Il documento intersocietario ANMCO – SIC, un percorso condiviso per i pazienti con miocardite

di Gemma Filice

In questa sessione è stato presentato il Documento di Consenso di esperti dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e della Società Italiana di Cardiologia (SIC), il Simposio è stato moderato dal Dott. Manlio Cipriani.

Ad aprire la sessione è il Dott. Enrico Ammirati con una esaustiva trattazione delle red flags per la diagnosi. La valutazione, che frequentemente avviene in Pronto Soccorso, deve iniziare con i parametri vitali in quanto bassi valori pressori, tachicardia o bradicardia marcata sono indicatori di rischio aumentato e di rapida progressione verso l’instabilità emodinamica.

L’elettrocardiogramma nell’80-85% dei casi è anormale. Agli gli esami di laboratorio si riscontra un’alterazione dei biomarker. L’emocromo invece può dare delle informazioni sull’eziologia della malattia. I dati ecocardiografici suggestivi di miocardite possono essere la presenza di pareti ispessite, una normale ecogenicità, una lieve ipocinesia segmentale, la disfunzione diastolica ed un versamento pericardico. Nel 25% dei casi la frazione di eiezione è ridotta ed è un marker di prognosi sfavorevole.

Altri esami che possono essere richiesti sono la coronarografia al fine di escludere la malattia coronarica, la biopsia endomiocardica che deve essere riservata ai soggetti ad aumentato rischio, le colorazioni immunoistochimiche che possono dare un’ulteriore conferma della diagnosi. La Risonanza Magnetica è uno strumento diagnostico non invasivo capace di caratterizzare il tessuto miocardico identificando l’infiammazione e la fibrosi. Da questo esame possiamo ottenere delle red flags: la ridotta funzione cardiaca, un esteso late gadolinium enhancement.

Il Documento intersocietario ANMCO – SIC propone un percorso fondato sulla stima del rischio. Le red flags che guidano dalla diagnosi alla stratificazione prognostica sono: i sintomi, la frazione di eiezione, i livelli di Troponina, la presenza di aritmie, blocco atrioventricolare, malattie autoimmuni, fattori scatenanti.

La presenza di questi fattori permette di identificare i pazienti ad alto rischio e guida il successivo eventuale approfondimento diagnostico con la biopsia endomiocardica e il trasferimento in un’area intensiva dove sia possibile gestire le complicanze.

Possiamo avere tre scenari di miocardite acuta, una forma non complicata a basso rischio, una complicata caratterizzata dalla presenza di scompenso cardiaco o sincope ed una complicata fulminante. Per ogni forma sono stati descritti i principali sintomi e riscontri e la gestione diagnostico-terapeutica.

Il management della miocardite si incentra sulla stratificazione del rischio e sulla prognosi, questi temi sono stati affrontati dal Dott. Marco Merlo.

Al fine di stratificare il rischio in modo accurato è necessaria una valutazione multiparametrica. Le forme di miocardite possono essere molto diverse a seconda dell’eziologia, ciascuna ha un diverso profilo di rischio e richiede pertanto una diversa gestione. Di conseguenza è necessario partire dal sospetto clinico e successivamente considerare gli esami diagnostici fino ad arrivare ad una classificazione eziologica.

Ad esempio, la sarcoidosi cardiaca ha un rischio globale e aritmico che può essere caratterizzato con la Risonanza Magnetica e può necessitare di una terapia immunosoppressiva e dell’impianto di un defibrillatore. Nel paziente con miocardite gigantocellulare la prognosi è severa. In un’alta percentuale di casi abbiamo una forma linfocitaria probabilmente indotta da virus caratterizzata da una grande variabilità clinica.

Come stratificare il rischio nelle forme complicate di miocardite che sono quelle gravate da una prognosi più severa? Quali pazienti risponderanno alla terapia? Come interagisce l’autoimmunità con la genetica? Questi sono temi di grande attualità ancora da esplorare. Serviranno ulteriori studi per rispondere a queste domande e creare degli score multiparametrici, per il momento dobbiamo sostanzialmente basarci sul grado di derangement ventricolare.

Le raccomandazioni sulla terapia sono state illustrate dal Prof. Gianfranco Sinagra. La scelta della terapia nella miocardite deve essere guidata da tre elementi fondamentali: la presentazione clinica del malato, la gravità di esordio, il sottotipo istopatologico. Il dolore toracico si tratta con i FANS in particolare in assenza di disfunzione ventricolare. Lo scompenso cardiaco si tratta con la terapia convenzionale. Nelle aritmie sopraventricolari o ventricolari con disfunzione ventricolare si utilizzano amiodarone e betabloccanti mentre nelle aritmie senza disfunzione ventricolare si utilizzazione betabloccanti o sotalolo.

Il sottotipo istopatologico orienta le scelte terapeutiche, i dati disponibili derivano da studi osservazionali e da analisi retrospettive ma non da solidi studi controllati. Nei casi più impegnativi bisogna conoscere l’istopatologia perché aiuta a definire il substrato in modo da potere scegliere l’approccio terapeutico ritenuto più appropriato al momento. L’immunoistochimica è un ulteriore elemento che può essere di supporto nella scelta del trattamento.

Il Prof. Sinagra ha quindi affrontato i temi del trattamento con farmaci antivirali e dell’assistenza meccanica al circolo in pazienti selezionati ed ha presentato i protocolli terapeutici da utilizzare in rapporto al sottotipo istopatologico individuato tramite la biopsia miocardica. Nel Documento intersocietario presentato è stata efficacemente affrontata anche la problematica del rischio aritmico alla luce della letteratura scientifica.

Come organizzare il follow-up post-dimissione? La relazione del Dott. Massimo Imazio ha risposto a questa domanda. Lo spettro di presentazione clinica ci permette di classificare i pazienti in base al profilo di rischio e condiziona la prognosi e il follow-up. La presentazione clinica può variare da forme pseudo-infartuali con dolore toracico e funzione ventricolare sinistra conservata che generalmente hanno una buona prognosi ed un basso rischio, a forme aritmiche con prognosi intermedia, a forme caratterizzate da criteri di alto rischio che hanno la prognosi peggiore. Esiste infine una zona grigia con un rischio intermedio che non è precisamente quantificabile. È stato quindi presentato il modello di pianificazione del follow up proposto dal Documento intersocietario.

Nella pratica clinica circa un terzo dei pazienti con pericardite ha un concomitante coinvolgimento miocarditico ed una buona prognosi. Le Linee Guida ESC 2015 sulle malattie del pericardio distinguono due forme di pericardite con associata miocardite: la miopericardite che è caratterizzata da una funzione biventricolare conservata e una normale cinetica, in questo caso il trattamento ed il follow-up sono simili a quello di una pericardite; la perimiocardite che è caratterizzata da alterazioni della cinetica e/o disfunzione ventricolare, in questo secondo caso il trattamento ed il follow up sono più simili a quelli di una miocardite.

Le forme a basso rischio in genere hanno una buona prognosi; tuttavia, esistono delle red flags che ci permettono di individuare un possibile decorso complicato: la familiarità per cardiomiopatia aritmogena o per morte improvvisa, un late gadolinium enhancement esteso, un andamento ricorrente, la presenza di aritmie, l’aumento della Troponina.

 

Gemma Filice