MAIN SESSION – LA SITUAZIONE DELLA CARDIOLOGIA IN ITALIA: I DATI DEL CENSIMENTO ANMCO-ISTAT

di Francesco Lisi

La grande attesa è stata ripagata per questa importante sessione che ha portato i dati del censimento ANMCO-ISTAT sulla situazione cardiologica in Italia. La sessione in Sala Anfiteatro è stata costituita in due fasi, una prima con delle illuminanti relazioni da parte dei vertici associativi ed una seconda con una tavola rotonda partecipata che è stata presentata da Gerardo D’Amico.

L’introduzione è stata eseguita dal presidente ANMCO Furio Colivicchi, che ha mostrato tutti i numeri dal censimento ISTAT. Questi mostrano una situazione preoccupante. Sono in calo il numero di cardiologie del SSN sul territorio nazionale. Contestualmente c’è un aumento delle strutture private, tuttavia esse continuano a non avere degenza UTIC per la maggior parte; infatti, solo il 30% delle stesse possono annoverare una terapia intensiva cardiologica. Della totalità delle cardiologie, l’UTIC è presente nel 62% delle strutture, 44% del totale presenta l’emodinamica, che per l’88% dei casi è un servizio h24. Infine, è stato notato come dall’analisi dei dati, in Italia ci sia una riduzione totale del 3% dei letti di degenza e dei posti UTIC rispetto al 2015.

Nella discussione finale il Prof. Colivicchi, stimolato sul dato per cui su scala nazionale sia presente in media un posto UTIC ogni 5.000 abitanti, ha sottolineato come in realtà i numeri non sono da interpretare in maniera strettamente matematica. Avere un posto UTIC avanzato di per sé non vuol dire nulla senza una adeguata rete che possa permettere al paziente di avere assistenza completa e di lunga durata nella fase pre e post evento acuto.

Durante la tavola rotonda su questi dati si è confrontata anche la Dott.ssa Crialesi che ha dichiarato che l’utilizzo da parte della classe politica dei dati ISTAT è sempre in aumento per affinare l’apparato dell’offerta normativa.

Sicuramente non proprio incoraggianti sono stati i numeri forniti durante la relazione del Prof. Fabrizio Oliva circa l’impatto della Pandemia sulla organizzazione ospedaliera e territoriale.

Anche se da pochi giorni è stata diramata la notizia che l’OMS ha dichiarato conclusa l’emergenza COVID, la ferita di questi anni è ancora sanguinante. Sicuramente il prezzo più alto lo hanno pagato i pazienti che hanno dovuto subire un ridimensionamento dell’offerta assistenziale. L’aumento generale della mortalità per tutte le cause nel periodo pandemico si è attesta al 140%, e questo sicuramente è effetto anche delle patologie cardiovascolari e non solo del COVID. Si è registrata una riduzione di tutte le procedure, dei ricoveri di circa il 40% per lo scompenso cardiaco, 60% per fibrillazione atriale e 40% per l’embolia polmonare.

Infatti, durante la pandemia i pazienti con problematiche acute in ospedale non ci giungevano o ci arrivavano in ritardo. I pazienti con patologie croniche hanno subito rallentamenti e rinvii negli appuntamenti. I termini del ridimensionamento dell’attività sono da leggere nel 46% di ricoveri in meno in UTIC e di addirittura del 67% in meno nei reparti di degenza.

Ritornando sui temi dell’offerta assistenziale durante la tavola rotonda il Prof. Oliva ha ribadito ancora una volta la necessità di rimodulare l’offerta dipartimentale che prevede la divisione degli ospedali in Hub e Spoke, in quanto i cardiologi desiderano sempre meno giungere in realtà così dette “periferiche” in quanto dal punto di vista professionale rischiano di essere visti come cardiologie di serie B. Dal punto di vista strategico risulta essere invece, sempre fondamentale l’integrazione nella rete tra ospedale Hub e Spoke, con questi ultimi che hanno un ruolo cruciale nell’assistenza dei pazienti cronici. Concetto poi ribadito dal Prof. De Luca che ha sostenuto che il cardiologo clinico, più rappresentato nelle realtà Spoke, pur non essendo interessato in prima ipotesi nell’intervento diretto sul paziente, è la vera parte “nobile” perché permette con le sue valutazioni l’adeguata azione del cardiologo interventista.

