La gestione del paziente con Fibrillazione Atriale e Sindromi Coronariche Acute: il punto di vista dell’ANMCO

di Leonardo De Luca

I pazienti con fibrillazione atriale (FA) sottoposti a intervento coronarico percutaneo (PCI) con o senza sindromi coronariche acute (SCA) rappresentano un sottogruppo di pazienti dalla gestione farmacologica complessa. Infatti, se da un lato la terapia antitrombotica deve ridurre il rischio legato agli eventi ischemici ricorrenti e/o alla trombosi dello stent, dall’altro occorre fare attenzione a evitare eventi emorragici maggiori. Per fare luce su questo difficile argomento, l’ANMCO ha proposto un position paper basato sulle più recenti evidenze e sul consenso degli esperti per guidare il cardiologo ospedaliero nella scelta della terapia più adeguata sin dalla fase peri-procedurale. Alla luce delle evidenze raccolte, è stato definito un algoritmo decisionale per la scelta della strategia antitrombotica da prescrivere al momento della dimissione ospedaliera. Le combinazioni farmacologiche proposte sono formulate con i vari anticoagulanti orali diretti (DOAC), in quanto si ritiene siano preferibili agli antagonisti della vitamina K (AVK). Ciò̀ non esclude che, ove necessario o clinicamente indicato, si possano impiegare gli AVK con un INR tra 2.0 e 2.5. Va specificato che i DOAC vanno impiegati a dosaggio pieno, ad eccezione del dabigatran che può essere usato a dosaggio basso. In generale, il periodo di triplice terapia antitrombotica (TAT) dovrebbe essere limitato a non oltre 1 settimana dalla PCI o dall’ingresso per SCA non sottoposta a rivascolarizzazione, ad esclusione dei pazienti ad alto rischio di trombosi acuta di stent dove è consigliato prolungare la TAT ad 1 mese. Successivamente, bisognerebbe procedere con la valutazione del rischio emorragico con uno score universale e validato come l’ARC-HBR. Se il paziente presenta caratteristiche di alto rischio emorragico, si suggerisce l’impiego della duplice terapia (singolo antiaggregante ed anticoagulante, DAT) con clopidogrel per 6 mesi nei pazienti con SCA e per 3 mesi nei pazienti con sindrome coronarica cronica (SCC). Se presente un rischio emorragico proibitivo appare ragionevole anche l’impiego del solo anticoagulante orale sin dal momento della dimissione ospedaliera. Il terzo e ultimo “step” è quello valutare il rischio di eventi ischemici ricorrenti. Se quest’ultimo è moderato o elevato, si suggerisce l’impiego della DAT sino a 12 mesi in caso di SCA e 6 mesi per le SCC. In questo setting e solo in regime di DAT, è possibile utilizzare il ticagrelor in associazione ai DOAC a dosaggio pieno. È possibile prolungare la DAT oltre l’anno qualora sussista un elevato rischio trombotico.

Per ulteriori dettagli vi aspettiamo Venerdì 20 Maggio alle ore 16.00!

Leonardo De Luca