Ha condotto la sessione “Incontro con l’esperto” su Leadership e genere la giornalista Barbara Capponi illustrando come uno degli obiettivi dell’agenda dell’ONU è l’abbattimento del gender gap, ed è anche uno degli obiettivi al punto numero 5 del piano nazionale di resilienza e resistenza (PNRR), che identifica il genere femminile come energia positiva per la ripresa del nostro paese post Covid. La media delle lavoratrici di sesso femminile è inferiore a quello maschile, l’Italia è al 14 esimo posto per parità di genere.
Tanti studi dimostrano che una maggiore presenza delle donne ai vertici, nelle imprese, nell’ambito delle varie discipline, si riflette con una crescita del 2% del PIL. Nell’ambito della sanità il 75% del personale è donna, ma solo il 25% ha ruoli apicali, anche nel mondo non sanitario solo il 18% riesce a raggiungere ruoli apicali.
Esiste ancora un gender gap, con una scarsa progressione di carriera per le donne; la sessione propone una base per costruire nuovi modelli di leadership che vedano coinvolte in maniera paritaria le donne.
Il Dottor Trinchese, ricercatore della scuola superiore Sant’Anna, apre la sessione con una relazione sui modelli di leadership maschile/agentic e femminile/communal.
La teoria dei tratti dice che l’uomo ha un impostazione di assertività e competitività, mentre la donna ha una aspetto “communal” più adatto per ambienti collaborativi basati su empatia e coinvolgimento.
Uno recente studio scientifico/organizzativo su società sanitarie, ha dimostrato come al crescere di leader femminili si ha una riduzione dei tempi di degenza media. Inoltre nello studio hanno eseguito un sondaggio nelle Aziende Sanitarie della Regione Toscana, le donne hanno dichiarato di avere meno intenzione di cambiare sede lavorativa e azienda, con il risultato di essere più resilienti degli uomini.
Un successivo studio scientifico ha valutato l’innovazione tecnologica e l’innovazione organizzativa, gli uomini sono più legati alla tecnologie mentre le donne sono più coinvolte nella organizzazione.
In ambito sanitario italiano le statistiche mostrano che il 70% dei dirigenti è donna, ma solo il 25% ha ruoli apicali, esiste anche una distribuzione diversa: percentuali minori al Sud di donne dirigenti 20-29% rispetto al 40% del Nord.
Il Dottor Trinchese ha poi illustrato dei dati toscani, raccolti attraverso una collaborazione con ANAO ASSOMED, che hanno dimostrato come implementando la percentuale di donne dirigenti con leadership pari al 45%, quasi parità di genere, in una AUSL modello sia cresciuto poi il PIL.
Dall’analisi del PIL pro-capite diviso per genere in Italia, le regioni che hanno una percentuale donna dirigente hanno un PIL pro-capite più alto.
La Dottoressa Roberta Rossini ha iniziato la sua relazione parlando di numeri del 2019 sulle donne in sanità: il 44% dei dirigenti medici è donna, il 16% direttori di struttura semplice ed il 6% direttori di struttura complessa; in base ai dati aggiornati al 2024 solo il 9% dei primari è donna. In America esiste un gap retributivo tra uomini e donne che, a parità di condizioni, è di circa 40.000 dollari, si stima che serviranno circa 130 anni per eliminare questo gender gap.
Alla domanda della Capponi “a chi è imputabile il gender gap?” la Dottoressa Rossini, premettendo che è difficile dare una risposta, risponde che sarebbe meglio essere giudicate per ciò che le donne fanno e non per ciò che sono, in fondo spesso se una donna ha “carattere” ha un brutto carattere, se l’uomo ha carattere è un uomo di carattere come valore aggiunto.
Una donna che si laurea in medicina ha portato dei nuovi modelli di stili di vita, nella famiglia tradizionale, con gravidanze ad età sempre più avanzata rispetto al precedente over 35 anni, e non esistono modelli riconosciuti.