Lo sguardo al futuro è stato invece posto dalla relazione del Dott. Pasquale Caldarola circa i risultati attesi dal PNRR. In realtà la discussione ha mostrato una serie di criticità sugli obiettivi dati dalla missione numero 6 (quella destinata nello specifico alla Sanità).

Sono circa 190 i miliardi destinati al PNRR con tale valore che potrebbe raggiungere quota 235 miliardi di euro, grazie all’integrazione di altri fondi europei. Di questi saranno 15, i miliardi di euro, dedicati all’ammodernamento ed alla rivoluzione digitale del sistema sanitario nazionale.

Tanti i temi toccati dal Dott. Caldarola, dalla telemedicina su cui si investirà tanto e che vede la Puglia e la Lombardia come capofila, al progetto di creazione ed implementazione del fascicolo sanitario elettronico che tuttavia non è esente di ostacoli come il parere negativo fornito dal garante della privacy. Interessante lo spaccato sull’occupazione sanitaria che vede un deficit di infermieri molto significativo, ancor più di quello di medici. Pertanto, in conclusione il Dott. Caldarola, afferma che nonostante siano presenti investimenti giganteschi c’è il forte rischio che essi non siano disegnati sui reali bisogni. Inoltre, non c’è nessun riferimento alla programmazione del personale ed una scarsa attenzione alla prevenzione. I fondi, secondo il relatore, non intervengono, se non marginalmente, per mitigare la crisi strutturale del sistema sanitario nazionale nella sua vocazione universalistica, a maggior ragione per le regioni del SUD dove sono destinati il 40% dei fondi.

Durante la discussione della tavola rotonda anche il Prof. Alessandro Navazio ha ribadito come nell’organizzazione degli interventi del piano, gli addetti ai lavori devono essere messi in rete con i cardiologi ospedalieri.

Sul tema sono intervenuti anche il Prof Carmine Riccio che il Prof. Domenico Gabrielli che hanno ribadito ancora una volta come nella gestione dei pazienti sia fondamentale una integrazione tra ospedale e territorio e che pertanto nella gestione dei fondi del PNRR si debba dare un peso centrale a questa necessità soprattutto per quei pazienti che devono essere gestiti nella fase post-acuta, come capita nello specifico durante l’attività giornaliera al Prof. Riccio.

L’ultimo e sicuramente interessante è stato l’intervento del Prof. Gianfranco Gensini sulla cardiologia digitale e la sua implementazione. Sicuramente tre sono stati i temi toccati: l’utilizzo dell’intelligenza artificiale GPT è uno strumento che potrebbe rispondere alla necessità di digitalizzazione del sistema ma soprattutto alle nuove richieste dei pazienti. Per secondo, davvero intrigante e sconvolgente il risultato di uno studio sull’empatia provata dai pazienti che è stata sicuramente superiore (45%) nell’approccio con una chat GPT che con un clinico (5%). Infine, interessanti i dati che hanno mostrato come l’intelligenza artificiale ha avuto una precisione di diagnosi in circa l’80% dei casi.

Sul tema nella tavola Rotonda prima Il Prof. Maggioni, poi il Prof. Francesco Gabrielli hanno espresso quanto sia necessario regolamentare l’utilizzo di tanti apparecchi tecnologici utilizzati nel percorso diagnostico-terapeutico, che non devono più rispondere alla semplice autorizzazione CE ma dovrebbero avere le caratteristiche tali da poter essere certificati come dispositivi medici.

Francesco Lisi
Francesco Lisi