INCONTRO CON L’ESPERTO
DALL’EPIDEMIOLOGIA ALLA STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO DELL’EMBOLIA POLMONARE

di Francesca Terzi

Il Moderatore, Dr Michele Massimo Gulizia ha introdotto la sessione presentando la Dr.ssa Maria Cristina Vedovati che ha relazionato riguardo l’Epidemiologia dell’embolia polmonare in Italia. Il tromboembolismo venoso (trombosi venosa profonda ed embolia polmonare) è la terza causa di morte cardiovascolare dopo l’infarto miocardico e l’ictus. Gli studi, negli ultimi 20 anni, hanno documentato una tendenza all’aumento dell’incidenza annuale di embolia polmonare (tale incidenza aumenta nelle donne in età fertile e con l’avanzare dell’età) e una riduzione della mortalità correlata ad essa.

Tra le spiegazioni di questo trend ci sono: un aumento dell’efficacia delle strategie di prevenzione e di terapia, un miglioramento della consapevolezza del clinico ed un’aumentata disponibilità della TC del torace. Gli eventi idiopatici rappresentano il 25-40% degli eventi totali. La prevalenza dell’embolia polmonare risulta essere diversa nelle varie aree geografiche probabilmente perché gli algoritmi diagnostici sono diversi.

In Italia è stato documentato un incremento dell’incidenza per età ed un incremento dei casi nel tempo a fronte di una riduzione degli eventi morte che comunque si attesta ancora essere intorno al 10%. Nel “Vitae study” (Venous thromboembolism in Europe) solo il 7% dei Pazienti morti per tromboembolismo venoso hanno ricevuto una diagnosi e sono stati trattati per la patologia ante-mortem; si conferma pertanto l’importanza della terapia di profilassi nel Paziente a rischio, soprattutto se ospedalizzato.

Il registro italiano IPER (Clinical features and short term outcomes of patients with acute PE The Italian Pulmonary Embolism Registry) ha documentato una mortalità intraospedaliera legata ad embolia polmonare pari al 6-7%; sono stati identificati come fattori predittivi indipendenti per mortalità intraospedaliera un’età superiore a 75 anni, l’immobilizzazione superiore a tre giorni, la presenza di cancro in anamnesi, il trauma e la chirurgia (11 e 15% rispettivamente).

Lo studio COPE (Contemporary clinical management of acute pulmonary embolism), promosso dall’Università degli Studi di Perugia insieme alla Fondazione per il Tuo Cuore ONLUS di ANMCO è uno studio multicentrico, nazionale, osservazionale che ha raccolto dati sulla attuale gestione clinica in Italia dei pazienti con embolia polmonare. Sono stati complessivamente arruolati 5213 pazienti, seguiti in follow-up fino a 30 giorni dalla diagnosi di embolia polmonare per raccogliere i dati relativi all’outcome clinico. Tali dati ci consentono di valutare l’attuale pratica clinica, l’adesione alle Linee Guida internazionali, l’utilizzo dei nuovi farmaci antitrombotici e le strategie di diagnosi e stratificazione del rischio. Rispetto a quanto emerso nel registro IPER è stata documentata una riduzione della chirurgia come fattore di rischio (circa 7%) secondario probabilmente ad un miglioramento della terapia di profilassi in questa categoria di Pazienti.

Dal 2019 è stato documentato un netto aumento della mortalità per embolia polmonare legata all’infezione da COVID.

Siccome la mortalità correlata con l’embolia polmonare aumenta con l’aumentare dell’età la necessità di gestire e diagnosticare questa patologia in una società con un numero sempre maggiore di persone anziane è destinato ad aumentare nel tempo.

Il Dr Nino Camassa ha relazionato riguardo il management terapeutico nelle diverse categorie di rischio clinico dell’embolia polmonare.

La gestione dei pazienti con embolia polmonare deve tenere conto della stratificazione del rischio di mortalità ospedaliera che utilizza l’instabilità emodinamica per l’identificazione precoce dei soggetti ad alto rischio.

Nei soggetti non ad alto rischio, si rende necessaria un’ulteriore distinzione tra pazienti a rischio intermedio e pazienti a basso rischio. Tale distinzione viene ottenuta attraverso score clinici come il Pulmonary Embolism Severity Index (PESI) che risulta “0” nella sua versione abbreviata (sPESI) solo nei soggetti a basso rischio. I pazienti a rischio intermedio vengono quindi distinti in rischio intermedio-alto in caso di disfunzione ventricolare destra e incremento dei livelli di troponina o rischio intermedio-basso in caso di positività di uno o nessuno dei due parametri sovra-citati. Nei pazienti a basso rischio dove non è presente né un rialzo del PESI/sPESI né disfunzione ventricolare destra all’ecocardiogramma è possibile prendere in considerazione la dimissione precoce. La strategia terapeutica dell’embolia polmonare acuta deve tenere conto delle fasi di stratificazione del rischio di mortalità ospedaliera in modo da utilizzare le risorse disponibili in base alla loro efficacia e agli effetti collaterali che comportano. Nei soggetti ad alto rischio viene raccomandata la terapia di riperfusione tramite trombolisi sistemica. In caso di controindicazioni alla trombolisi sistemica possono essere adottati sia l’embolectomia chirurgica sia l’embolisi percutanea con cateteri. Questa tecnica permette di utilizzare il farmaco a dosaggio ridotto rispetto a quello somministrato per via sistemica. C’è inoltre la possibilità di utilizzare in associazione l’ausilio di un catetere ad ultrasuoni che hanno la capacità di disgregare le molecole di fibrina e di renderle più sensibili alla trombolisi.

Il Paziente con infezione da COVID ha un rischio di embolia polmonare molto aumentato rispetto alla popolazione generale, tale rischio è basato sul verificarsi di danno endoteliale ed alveolare con conseguente microtrombosi intravascolari. Il dosaggio del d-dimero in questa situazione oltre ad avere una valenza diagnostica, ha anche una valenza prognostica. Il Padua score è uno score di rischio di eventi trombotici per il Paziente ospedalizzato ed è stato utilizzato per la gestione del Paziente con infezione da SARS-COV 2. Pazienti con uno score basso possono essere gestiti a domicilio senza terapia specifica mentre quelli con uno score superiore o uguale a 4 necessitano di terapia eparinica a dosaggio profilattico o terapeutico.

Il Paziente con embolia a basso rischio ha una mortalità pari all’1% a 30 giorni e può essere trattato a domicilio. Si tratta di Pazienti stabili da un punto di vista emodinamico, con normale funzione ventricolare destra all’ecocardiogramma, normali valori di troponina e di NT-proBNP. Per assicurare la sicurezza della terapia, prima della dimissione è necessario escludere sanguinamenti recenti e la presenza di piastrinopenia significativa.

Una categoria di Pazienti particolare è quella dei Pazienti con cancro attivo. Dopo un trattamento con eparina a basso peso molecolare per almeno cinque giorni ad oggi è stata dimostrata l’efficacia e la sicurezza dei farmaci anticoagulanti orali non vitamina K dipendenti.

 

Francesca Terzi