FOCUS FIBRILLAZIONE ATRIALE E CANCRO

di Ilaria Garofani
Una sessione sulla difficile stratificazione e gestione del rischio trombo-emorragico del paziente oncologico. La patologia oncologica frequentemente si associa a un incremento del rischio trombotico ed emorragico, per le caratteristiche intrinseche del cancro e del paziente, oltre che per gli effetti delle terapie antineoplastiche. In questo focus si è tentato d’illustrare come gestire al meglio questo complesso argomento.

Diamo il via a questa seconda giornata di lavori con l’interessante e frequentatissimo focus sulla gestione del rischio tromboembolico nel paziente oncologico.

Ad aprire la sessione è stato il Dottor Banzato, che ha ricordato i meccanismi fisiopatologici alla base dell’aumentato rischio tromboembolico ed emorragico nel paziente oncologico. Tali pazienti, infatti, presentano frequentemente un aumentato rischio trombotico ed emorragico, legato a caratteristiche intrinseche del cancro, quali la sede e l’istologia, alla presenza di trombocitopenia e di altri difetti della coagulazione e alle caratteristiche del paziente, come la presenza di comorbilità associate. Tutti questi fattori possono rendere l’anticoagulazione di questi malati piuttosto complessa.

Proprio di questo argomento si è occupato l’intervento del Dottor Paccone, che ha sottolineato come la stratificazione del rischio tromboembolico nel paziente oncologico necessiti di un approccio multiparametrico, che vada oltre i classici score di rischio e che tenga conto anche del contributo derivante dalla presenza della malattia oncologica e dagli effetti delle terapie antineoplastiche. A tal proposito, è stato evidenziato come gli score normalmente applicati per la valutazione del rischio tromboembolico ed emorragico nei pazienti con fibrillazione atriale (FA), quali l’HAS-BLED e il CHA2DS2-VASc, possano sovrastimare o sottostimare il reale rischio nel paziente oncologico con FA. Di conseguenza, i punteggi ottenuti non vanno considerati individualmente, ma inseriti in una valutazione globale del paziente per poter prendere una decisione davvero personalizzata. Su questo aspetto, le linee guida europee di cardio-oncologia vengono in aiuto, fornendo un elenco delle principali caratteristiche da considerare nell’assesment del rischio trombo-emorragico.

Per quanto riguarda le terapie farmacologiche a disposizione, non si è parlato solo di DOAC ed eparina a basso peso molecolare, rispettivamente prima e seconda scelta per l’anticoagulazione di questi pazienti, ma nella sua brillante presentazione, il Dottor Tedeschi si è soffermato anche sulle ultime novità, presentando i promettenti dati derivanti dai trial sull’utilizzo degli inibitori del fattore XI. Tali farmaci hanno infatti dimostrato potenziale per la prevenzione di eventi tromboembolici, con un rischio ridotto di sanguinamento rispetto agli anticoagulanti tradizionali, agendo solo sul processo trombotico, ma non sull’emostasi. I risultati ottenuti finora nei trial condotti suggeriscono che gli inibitori del FXI potrebbero rappresentare una svolta nel trattamento e nella prevenzione delle malattie tromboemboliche, fornendo un’opzione più sicura per i pazienti a rischio di eventi trombotici e di sanguinamento. Tuttavia, è necessaria ulteriore ricerca, inclusi studi di fase III su larga scala, per confermare questi risultati, determinare la sicurezza e l’efficacia a lungo termine di questi nuovi farmaci e comprendere se i risultati ottenuti possono essere traslabili sui pazienti oncologici.

È stato inoltre sottolineato come, nonostante le scarse evidenze a supporto, l’opzione di chiusura percutanea dell’auricola sinistra possa rappresentare una valida alternativa per i pazienti con controindicazione all’anticoagulazione per l’elevato rischio emorragico.

A conclusione della stimolante sessione, la Dottoressa Fiscella ha brillantemente approfondito la gestione del tromboembolismo venoso nel paziente oncologico. In particolare, è stato sottolineato quanto sia importante la gestione del tromboembolismo venoso in questi pazienti, in quanto seconda causa di morte nei pazienti oncologici, oltre che di aumentato tasso di ospedalizzazione. Per quanto riguarda il trattamento della fase acuta, i DOAC sono da considerarsi la prima scelta, in particolare rivaroxaban, apixaban ed edoxaban, nei pazienti a basso rischio emorragico. In caso di alto rischio, invece, è da preferire l’eparina a basso peso molecolare.

Per la profilassi primaria nel paziente ambulatoriale, viene nuovamente ribadita l’importanza di stratificare il rischio del paziente, avvalendosi anche di score di rischio, quali il Khorana score. Anche in questo contesto, i farmaci da preferire sono i DOAC, in particolare Rivaroxaban e Apixaban, al dosaggio rispettivamente di 10 mg/die e 2,5 mg/bid.

 

Ilaria Garofani
Ilaria Garofani