispetto alla terapia antiaritmica riducendo in maniera significativa storm aritmici, ospedalizzazione per scompenso cardiaco, portando dunque l’ablazione in classe 1A. Ultimo concetto da ricordare è l’ablazione delle extrasistoli ventricolari come ottimizzazione della terapia prima di porre indicazione ad impianto di ICD.

Il Dott. Pandozi ci parla della gestione della FA nei pz con scompenso cardiaco. Sappiamo tutti come la FA influenzi in maniera drammatica la prognosi dei pz con scompenso cardiaco soprattutto quando i farmaci noti a tutti per la gestione di frequenza e ritmo falliscono. Da qui la necessità di utilizzare la terapia ablativa che negli studi principali CASTLE-AF E CABANA ha portato ad ottimi risultati sia sugli endpoint primari quali mortalità e ospedalizzazione per scompenso cardiaco, sia a quelli secondari quali miglioramento di FEVS, riduzione NTproBNP, miglioramento qualità di vita e riduzione del burden di recidiva di FA al di sotto del 25%.

Il dott. Lunati sottolinea che dopo i risultati dello studio DANISH non ci sono state ulteriori novità che hanno cambiato le indicazioni per l’impianto di AICD nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica. Sono stati proposti algoritmi per la stratificazione del rischio non ancora validati. Risulta comunque necessario nei pazienti con cardiomiopatia dilatativa non ischemica prima di porre indicazione ad AICD iniziare terapia medica ottimizzata secondo le attuali linee guida dello scompenso cardiaco e inoltre valutare le comorbidità dei pazienti per evitare di impiantare device in pz con aspettativa di vita inferiore ad un anno.

Chiude questa Main Session il Dott. Grimaldi con le sue considerazioni sulla sindrome di Brugada, patologia che si manifesta maggiormente negli uomini (rapporto 4:1). ICD va impiantato nei pazienti con Brugada tipo 1. Nello specifico, i sintomatici impiantano quando presentano arresto cardiaco, storm aritmico, respiro agonico notturno o sincope. Negli asintomatici con pattern tipo 1 seguiamo i pz in follow up stretto o impiantiamo un loop recorder. L’ablazione è indicata solo quando i pazienti che hanno impiantato un ICD vanno incontro a shock ripetuti. Se il pz rifiuta ICD indicata la chinidina. Ricordiamo i markers di rischio elettrocardiografico che peggiorano la prognosi: frammentazione del QRS, bradicardia, BAV I grado, FA. Il Dott. Grimaldi sottolinea l’importanza di posizionare l’ICD sottocutaneo in sede parasternale dx anziché sx.

Il long term follow up ci dice che in una percentuale variabile tra il 6% e il 27% il paziente presenterà uno shock appropriato. Lo storm aritmico (compreso tra lo 0 e il 10% a seconda degli studi) giustifica l’utilizzo di chinidina e l’ablazione. In conclusione, l’ablazione può essere eseguita ma solo dopo impianto di AICD e dopo evidenza di suo intervento con shock appropriato.

Giuseppe Parisi