Il primo modello per la Dottoressa Rossini è credere nel valore dell’ambizione al potere, non solo caratteristica degli uomini, e poi dimostrare resistenza e resilienza al raggiungimento dell’obiettivo, senza mutuare il modello maschile, creando un proprio modello, ma sottolineando anche l’importanza di utilizzare il termine direttrice e non direttore.
La parola poi è passata alla Dottoressa Giovanna Geraci che è l’unica donna attualmente presente nel Consiglio Direttivo ANMCO per il resto composto da soli uomini, che ha mostrato i dati di una survey dell’ANMCO rivolta alle 1.812 iscritte. La survey ha ricevuto 480 risposte, solo il 14% di chi ha risposto ha una alta specialità e ancora meno sono i Direttori di unità. La percentuale maggiore (66%) svolge attività ambulatoriale, sta crescendo sia all’estero che in Italia il numero di donne emodinamiste. Nei risultati della survey il 70% delle donne ha pubblicato 5 articoli su pubmed e il 58% è soddisfatta del lavoro, il 45% poco soddisfatta della sua carriera, solo 8% sono Direttori di dipartimento, il 37,4% delle donne non ha figli, e alla domanda se “sembra di aver subito discriminazioni” il 50% risponde in maniera affermativa. Sicuramente potrebbe essere importante per chi vuole intraprendere la carriera dirigenziale avere delle mentori, quelle donne che hanno fatto da apripista ricoprendo per prime ruoli di responsabilità, potrebbero essere delle guide per avere un modello organizzativo di riferimento.
Alla domanda della Capponi se “del proprio percorso professionale cambierebbe qualcosa?” la Dottoressa Geraci ha risposto di no, sottolineando quanto sia importante avere autostima e sicurezza in se stesse e nelle proprie capacità.
La sessione poi si conclude con l’intervento della Dottoressa Maria Teresa Manes a cui la Capponi chiede che differenza c’è tra leadership e manager.
Partendo dal decreto legge che ha posto attenzione alla riorganizzazione sanitaria, la Manes ha definito la leadership come la capacità di influenzare il pensiero spontaneo e motivare i collaboratori guardando al futuro, mentre il manager svolge compiti organizzativi e si focalizza sulla gestione di sistemi e strutture complesse, avendo dei sottoposti e con la responsabilità di dare risposte contingenti.
Esistono nuovi modelli di leadership tra cui quello trasformazionale, la leadership femminile è empatica, fa gruppo con un modello a rete ed è generalmente antitetico a quello piramidale maschile.
Il leader trasformazionale deve motivare il gruppo, creare rete e gruppo; lei stessa è riuscita in questo in una piccola provincia a capo di una struttura complessa dove ha cercato di valorizzare ogni collaboratore nella sua posizione.
La Capponi infine chiede alla Dottoressa Manes come può modificare l’intelligenza artificiale il gender gap, “Può aumentarlo o può essere vista come una sfida o un’opportunità?”
Nel mondo reale pochissime donne si occupano di intelligenza artificiale, anche se guardando indietro nella storia Ada Byron Lovelace è considerata una delle prime menti dell’informatica moderna (nel 1843 scrive il primo programma per computer). In realtà solo il 14% delle autrici donne pubblica articoli sull’intelligenza artificiale, solo il16% si occupa del campo dell’intelligenza artificiale (IA) e solo il 17% si interessa di IA.
L’incontro si conclude con 3 riflessioni importanti da parte delle tre relatrici:
- le donne devono prendere parte attiva al processo di implementazione delle tecnologie di intelligenza artificiale per saperle governare,
- è importante per le donne mettersi in gioco, non accontentarsi e sentirsi libere nella loro realizzazione,
- la cardiologia di genere vuol essere una sfida per prossimo futuro, creando un canale innovativo di sostegno alle donne cardiologhe italiane nel loro percorso di carriera.