LA CARDIOPATIA ISCHEMICA CRONICA IN ITALIA: GLI SPUNTI DALLO STUDIO START

Christos Katsanos

I pazienti con cardiopatia ischemica cronica sintomatica rappresentano un’ampia quota della popolazione con differenti profili clinici. Lo Studio Start, è stato un studio osservazionale prospettico e multicentrico che ha raccolto circa 5.000 pazienti con coronaropatia stabile ed ha cercato di descrivere l’eterogeneità dei vari centri italiani, le caratteristiche attuali di questi malati, le loro modalità di trattamento, la aderenza alle linee guida correnti sia per quanto riguarda la terapia invasiva che quella medica ottimizzata, l’uso e il costo complessivo delle risorse necessarie alla gestione di questa patologia, nonché il decorso clinico con un follow up di circa un anno. Tra i pazienti inclusi nello studio: il 20% era di sesso femminile, il 25% presentava un’età ≥75 anni, il 68% una storia di infarto ed il 72% una pregressa rivascolarizzazione miocardica, il 31% era diabetico ed il 75% dislipidemico. Considerando gli esami strumentali eseguiti negli ultimi 6 mesi precedenti l’arruolamento, un ecocardiogramma transtoracico era stato eseguito nel 66% dei pazienti, mentre una coronarografia nel 45% dei casi. Durante il follow up si è osservata una riduzione della terapia medica ottimale (91,7% in OTM) soprattutto dei farmaci antipiastrinici e si è registrato un elevato tasso di eventi clinici (prevalentemente morti CV e ospedalizzazioni); La qualità di vita dei pazienti si è mantenuta stabile nel tempo. Questi elementi chiaramente fanno riflettere e sono un campanello d’allarme specialmente quando abbiamo di fronte una malattia progressiva come la cardiopatia ischemica. Riguardando la gestione dei pazienti, dai dati dello studio si evidenzia che c’è ancora un ampio uso di metodiche diagnostiche sia invasive che non, spesso non supportate da evidenze. L’ampio uso non ragionato e routinario della rivascolarizzazione miocardica appare ad oggi ingiustificato ed estremamente costo sia per i pazienti che per il sistema sanitario e non sostenibile. Per questo il trattamento dell’angina stabile deve basarsi da una parte sulla prevenzione di un evento ischemico con modifiche delle abitudini di vita e il controllo dei fattori di rischio cardiovascolari e dall’altra parte i trattamenti per la gestione dei sintomi. Un algoritmo per l’ottimale gestione del trattamento sintomatico del paziente con cardiopatia ischemica cronica dovrebbe prevedere in prima linea la terapia b-bloccante (che ha dimostato di ridure la mortalità), e successivamente la terapia con Ranolazina e Ivabradina e per ultima l’opportunità di inserire in terapia i nitrati ed i calcio antagonisti (ancora tropo utilizzati). Dobbiamo comunque considerare che una strategia conservativa a volte non è inferiore ad un atteggiamento interventistico e non per questo deve essere sottovalutata. La rivascolarizzazione non ha mai dimostrato di migliorare la sopravvivenza nella CAD stabile ed è un’alternativa alla terapia antianginosa non un’alternativa alla terapia medica ottimizzata.