MAIN SESSION IL FUTURO DELL’IMAGING CARDIACO È MULTIMODALE…

di Ilaria Garofani
L’applicazione dell’imaging multimodale allo studio delle principali patologie cardiologiche: nel corso della sessione sono state approfondite le applicazioni dell’imaging multimodale nello studio delle sindromi coronariche croniche, dell’insufficienza cardiaca, delle valvulopatie e delle cardiopatie congenite.

L’imaging multimodale è cruciale oggi per diagnosi accurate, trattamento personalizzato e monitoraggio efficace. È questo quello che è emerso oggi dall’interessante Main Session pomeridiana sull’imaging multimodale. Tale approccio prevede integrazione di varie tecniche di imaging, come ecografia. risonanza magnetica, tomografia computerizzata e PET, per fornire una visione completa e dettagliata delle strutture anatomiche e dei processi fisiologici.

La sessione si è aperta con i dati di real-life emersi dal BRING-UP prevenzione e scompenso, che hanno evidenziato come solo in una piccola percentuale di pazienti con malattia aterotrombotica e insufficienza cardiaca si ricorre a cardioRM e TC coronarica, mentre continua a farla da padrone l’utilizzo dell’ecocardiografia. Questo tuttavia cozza con quanto hanno abilmente presentato i vari relatori che si sono avvicendati nel corso della sessione. Con la prima relazione del Dottor Casolo è stata presentata l’importanza dell’imaging multimodale nelle sindrome coronariche croniche, concentrando l’attenzione su come al giorno d’oggi l’obiettivo in questi pazienti non debba essere la ricerca dell’ischemia e della stenosi ostruttiva, ma l’anatomia vascolare e l’identificazione della coronaropatia non critica. A questo scopo la TC coronarica svolge un ruolo fondamentale, tanto da essere considerata al pari dei test d’ischemia non invasivi, nelle indicazioni delle ultime linee guida sul trattamento delle sindromi coronariche croniche. Il ruolo della TC tuttavia non si esaurisce solo nel roll-out dei pazienti con sospetta cardiopatia ischemica, ma il Dottor Casolo ha mostrato come possa avere un impatto sulla prognosi dei pazienti. A tal proposito è stato presentato uno studio che mostra come a 5 anni di distanza, i pazienti sottoposti a TC coronarica vanno incontro a meno eventi cardiovascolari rispetto a chi non la esegue, molto probabilmente perché l’identificazione di coronaropatia non ostruttiva alla TC spinge i clinici a controllare con maggiore aggressività i fattori di rischio cardiovascolare di questi soggetti.

L’altro aspetto importate emerso è il ruolo dell’intelligenza artificiale che non solo permette di migliorare la capacità diagnostica delle varie metodiche di imaging, ma fornisce anche importanti informazioni prognostiche e analisi utili per il planning delle procedure di rivascolarizzazione. I macchinari più moderni infatti, sono in grado di fornire anche dati di FFR e OCT in maniera non invasiva.

La Dottoressa Musella ha invece approfondito l’applicazione dell’imaging all’insufficienza cardiaca, ponendo l’accento sui limiti dell’utilizzo della solo calcolo della frazione d’eiezione ventricolare sinistra, valutata con il Simpson biplano, per caratterizzare questo tipo di pazienti. Attualmente infatti non si dovrebbe più prescindere da valutazioni ecografiche quali lo studio della funzione longitudinale ventricolare e del miocardial work per individuare la patologia fina dalle sue fasi più precoci e il calcolo della funzione ventricolare sinistra con 3D e 4D. Ai dati ecocardiografici va affiancata anche una caratterizzazione tissutale con RM cuore. In particolare è stato sottolineato il ruolo dell’estensione della fibrosi miocardica nelle cardiomiopatie dilatative ischemiche e non, nella stratificazione del rischio di morte improvvisa e il ruolo dell’LGE nella valutazione delle cardiomiopatie.

Anche nello studio delle valvulopatie l’imaging multimodale può avere un ruolo importante, come ci ha brillantemente dimostrata l’intervento della Dottoressa De Chiara. In questi contesti infatti Tc e RM possono essere importanti nel confermare la diagnosi nei casi in cui l’ecocardiogramma in ogni sua espressione, non risulta essere dirimente, e nel planning preoperatorio delle valvulopatie più complesse. Per quanto riguarda

l’endocardite e le malattie infiammatorie è stato mostrato come, grazie al miglioramento delle conoscenze e delle tecnologie a disposizione, è ad oggi possibile pensare di utilizzare tecniche di medicina nucleare per la diagnosi e il monitoraggio clinico, anche a breve distanza da cardiochirurgia o impianto di device intracardiaci.

Chiude la sessione il Dottor Polizzi parlando della cardiomiopatie, per le quali emerge come l’imaging multimodale sia imprescindibile per una corretta diagnosi eziologica. In particolare è stata sottolineata l’importanza della risonanza magnetica nell’iter diagnostico di ciascuna dei 5 sottotipi di cardiomiopatia identificati dalle linee guida ESC 2023.

Riguardo all’amiloidosi cardiaca, oltre alle alla scintigrafia con tracciante osseo, per l’identificazione delle forme aTTR mutate, è stato presentato anche il ruolo della PET con florbetaben, tracciate normalmente utilizzato dai neurologi per identificare l’amiloide a livello cerebrale. Si è visto infatti che con queste metodica, nelle forme di amiloidosi cardiaca AL, si evidenzia una captazione visibile anche alle acquisizioni tardive, mentre nelle altre forme si assiste a un wash-out rapido del tracciante.

 

Ilaria Garofani
Ilaria Garofani