INCONTRO CON L’ESPERTO
LA CARDIOLOGIA INTERVENTISTICA CORONARICA

di Nicolina Conti
Incontro con gli esperti su tematiche attuali in ambito di trattamento delle lesioni non culprit e delle CTO; controversie in Sala di Emodinamica: come comportarsi tra evidenze e incertezze.

Si è svolto nella Sala della Marina un proficuo incontro con gli esperti in ambito di Cardiologia Interventistica. La sapiente moderazione del Dott. Gabriele Gabrielli ha guidato la Sessione che si è incentrata su due tematiche attuali e controverse: il trattamento delle lesioni non “culprit” e delle occlusioni coronariche totali (“CTO”).

Il primo a scendere in campo è stato il Dott. Francesco Vigorito, che ha affrontato la spinosa questione del trattamento delle lesioni non culprit. Il 50% degli STEMI ha una malattia multivasale e come dimostrato dallo Studio CADILLAC questi pazienti hanno una prognosi sfavorevole con mortalità a 1 anno più che raddoppiata e minore probabilità di buona risposta alla terapia riperfusiva. Ma come procedere in questi casi? Lo Studio COMPLETE ha finalmente dato una risposta alla questione dimostrando al follow-up a 3 anni una riduzione della morte cardiovascolare e degli IMA nel braccio sottoposto a rivascolarizzazione completa, risultato influenzato soprattutto dalla riduzione degli infarti. Questo risultato è già stato recepito dalle ultime linee guida americane che raccomandano la rivascolarizzazione completa in classe IA. Rimane aperto il dibattito su quando rivascolarizzare, considerando che i potenziali svantaggi e vantaggi del completamento durante la procedura indice. Su questo punto le linee guida americane indicano di procedere durante la stessa procedura se l’angioplastica primaria è stata efficace e se la lesione associata è semplice. Diverso potrebbe essere l’approccio nel caso di pazienti anziani o con IRC. Anche la valutazione delle stenosi non culprit intermedie nella fase acuta è gravata da limiti sia dal punto di vista della quantificazione anatomica che della valutazione funzionale, con rischio di sovrastima con IFR e sottostima con FFR. A questo proposito il Trial FLOWER-MI ha dimostrato che non vi è vantaggio nell’utilizzo di FFR nelle lesioni non culprit di grado moderato. Nel contesto dello shock cardiogeno invece la situazione si è rivelata opposta: nel Trial CULPRIT-SHOCK si è dimostrata superiore la rivascolarizzazione della sola lesione culprit per evitare di sottoporre questi pazienti critici a procedure più lunghe e con utilizzo di elevate dosi di mdc. Curioso notare come nel 2012 le conclusioni di una presentazione con lo stesso titolo sarebbero state completamente opposte!

Al Dott. Guido Belli è toccato invece chiarire la gestione delle CTO, che sono presenti nel 25-30% dei pazienti con coronaropatia. Negli ultimi anni si è assistito a un importante progresso tecnologico e alla maturazione della curva di apprendimento di operatori super specializzati, che hanno raggiunto in media il successo procedurale in oltre il 90% dei casi. Un trattamento efficace è associato in diversi studi osservazionali al miglioramento dei sintomi e della funzione ventricolare sinistra, tuttavia, questo concetto non è univoco in quanto in altri lavori l’insuccesso procedurale non è risultato predittivo di sopravvivenza né di miglioramento dei sintomi anginosi a spese di una mortalità che raggiunge il 10% in caso di perforazione. Sono stati condotti negli ultimi anni diversi RCT, con risultati non dirimenti. Nell’EXPLORE Trial non è emersa differenza nell’outcome dei pazienti con SCA se veniva trattata una CTO oltre alla lesione culprit. Nei pazienti non acuti, il REVASC Trial non ha mostrato beneficio sulla funzione ventricolare sinistra e il DECISION CTO nessuna differenza sugli outcome clinici o sui sintomi con il trattamento delle CTO. L’EURO CTO Trial sembra discostarsi mostrando un miglioramento dei sintomi senza differenze sugli hard endpoint clinici, ma forti limiti sono che la variazione dello score sintomatologico non risulta nettamente significativa e che nel gruppo trattato con CTO al basale vi erano pazienti con angina più severa (quota maggiore di CCS 4). È attualmente in corso l’ISCHEMIA CTO Trial, che potrebbe aiutarci a risolvere questi dubbi.

Per il momento sappiamo che le linee guida americane indicano in trattamento delle CTO in classe 2b se persiste angina refrattaria dopo il trattamento delle altre lesioni non CTO, con beneficio definito incerto. Cruciale in questi casi la discussione collegiale del singolo caso.

 

Nicolina Conti