FOCUS IL SOLITO DUBBIO: FORAME OVALE PERVIO

di Carlo Barsali

Apre la discussione la dottoressa M. Chiarandà che focalizza gli aspetti generali sul PFO.

Il forame ovale pervio (PFO) è costituito da una soluzione di continuità nel setto interatriale, situata tra il sottile Septum Primum a forma di valvola e il Septum Secundum, di forma anulare, più rigido e spesso. Insieme al Dotto Arterioso, il PFO consente il flusso di sangue dal cuore destro al cuore sinistro nella circolazione fetale. Nel 75% della popolazione esso si chiude alla nascita mentre nel 25% può rimanere pervio. La relatrice afferma che si tratti più una variante anatomica che di una condizione patologica ed esistono diverse classificazioni delle varie varianti anatomiche. Di solito lo shunt da sinistra a destra attraverso il PFO è banale e non emodinamicamente significativo, e non necessita di alcun trattamento. Tuttavia, in alcuni casi i PFO possono causare uno shunt da destra a sinistra che può determinare, a sua volta, un’embolia paradossa con conseguente sviluppo di eventi ischemici cerebrali e periferici.

Esistono infatti alcuni PFO, definiti “Complex PFO”, secondo caratteristiche morfologiche (tunnel lungo >8 mm, molteplici aperture nell’atrio sinistro, aneurisma settale…), che sembrano avere una maggior correlazione con eventi ischemici cerebrali e che potrebbero quindi necessitare di una chiusura del difetto se associati ad una clinica eloquente.

È quindi necessaria una corretta valutazione delle caratteristiche anatomiche complesse di un PFO per ottenere una stima corretta del profilo di rischio di eventi avversi.

La sessione si conclude con la relazione del Dott. Rigatelli che illustra le indicazioni sulla chiusura del PFO.

In particolare, a chi proporre la chiusura transcatetere e dopo quanto tempo dall’evento indice può essere possibile realizzarla.

La procedura deve sostanzialmente essere proposta a pazienti con evento ischemico cerebrale o con sindromi PFO correlati extracerebrali. Nei pazienti con evento ischemico cerebrale si deve aver escluso la storia di fibrillazione atriale, mediante monitoraggi telemetrici di durata più o meno lunga, e si deve aver valutato la presenza di shunt destro sinistro con l’ecocardiogramma trans cranico (1° livello) e gli eventuali elementi di gravità del PFO con l’ecocardiogramma transtoracico (2° livello).

Va quindi valutato il paziente e se l’evento ischemico è PFO relato. In letteratura stanno sorgendo nuove evidenze di come il PFO possa aumentare il rischio di insorgenza di ischemie cerebrali come, ad esempio, attraverso lo studio di fluidodinamica computerizzata che ha dimostrato una minor energia cinetica e vorticosità, e quindi una maggior possibilità di formazioni trombotiche, in pazienti con shunt permanente rispetto a quelli con shunt medio-lieve.

Nei pazienti con sindromi PFO correlati si deve invece provvedere alla chiusura del difetto quando sia stata dimostrata la presenza della sindrome stessa.

Ma quando va effettuata la procedura?

Secondo il consensus il tempo minimo di valutazione è di 6 mesi, in quanto deve essere escluso in questo tempo la presenza di FA o dell’embolismo valvolare.

In conclusione, il relatore definisce quello che è il paziente perfetto per la chiusura percutanea del PFO e questo è: di età <60 anni, in terapia con aspirina, con storia di ICTUS, senza fattori di rischio cardiovascolari, con emicrania con aurea, con sindrome da Platipnea ortodeossia o embolismo polmonare.

Carlo Barsali
Carlo Barsali