FOCUS SINDROME DI BRUGADA

di Antonella Spinelli
Le novità delle linee guida. Approfondimento dei casi di diagnosi dubbia

L’odierna sessione è stata introdotta dal Dott. Lavalle che ha sottolineato l’importante novità delle ultime linee guida nella diagnostica della Sindrome di Brugada, la genetica. In circa il 20% dei pazienti affetti da Sindrome di Brugada c’è una positività dei test genetici. Il gene SCN5A è l’unico gene con evidenza di associazione ai fini dei test clinici. Nelle famiglie con mutazione del gene SCN5A si riscontra una mancata corrispondenza tra fenotipo e genotipo, spiegata dagli effetti variabili della gravità della mutazione e all’interazione mutazione-polimorfismi. Per sottolineare l’importanza della genetica, le attuali linee guida ESC raccomandano di eseguire il test in classe di raccomandazione I, livello di evidenza C sia nei pazienti con diagnosi esplicita che nei casi dubbi. Ha successivamente preso la parola il Dott. Mameli specificando nei dettagli l’attuale definizione di Sindrome di Brugada, che si basa sulla comparsa del pattern ECG tipico “coved type” spontaneo o dopo induzione di test provocativi con farmaci Ic, caratterizzato da un innalzamento del punto J di 2 mV con innalzamento del tratto ST e inversione dell’onda T in almeno una derivazione precordiale destra, V1 o V2, posizionata nel secondo, terzo o quarto spazio intercostale. Tuttavia, la provocazione con farmaci o febbre è meno specifica di quanto si pensasse in precedenza, con una prevalenza del 2-4% nei soggetti sani e una prevalenza più alta nei pazienti con tachicardia da rientro del nodo AV o con una via accessoria. Al tal proposito secondo gli esperti, la diagnosi di Sindrome di Brugada in presenza di un pattern tipo 1 indotto farmacologicamente deve richiedere la presenza di altri elementi clinici di grande impatto, quali una sincope aritmica, una documentata TV polimorfa, una fibrillazione ventricolare o una storia familiare di MCI all’età < 45 anni con autopsia negativa. Quindi alla domanda quando proporre il test farmacologico nei casi di pattern ECg di tipo 2 e 3, la risposta è se il paziente è sopravvissuto a un arresto cardiocircolatorio, ha avuto degli episodi di sincope aritmica, ha una storia familiare di Sindrome di Brugada o ha una familiarità per morte cardiaca improvvisa < 45 anni, sospetta per Sindrome di Brugada. Il Dott. Mameli ha proseguito accennando al ruolo che riveste attualmente lo studio elettrofisiologico (SEF) per la stratificazione del rischio aritmico. Ancora oggi il ruolo del SEF endocavitario rimane controverso e viene riportato che può essere considerato solo in pazienti asintomatici con pattern tipo 1 spontaneo (classe di raccomandazione IIb e livello di evidenza B). L’induzione di FV al SEF risulta essere un fattore prognostico negativo. L’impianto di un loop recorder è da prendere in considerazione solo in pazienti con sincope inspiegata e non viene assolutamente considerato in pazienti asintomatici. L’ablazione transcatetere in pazienti asintomatici viene riportata in classe III, sottolineando pertanto come in questi soggetti non sia utile né efficace e potenzialmente dannosa. Secondo le ultime linee guida ESC l’impianto di ICD ha una classe di raccomandazione I con evidenza (I C) in pazienti che sono sopravvissuti ad un arresto cardiaco e/o documentazione di TV sostenuta, storia di sincope (IIa C) o in chi ha avuto induzione di FV al SEF (IIb C).

 

Antonella Spinelli
Antonella Spinelli