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INSUFFICIENZA CARDIACA 2022: DALLE LINEE GUIDA ALLA PRATICA CLINICA

di Alessandra Schiavo

Nella giornata d’apertura del 53° Congresso ANMCO, una sessione interamente dedicata all’insufficienza cardiaca ha visto coinvolti alcuni dei massimi esperti di questo ambito.

Dopo un iniziale excursus sui progressi della terapia farmacologica per lo scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (HFrEF), ricordando il clamoroso successo del trial Paradigm-HF che aveva dimostrato risultati sorprendenti del farmaco Sacubitril/Valsartan (ARNI) rispetto all’enalapril nella riduzione della mortalità cardiovascolare e delle ospedalizzazioni, il dott. Fabrizio Oliva ha focalizzato l’attenzione su una nuova categoria di farmaci che sta rivoluzionando il trattamento dello scompenso cardiaco.

Si tratta degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio a livello del tubulo contorto prossimale del nefrone (SGLT2-i ovvero glifozine), farmaci antidiabetici orali che inibendo il riassorbimento di sodio e glucosio a livello del tubulo renale prossimale favoriscono un effetto natriuretico, ed una serie di effetti “pleiotropici” con un netto beneficio clinico nei pazienti affetti da scompenso cardiaco a frazione ridotta, entrando così a far parte dei 4 pilastri fondamentali per la gestione terapeutica dei pazienti affetti da scompenso cardiaco, insieme a Betabloccanti, ARNI/ACE-i/sartani, antagonisti dei recettori dei mineralcorticoidi (MRA). Conclude la presentazione con un piccolo accenno su altri due nuovi farmaci altamente promettenti: Vericiguat, farmaco che agisce stimolando la via ossido nitrico (NO)-guanilato ciclasi solubile, oggetto di studio del trial VICTORIA, e Omecantiv Mecarbil, capostipite di una nuova classe di farmaci cardiaci chiamati “miotropi” che agiscono direttamente e selettivamente sul miocardio per migliorarne le prestazioni, protagonista del GALACTIC trial.

Nonostante il ricco armamentario e le robuste evidenze scientifiche oggi a disposizione, i dati provenienti dal “real world” tuttavia ci informano di una bassa prescrizione di una terapia medica ottimizzata nei pazienti affetti da scompenso cardiaco, come fa notare anche il dott. Di Leonarda, sottolineando come la categoria di farmaci anti-scompenso meno prescritta sia rappresentata in particolare dagli MRA. Complice probabilmente il loro effetto iperkaliemizzante, contro il quale tuttavia si sono sviluppate nuove strategie terapeutiche (Patiromer, chelante del potassio) finalizzate proprio ad impedire la sospensione dei farmaci inibitori del sistema RAA a causa dell’iperpotassiemia.
Oltre ad essere cambiati i farmaci in gioco, anche l’approccio terapeutico nei pazienti con scompenso cardiaco a ridotta FE è stato rivoluzionato: non più uno schema “sequenziale” di introduzione dei diversi farmaci a disposizione, in quanto la loro prescrizione terapeutica è posta su di uno stesso piano (sebbene ad una lettura più attenta delle LG si evince che le gliflozine siano da introdurre “on top” di una terapia medica ottimizzata).

