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Il lungo viaggio della sindrome coronarica cronica: le novità delle linee guida 2024

di Valentina Colombo
Novità delle linee guida ESC 2024 sulla sindrome coronarica cronica: dalla diagnosi al trattamento

Le linee guida ESC 2024 sulle sindromi coronariche croniche sottolineano l’importanza di una valutazione clinica attenta e accurata dei sintomi, da integrare con un modello di rischio ponderato sui fattori clinici, il Risk-factor-weighted clinical likelihood (RF-CL), riconosciuto come raccomandazione di classe I. Questo modello migliora la capacità di stratificazione del rischio nei pazienti, permettendo di indirizzare con maggiore precisione gli esami diagnostici successivi. Vengono infatti definite delle classi di rischio. Nei pazienti a rischio molto basso (< 5%), non sono necessari ulteriori esami diagnostici, nei soggetti a basso rischio la TC coronarica con calcium score è il test raccomandato per una migliore definizione del rischio coronarico, nei soggetti a rischio moderato, vengono consigliate TC coronarica o test funzionale in maniera indistinta, mentre nei pazienti a rischio alto, è indicata la coronarografia.

precoce della TC coronarica ha dimostrato di ridurre significativamente il ricorso a ospedalizzazioni non necessarie e a procedure di rivascolarizzazione, migliorando così la gestione complessiva del paziente. Tuttavia, va segnalato che l’efficacia della TC come test diagnostico perde valore in pazienti anziani o con multiple comorbilità, a causa della diminuzione del suo potere predittivo negativo. Al di là dell’aspetto quantitativo della stenosi, la tecnologia TC moderna consente oggi di ottenere informazioni qualitative importanti, analizzando la composizione e la vulnerabilità della placca aterosclerotica. Studi come l’ORFAN hanno inoltre evidenziato come la presenza di grasso pericoronarico sia un ulteriore marcatore di rischio cardiovascolare, fornendo dati prognostici addizionali. Sebbene il ruolo prognostico della TC coronarica resti oggetto di dibattito, i dati a lungo termine, come quelli provenienti dallo SCOT-HEART trial con un follow-up di 10 anni, suggeriscono un beneficio significativo in termini di prognosi. Questo miglioramento non si traduce in un aumento delle procedure di rivascolarizzazione, ma piuttosto in un ottimale controllo farmacologico e gestione medica del paziente.

Un altro aspetto importante emerso riguarda le strategie di imaging intracoronarico. Il PREVENT trial ha mostrato come, in pazienti con una frazione di flusso coronarico (FFR) superiore a 0,80, la valutazione tramite imaging intracoronarico consenta di orientare le decisioni terapeutiche in modo più efficace e mirato.

Le nuove linee guida ESC 2024 sulle sindromi coronariche croniche hanno rivoluzionato la gestione di INOCA e ANOCA, condizioni spesso sottovalutate ma clinicamente rilevanti. Nelle nuove linee guida questi concetti rientrano già in una fase precoce del percorso diagnostico e decisionale.

Rispetto alle linee guida precedenti, la novità più significativa è l’innalzamento della raccomandazione all’angiografia coronarica con test funzionali in classe Ib nei pazienti sintomatici persistenti con diagnosi incerta. Anche il test con l’acetilcolina nel sospetto di vasospasmo coronarico ha raggiunto un’evidenza di classe Ic, innalzata rispetto alle linee guida precedenti.

La valutazione “full physiology”, che include la misura della riserva di flusso coronarica (CFR) e dell’indice di resistenza microvascolare (IMR), consente di distinguere tra disfunzioni funzionali e strutturali del microcircolo, migliorando la stratificazione prognostica.

Dal punto di vista terapeutico, le linee guida raccomandano l’uso dei calcio-antagonisti in caso di vasospasmo, mentre beta-bloccanti come nebivololo risultano efficaci per la disfunzione microvascolare, come confermato dal trial CORMICA, che ha evidenziato un miglioramento della qualità di vita. Inoltre, in presenza di ridotta riserva coronarica dovuta ad elevate resistenze microvascolari, i beta-bloccanti sono preferibili ai calcio-antagonisti.

Un altro aspetto importante riguarda la terapia. L’utilizzo dei beta-bloccanti nei pazienti con sindrome coronarica cronica con funzione sistolica globale preservata è molto dibattuto. Le Linee Guida ESC 2024 enfatizzano un approccio personalizzato nella gestione dei beta-bloccanti. La decisione di iniziare, continuare o interrompere la terapia dovrebbe essere basata su una valutazione attenta delle condizioni individuali del paziente e dei sintomi. Per quanto riguarda la terapia anti-anginosa, non viene consigliato un farmaco in maniera preferenziale, ma viene ribadita la necessità di una terapia personalizzata sul singolo paziente. Dal punto di vista della terapia antitrombotica, da segnalare come nuova raccomandazione la possibilità di utilizzare il Clopidogrel in alternativa all’aspirina come terapia sicura ed efficace in monoterapia nei pazienti con pregressa SCA o PCI. Per quanto riguarda la terapia ipolipemizzante, non ci sono delle grandi novità rispetto alle raccomandazioni note. Viene ribadita la necessità di abbassare il colesterolo LDL ad un target < 55 mg/dL e la riduzione del 50% rispetto al valore basale. Resta sempre un approccio a step, che parte dall’utilizzo di una statina ad elevata intensità, per poi passare ad ezetimibe, PCSK9i o acido bempedoico nei pazienti che non raggiungono il target o che manifestano intolleranze.

Infine un accenno alla rivascolarizzazione coronarica nei pazienti con malattia multivasale. Le linee guida continuano a valorizzare non solo l’anatomia coronarica, ma anche l’aspetto funzionale dell’ischemia. L’estensione anatomica della malattia, specie nei casi di malattia multivasale, resta un criterio chiave per orientare le decisioni terapeutiche, ma è l’ischemia a guidare il beneficio clinico.

Diversi studi recenti hanno contribuito a ridefinire il ruolo della rivascolarizzazione. I trial ORBITA e ORBITA-2 hanno evidenziato che, mentre nei pazienti asintomatici non c’è un reale vantaggio in termini di sollievo sintomatologico, nei pazienti molto sintomatici la rivascolarizzazione, sia percutanea (PCI) che chirurgica (CABG), porta a un miglioramento significativo della qualità di vita. Analogamente, i trial ISCHEMIA e COURAGE hanno confermato che nei pazienti asintomatici il beneficio clinico dell’intervento invasivo è scarso, ma nei pazienti con sintomi importanti vi è un chiaro sollievo dall’angina dopo rivascolarizzazione.

Le linee guida ESC 2024 raccomandano con un livello di evidenza maggiore rispetto alle linee guida precedenti, l’utilizzo dell’angioplastica in pazienti non diabetici con malattia trivasale, funzione sistolica preservata e anatomia coronarica a complessità bassa o intermedia, in classe di raccomandazione Ia. Nei pazienti diabetici con coronaropatia complessa, si conferma invece l’indicazione alla rivascolarizzazione chirurgica in classe Ia. Infine, l’angioplastica vede un downgrade nei pazienti con stenosi funzionalmente significativa dell’arteria discendente anteriore e con frazione di eiezione < 35%, non candidabili ad intervento chirurgico: in questi casi la PCI è raccomandata in classe IIb come opzione alternativa al CABG nei pazienti ad alto rischio operatorio.

 

Valentina Colombo