MAIN SESSION – FIBRILLAZIONE ATRIALE: ASPETTI FISIOPATOLOGICI E CLINICI

di Chiara Tognola
Un focus sulla cardiomiopatia atriale tra consolidate certezze e nuovi interrogativi.

Gli aspetti fisiopatologici e clinici della fibrillazione atriale (FA) sono stati al centro della sessione di questo secondo pomeriggio di Congresso ANMCO 2023, brillantemente moderata dal Dott. Marino Scherillo e dal Dott. Massimo Grimaldi. I lavori sono stati aperti dal Dott. Giuseppe di Pasquale che ha trattato due importanti argomenti. Per primo, le apnee notturne del sonno (OSAS) come ormai riconosciuto fattore di rischio per l’insorgenza di FA ma ancora poco conosciute e sottodiagnosticate. Le OSAS infatti interessano almeno il 21-34% dei pazienti con FA e la loro severità correla con la probabilità di insorgenza di FA; i pazienti affetti da FA e OSAS inoltre mostrano una minore risposta terapeutica ai farmaci antiaritmici e presentano più recidive sia dopo cardioversione elettrica (CVE) sia dopo ablazione transcatetere (ATC). E’ stato inoltre dimostrato che la terapia delle OSAS con CPAP riduce le recidive di FA sia dopo CVE che dopo ATC. Il Dott. Di Pasquale ha successivamente trattato il tema dell’atrio sinistro: non solo le dimensioni della camera ma la sua funzione, studiata mediante strain (PALS), è correlata allo sviluppo di FA. Anche la quantificazione della fibrosi atriale mediante late gadolinium enhancement in risonanza magnetica ha mostrato chiara correlazione con incidenza di recidiva di FA. Un modo più semplice per valutare la presenza di fibrosi atriale è effettuare un ECG di superficie a 12 derivazioni: la sopravvivenza libera da FA e stroke ischemico è minore in presenza di blocco intaratriale (parziale o totale). Il concetto di cardiomiopatia atriale ha permesso di abbandonare il modello classico di FA come causa di stroke ischemico e di introdurre un nuovo modello in cui la cardiomiopatia atriale rappresenta un fattore di rischio per stroke ischemico di per sé, indipendentemente dalla FA. Infine, il Dottore ha esposto un recentissimo lavoro di risonanza magnetica in cui 134 pazienti sono stati sottoposti a RM 4D ed è stata valutata la velocità di flusso nella cavità atriale sinistra tramite l’indice di vorticosità di flusso: ridotte velocità di flusso a livello atriale si correlano alla presenza di aree di ischemia cerebrale alla risonanza magnetica encefalica, indipendentemente dalla presenza di FA. La sessione è proseguita con la stimolante relazione del Dott. Filippo Zilio, riguardante le nuove tecnologie per la diagnosi di fibrillazione atriale. Ha illustrato come la pletismografia e l’ECG da polso sono metodiche in grado di rendere sempre più diffuso lo screening dell’FA, portando importanti benefici sulla popolazione conseguenti all’implementazione tempestiva della terapia anticoagulante. Lo screening basato sui dispositivi di consumo inoltre sta raggiungendo adeguati valori di sensibilità e specificità, che possono essere migliorati ulteriormente con il perfezionamento degli algoritmi. Tuttavia, sottolinea un aspetto importante legato al diffuso utilizzo di tali dispositivi, ossia la poca chiarezza su alcuni aspetti legali ed etici quali privacy, proprietà e sicurezza dei dati, tutela del consumatore, controlli di qualità, equità dal punto di vista socioeconomico. Conclude mostrando come l’intelligenza artificiale sembra in grado di migliorare lo screening della FA nella popolazione sia tramite una migliore identificazione della popolazione a rischio (a partire da dati sanitari o da singoli ECG a ritmo sinusale), sia tramite screening di massa e diagnosi automatizzata. Alla competenza ed esperienza del Dott. Carmine Riccio è stato invece affidato il compito di trattare il tema dell’anticoagulazione in scenari clinici complessi. Il primo scenario vedeva la gestione dell’anticoagulazione del paziente anziano in cui il rischio di stroke ischemico è nettamente più alto in confronto al, seppur aumentato, rischio emorragico. Nel grande anziano pertanto è sempre importante utilizzare gli anticoagulanti orali diretti (DOAC) al giusto dosaggio, ricordando di adeguare il dosaggio in base alla funzionalità renale. Un altro frequente scenario clinico è la gestione della terapia anticoagulante in un paziente con FA non valvolare sottoposto a PCI elettiva: in questo caso le raccomandazioni sono di effettuare una triplice terapia antiaggregante (cardioaspirina, clopidogrel e dabigatran) per una settimana, proseguire con sei mesi di doppia terapia (clopidogrel e dabigatran) e successivamente passare a monoterapia con dabigatran. Nel caso di sindrome coronarica acuta, invece, viene raccomandata la triplice terapia antiaggregante da 7 giorni fino ad 1 mese, dipendendo dal burden trombotico e dalla complessità della coronaropatia, per i successivi 6 mesi è indicato proseguire con una doppia antiaggregazione (ticagrelor e dabigatran), per ulteriori 6 mesi downgradare la terapia a clopidogrel e dabigatran ed infine, dopo 1 anno dall’evento, è possibile proseguire con dabigatran in monoterapia. Il Dott. Alfredo De Nardo nella sua relazione ha ripercorso la storia dei grandi studi che hanno permesso di risolvere il dilemma: controllo del ritmo o controllo della frequenza? I risultati dello Studio EAST-AFNET 4 Trial del 2020 sono inequivocabili: paziente con FA diagnosticata da meno di un anno deve essere trattato con controllo del ritmo. I primary outcomes dello studio erano morte cardiovascolare, stroke ed ospedalizzazione ed il controllo del ritmo è risultato superiore in tutti i casi. E’ importante notare che, a differenza dei precedenti studi, l’EAST-AFNET 4 ha incluso l’ablazione fra le strategie di controllo del ritmo, il che ha permesso di arrivare a dimostrare la superiorità della strategia precoce di controllo del ritmo rispetto alla strategia di controllo della frequenza. Infine, ha concluso la sessione il Dott. Michele Massimo Gulizia trattando il tema emergente di FA e cancro ed esponendo alcuni utili dati del Registro BLITZ AF Cancer. Si tratta di un registro multicentrico su pazienti con FA e cancro diagnosticato almeno nei tre anni precedenti. Spesso FA e cancro coesistono ma solitamente i pazienti con cancro vengono esclusi dai trial randomizzati per cui le evidenze relative alla gestione e agli outcomes di questo gruppo di pazienti sono scarse. In particolare, sono carenti i dati riguardanti l’occorrenza di eventi clinici rilevanti come stroke ischemico, tromboembolismo venoso, sanguinamenti maggiori e morte per tutte le cause cardiovascolari nei pazienti trattati o no con anticoagulanti. Un lungo percorso ci ha portato ad approfondire la conoscenza degli aspetti fisiopatologici e clinici della fibrillazione atriale e della sua ottimale gestione nei differenti contesti clinici. Nuovi interrogativi ora si presentano alla nostra attenzione riguardo il recente concetto di cardiomiopatia atriale; ancora molta strada c’è da fare e ci aspettiamo nei prossimi anni numerosi sviluppi in questo campo.

Chiara Tognola
Chiara Tognola