Il Prof. Senni ha tenuto un’esaustiva esposizione sullo scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata (HFpEF): la diagnosi è ancora considerata controversa e sono ancora molte le difficoltà incontrate nella pratica clinica quotidiana nel suo riconoscimento. Questo fenomeno dipende probabilmente anche dal fatto che nessuna terapia sia stata effettivamente comprovata in questo particolare gruppo di pazienti, almeno fino a poco tempo fa. Sono recentissimi, infatti, i trial clinici che hanno dimostrato per la prima volta l’efficacia di alcuni farmaci nel trattamento del HFpEF: in primis il trial Emperor-Reduced in cui empaglifozin ha dimostrato una riduzione statisticamente significativa dell’endpoint primario. I dati negativi dei trial che lo hanno preceduto e che hanno avuto come oggetto di studio i pazienti affetti da HFpEF dipendono da vari fattori, ma primo tra tutti dal complesso meccanismo fisiopatologico sottostante tale patologia, diverso da quello dello HFrEF. Nel caso del HFpEF l’approccio terapeutico deve essere infatti personalizzato sul fenotipo del paziente e non sembra rispondere al concetto “one pill fits all”. E allora come spiegare il successo del trial Emperor Preserved? In realtà i farmaci SGLT2-i hanno un meccanismo d’azione molto più complesso, agendo su pathway molecolari diversi contemporaneamente determinando una serie di effetti “pleiotropici”, per citarne alcuni: riducono l’indice di massa corporea, aumentano l’ematocrito, riducono l’Hb glicata, riducono la pressione arteriosa, riducono l’acido urico. Questo può spiegare l’efficacia degli SGLT2-i nel HFpEF.

Il Dott. Massimo Iacoviello si è invece soffermato sulla descrizione dello scompenso cardiaco a frazione d’eiezione lievemente ridotta (“mildly reduced”: HFmrEF).
Questa rinominazione da parte delle LG nasce con l’intento di accomunare i pazienti con FE compresa tra 41-49% al gruppo di scompenso cardiaco con FE ≤40%, andando di pari passo alle evidenze derivanti dai più recenti trial. I farmaci SGLT2-i rappresentano infatti una nuova strategia terapeutica che per la prima volta ha dimostrato la capacità di ridurre significativamente gli eventi legati alla progressione dell’insufficienza cardiaca in maniera pressoché indipendente dalla frazione d’eiezione.

Nell’ambito dello scompenso cardiaco acuto, invece, poche sono state le novità apportate dalle ultime LG ESC, come spiegato dal dott. Marco Marini. Resta centrale di fronte a tale condizione clinica avere chiari i goal terapeutici da raggiungere, ma per fare questo occorre saper identificare chiaramente lo stato emodinamico in cui si trova il paziente per una corretta terapia personalizzata. Fondamentale è dunque una diagnosi precoce, ma anche considerare di essere di fronte ad una condizione clinica altamente instabile e variabile, che richiede frequenti rivalutazioni clinico-strumentali da parte del medico. Occorre saper identificare in tempo quando il paziente è “critico” per indirizzarlo il più precocemente possibile ad un centro Hub dove consentire al paziente l’accesso a cure avanzate, come l’impianto di assistenze meccaniche al circolo, sia come “destination therapy” ma anche come “bridge al trapianto cardiaco”.

Problematiche queste condivise dal dott. Manlio Cipriani, esperto nella gestione dello scompenso cardiaco avanzato. La prognosi di questi pazienti è segnata da un tasso di mortalità ancora altissimo (circa il 50% ad un anno), a fronte invece di una prognosi migliore dei pazienti che riescono ad accedere al trapianto cardiaco (sopravvivenza a due anni stimata del 90% circa) e dei pazienti portatori di assistenza ventricolare sinistra (sopravvivenza a 2 anni di circa il 70%).

Il primo nemico nel trattamento dello scompenso cardiaco avanzato è il riferimento tardivo ai centri Hub, a causa molte volte di difficoltà logistiche, altre volte per ritardo nella diagnosi stessa. Nonostante i tentativi di semplificazione delle LG ESC 2021 nella definizione dello “scompenso cardiaco avanzato” individuando semplicisticamente 4 criteri, il riconoscimento di tale condizione non è così semplice. Il dott. Cipriani conclude la sua presentazione sottolineando la necessità della creazione di una “rete dello scompenso cardiaco avanzato” che possa facilitare il riferimento del paziente da centri Spoke a centri Hub di riferimento, facilitando la possibilità di accesso ad opportunità di cura più avanzate, che ancora oggi restano confinate ad un numero troppo limitato di pazienti.

 

Alessandra Schiavo