La Professoressa Barbara Casadei illustra la prossima sfida della ricerca sulla fibrillazione atriale

Stefania Angela Di Fusco
Una innovativa visione della fibrillazione atriale: non solo malattia elettrica ma anche cardiomiopatia

Le tre intense giornate del 50° Congresso Nazionale ANMCO si sono concluse con una eccezionale Lettura Magistrale tenuta dalla Professoressa Barbara Casadei, Presidente della Società Europea di Cardiologia. L’argomento oggetto della Lettura è stato la fibrillazione atriale, uno dei campi principali della ricerca scientifica della Professoressa Casadei. La fibrillazione atriale è stata presentata non tanto come un disordine dell’attività elettrica cardiaca ma come manifestazione di una forma di cardiomiopatia. Tutta la presentazione ha permesso di avere una visione nuova di una patologia tanto comune quale la fibrillazione atriale e niente affatto benigna considerato il rischio di stroke e scompenso cardiaco ad essa associato. Nell’ultimo decennio l’unico vero successo nella gestione terapeutica della fibrillazione atriale è correlato alla prevenzione degli eventi tromboembolici per cui non c’è da meravigliarsi se nello stesso periodo si è osservato un progressivo declino della mortalità per infarto del miocardio ma un aumento della mortalità per fibrillazione atriale. Un quesito interessante sollevato nel corso della Lettura della Professoressa Casadei è relativo alla relazione tra fibrillazione atriale e rischio cardiovascolare: la fibrillazione è causa o biomarker di un aumentato rischio cardiovascolare? In effetti, diverse evidenze supportano l’ipotesi che la fibrillazione atriale è l’espressione finale di una serie di fattori di rischio sia correlati allo stile di vita che alla genetica e che insieme possono causare una cardiomiopatia, substrato strutturale sia dell’aritmia che delle sue possibili complicanze. Ad esempio si è osservato che in soggetti obesi interventi dietetici che portano ad un calo del peso corporeo sono associati ad una riduzione delle recidive aritmiche. Sul versante della genetica vi sono, poi, evidenze che varianti cardiomiopatiche di geni che codificano per proteine strutturali sono associate a fibrillazione atriale permanente ed ictus cerebri. Dunque, la ricerca scientifica finalizzata alla conoscenza dei meccanismi fisiopatologici alla base della fibrillazione atriale e alla sua cura dovrebbe approcciarsi a questa malattia nella sua globalità. Contemporaneamente, nella pratica clinica la terapia della fibrillazione atriale dovrebbe essere mirata a target che vanno al di là delle vene polmonari.