MAIN SESSION: ASPETTI CONTROVERSI IN INTERVENTISTICA STRUTTURALE

di Francesco Lisi

Nel pomeriggio di questo giovedì all’interno della Sala Agorà si è tenuta una importantissima sessione di lavori che ha affrontato quelli che sono i più importanti aspetti innovativi ed anche controversi delle procedure di cardiologia interventistica strutturale. La sessione moderata dal Prof. Francesco Musumeci e del Dott. Francesco Bedogni è stata ricca di provocazioni e spunti di riflessione. Il primo tema riguardava l’approccio percutaneo di chiusura dell’auricola che è stato affrontato dal Dott. Gavino Casu. Già il titolo della presentazione poneva una provocazione: proporla solo ai pazienti con alto rischio emorragico? La relazione parte con far riflettere su una importante dicotomia che esiste tra il mondo reale e linee guida. Per quanto sia stato registrato un significativo aumento del numero di queste procedure ci sia ancora uno scarso livello di evidenza nelle indicazioni delle principali linee guida internazionali. Tutto questo nasce dall’assenza di studi abbastanza significativi e con numerosità campionaria sufficiente su questo tipo di approccio. L’avvento dei DOAC ha cambiato il mondo della prevenzione del rischio tromboembolico nei pazienti con fibrillazione atriale. Gli studi di confronto tra l’utilizzo della sola terapia e l’approccio interventistico non hanno mostrato gradi differenze sulla prevenzione del rischio ischemico. Tuttavia, importante è la riduzione del rischio emorragico. Inoltre, nella discussione il Dott. Gavino ha evidenziato che i candidati ideali a tale trattamento, sono principalmente due gruppi di pazienti: quelli ad altissimo rischio emorragico per cui non è possibile somministrare la terapia anticoagulante (malformazione cerebrale, emofilici, piastrinopenia severa); i pazienti ad alto rischio emorragico ma senza eventi già in anamnesi per i quali proporre l’alternativa al NAO può risultare fondamentale. Infine, esiste anche un terzo gruppo di pazienti che sono colpiti da cardiopatia ischemica e che sono sottoposti a numerose procedure di rivascolarizzazione per i quali può risultare essere fondamentale prolungare la duplice terapia anticoagulante. In questo gruppo di pazienti proporre l’alternativa della chiusura dell’auricola all’assunzione anche dell’anticoagulante per la prevenzione del rischio tromboembolico può essere fondamentale. Il secondo tema ha riguardato la correzione dell’insufficienza tricuspidale proposto dal Dott. Sergio Berti. Nonostante la prevalenza di tale patologia sia talmente elevata da superare quella della più nota che coinvolge la valvola aortica, viene spesso sottostimata la sua importanza. Il trattamento dell’insufficienza tricuspidale riduce del 2.5% la mortalità dei pazienti ma è gravata da una mortalità intraospedaliera dell’8%. Questo è dovuto al ritardo con cui giungono al trattamento i pazienti. La relazione ha anche stressato il concetto che è molto complicato il trattamento della valvola tricuspide per diversi ordini di motivi: l’anatomia molto complessa, per geometria complessa dei lembi, per la struttura particolare dell’anello tricuspidale, la posizione spaziale complessa, la vicinanza della coronaria destra nel tratto medio e la concomitanza con il sistema di condizione ed il seno coronarico. Un altro aspetto molto importante che rende più sfidante l’approccio è che la tricuspide è visualizzabile con scarsa precisione attraverso l’imaging intraoperatorio, per cui sarebbe necessario crescere. Nella terza presentazione il Prof. Giuseppe Musumeci invece, ha affrontato il tema dell’intervento percutaneo sulla valvola mitrale. La presentazione ha posto subito una domanda: come evitare di essere futili? La patologia è molto frequente: 10% della popolazione over 75 con un grado medio-severo di cui l’1,5% non sono trattati per l’alto rischio chirurgico e nonostante una prognosi pessima di mortalità elevata ad un anno. Attualmente le ultime linee guida aprono a tale trattamento. Attualmente sono 150.000 i pazienti trattati. Durante la comunicazione è stato sottolineato che la procedura è sicura in quanto viene eseguita senza l’ausilio di mezzo di contrato, attraverso accesso venoso centrale. Sono stati mostrati i dati dello studio COAPT che ha cambiato lo scenario di approccio a questo trattamento: la MITRA clip migliora soprattutto la ospedalizzazione, le complicanze e la mortalità rispetto al semplice trattamento medico, Infine è stato evidenziato che per far funzionare la procedura sono fondamentali due aspetti: serve expertise nell’eseguire la procedura, infatti i centri a più alto volume hanno dati di minori complicanze ed inoltre che l’approccio è più efficace sui pazienti con volume ventricolare sinistro non aumentato in cui la insufficienza mitralica non ne è un effetto quasi terminale. Pertanto, trattare il paziente precocemente è fondamentale per non rendere futile la correzione percutanea della valvola mitralica. L’ultima relazione ha toccato il tema della TAVI. Il Dott. Francesco Bedogni ha infine posto l’attenzione sulla eventuale necessità di proporre l’approccio percutaneo della valvola aortica a tutti i pazienti. Anche per la TAVI il numero di procedure sta salendo in maniera importante, con una riduzione dell’età media ed il rischio dei pazienti a cui viene proposto. Il confronto della TAVI con l’approccio chirurgico è stato eseguito in diversi studi nei pazienti con rischio chirurgico di diverso tipo. È stata mostrata una mortalità ed una incidenza di stroke minore nei pazienti sottoposti a TAVI. Le linee guida l’anno posta come prima scelta ai pazienti di almeno 75 anni (nelle linee guida americane addirittura a 65 anni) con stenosi aortica. È stata fatta una carrellata dei nuovi device per la TAVI, che hanno avuto la capacità di rafforzare sempre più tale procedura. Infine, è stato sottolineato come il tipo di valvola va scelto sulle caratteristiche del paziente sulla base di tutti gli aspetti.

Francesco Lisi
Francesco Lisi