MAIN SESSION LE LDL SONO LA PRIMA CAUSA DELL’ATEROSCLEROSI

di Alessia Currao
Aterogenesi, Target Lipidici e trattamenti attuali e futuri delle dislipidemie.

Durante la Main Session “LE LDL SONO LA PRIMA CAUSA DELL’ATEROSCLEROSI”, moderata da Luigi Ripamonti e discussa da Carmine Riccio e Stefano Arbinati, si sono susseguite le relazioni di diversi professionisti ed esperti del settore. Fra questi, Gianmarco Iannopollo ha esposto in apertura un “Flash” dagli studi ANMCO-HCF presentando i primi risultati promettenti dello studio BRING-UP Prevenzione di pazienti a goal per LDL-C. A seguire Pietro Scicchitano ha descritto il processo di aterogenesi e l’instabilità di placca soffermandosi sul ruolo delle LDL, HDL (non sempre a priori fattore protettivo) e di altre lipoproteine e sul ruolo cruciale dell’infiammazione per il rischio cardiovascolare residuo. È stato poi Furio Colivicchi a sottolineare invece come l’entità delle esposizioni (concentrazione plasmatica di LDL) produca un impatto in termini di riduzione degli eventi cardiovascolari, esponendo la necessità di identificare delle soglie di intervento di sicurezza e fornendo una panoramica sui valori target da considerare. Ha inoltre descritto pro e contro dei due principali approcci strategici studiati per il trattamento ipercolesterolemia: Treat to target (strategia attuale ritenuta più vantaggiosa) Vs Fire and forget (approccio controverso maggiormente inficiato da reazioni avverse ed effetti collaterali legati soprattutto all’impiego di statine). Ha tuttavia sottolineato come tali approcci non siano basati (anche) sull’introduzione delle più recenti molecole approvate per le dislipidemie, il che potrebbe comportare dei cambiamenti nella scelta della strategia più appropriata. Elementi importanti da considerare sono senza dubbio le tempistiche di raggiungimento del target, il target stesso, il contesto clinico e la corretta stratificazione prognostica. Scopo ultimo è la riduzione degli eventi ischemici riconducibili a malattia cardiovascolare aterosclerotica.

Successivamente Claudio Bilato ha presentato una relazione relativa agli attuali algoritmi di trattamento raccomandati per l’ipercolesterolemia in vari setting (es. pazienti con Sindrome Coronarica Acuta), sostenendo -in chiusura- che per il raggiungimento del target lipidico è necessaria una terapia di combinazione efficace (statina ad alta dose, ezetimibe e, eventualmente, acido bempedoico o farmaci d’avanguardia come gli anticorpi, i siRNA). Infine ha evidenziato come nell’approccio “a step”, se valutato, è importante  che lo step intermedio non ritardi il raggiungimento del target, considerando comunque le statine ad alto dosaggio la “pietra miliare” della terapia ipolipemizzante, nonostante le ormai note limitazioni.

A concludere la sessione Alberto Corsini che, partendo da un excursus sugli ultimi 50 anni di evidenze in materia che hanno notevolmente implementato l’ “armamentario” terapeutico a disposizione del clinico, ha illustrato quale potrebbe essere la terapia ipolipemizzante tra 10 anni. Ha infatti passato in rassegna le principali molecole attualmente in fase di sviluppo e/o oggetto di studi clinici e molecole innovative gia in commercio. Mostrando le evidenze a supporto già presenti, ha dunque illustrato le principali caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche ipotizzate, il meccanismo d’azione e il conseguente razionale d’impiego. Fra gli altri ad esempio: l’Obicetrapib, un inibitore della proteina di trasferimento dell’estere del colesterolo (CETP) che, usato in combinazione con una statina ad alta intensità ed ezetimibe, ha la caratteristica di aumentare le HDL, ridurre le LDL e stimolare la secrezione di colesterolo a livello biliare; il Lerodalcipeb, farmaco considerabile equivalente agli anticorpi monoclonali, è un inibitore PCSK9 di terza generazione, che può dimezzare i livelli di colesterolo LDL nel corso di un anno in pazienti con o ad alto rischio di malattie cardiovascolari (CVD); e ancora i farmaci biotecnologici per le dislipidemie; l’Evinacumab, importante perché riduce specificatamente i trigliceridi, è un anticorpo monoclonale umano ricombinante, che si lega specificatamente all’angiopoietin-like 3 (ANGPTL3) inibendola. L’ANGPTL3 appartiene alla famiglia delle proteine simili all’angiopoietina che si esprime principalmente nel fegato e svolge un ruolo nella regolazione del metabolismo dei lipidi inibendo la lipasi lipoproteica (LPL) e la lipasi endoteliale. Il blocco da parte di evinacumab dell’ANGPTL3 riduce TG e HDL-C rilasciando le attività di LPL ed EL dall’inibizione di ANGPTL3. Da notare che Evinacumab riduce i livelli di LDL-C indipendentemente dalla presenza del recettore LDL promuovendo l’elaborazione delle lipoproteine a densità molto bassa (VLDL) e l’eliminazione dei residui di VLDL a monte della formazione di LDL. È  indicato in aggiunta alla dieta e ad altre terapie volte a ridurre il colesterolo lipoproteico a bassa densità (LDL-C) per il trattamento di pazienti adulti e adolescenti di età pari o superiore a 12 anni con ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH). Olezarsen che abbassa i notevolmente i livelli di trigliceridi.

Infine fra i siRNA emerge l’Inclisiran, che oltre ad essere la prima terapia capace di ridurre il colesterolo LDL con due sole somministrazioni all’anno, rispetto ad altre terapie disponibili ha il vantaggio di agire “a monte”, interferendo con la produzione delle proteine che provocano l’aumento dei livelli di colesterolo LDL. Il suo meccanismo d’azione è riconducibile alla classe degli agenti terapeutici denominati RNAi, farmaci che “silenziano” gli RNA messaggeri. Semplificando, il meccanismo innescato da Inclisiran riduce i livelli di una proteina, chiamata PCSK9, che è coinvolta nel metabolismo del colesterolo, aumentando la capacità del fegato di assorbire il colesterolo LDL e portando ad una drastica riduzione dei livelli di colesterolo cattivo. Insieme alle modalità e alla frequenza di somministrazione, questo meccanismo d’azione rende Inclisiran un farmaco innovativo nella lotta contro l’ipercolesterolemia e l’aterosclerosi.

Infine sono state brevemente esposte le strategie di silenziamento genico nel trattamento delle dislipidemie. Con l’aumento delle dislipidemie, c’è stato infatti un forte sviluppo dell’approccio basato sul silenziamento genico, ossia sulla possibilità di usare oligonucleotidi antisenso a singolo filamento o sequenze corte di RNA a doppio filamento per “spegnere” in modo specifico l’espressione di un gene. Il vantaggio di questo approccio consiste nel fatto che le molecole agiscono all’interno della cellula, prevenendo la traduzione dell’mRNA nella proteina corrispondente, mentre altri tipi di approcci (quali gli anticorpi monoclonali) possono agire solo sulla proteina circolante. La riduzione dei livelli di proteine dannose attraverso RNA interferenza è applicabile a tutti i bersagli molecolari, inclusi quelli che sono difficilmente attaccabili con i tradizionali approcci farmacologici a base di piccole molecole o proteine. Questo ha portato allo sviluppo di diversi farmaci biologici per il controllo delle dislipidemie.

Alessia Currao ANMCO
Alessia Currao