Focus “Coagulazione e sindrome coronarica acuta”

Gianluigi Saponara

Per infarto miocardico giovanile si intende un evento coronarico in soggetti al di sotto dei 45 anni, che dai dati epidemiologici rappresenta circa il 3% degli infarti in Italia. Un infarto in una persona giovane e senza apparenti fattori di rischio ci pone l’interrogativo sulla presenza o meno di condizioni geneticamente determinate o acquisite di trombofilia. In base a uno studio condotto su 121 pazienti sotto i 45 anni colpiti da infarto è stata riscontrata una mutazione dei fattori della coagulazione in 46 soggetti: nel 47% deficit della proteina C, nel 28% deficit della proteina S, nel 10% mutazione del fattore V, nel 13% più di un difetto associato. La mutazione del gene del fattore V in eterozigosi aumenta il rischio di 3 volte, in omozigosi da 50 a 80 volte. Non ha alcuna valenza clinica la mutazione MTHFR. Altri piccoli studi hanno confermato nel paziente giovane senza fattori di rischio cardiovascolare una prevalenza vicina al 50% di mutazione dei fattori della coagulazione, inoltre la presenza di fattori di rischio cardiovascolare, sia negli uomini che nelle donne aumentava esponenzialmente il rischio di eventi. Il soggetto giovane con infarto ha quindi una prevalenza molto maggiore di anomalie della coagulazione, esse aumentano grandemente il loro impatto se associate ai comuni fattori di rischio cardiovascolare e ricercarle serve a predire l’eventuale ricorrenza dell’evento nel soggetto e nei familiari; al momento attuale non ci sono evidenze che ciò possa modificare la strategia terapeutica. Le sindromi mieloproliferative croniche in Europa si verificano in 1,8 casi/100000 abitanti all’anno e la manifestazione ematologica più frequente è la piastrinosi. Spesso l’esordio clinico è la trombosi vascolare, nella maggior parte dei casi infarto del miocardio con maggiore incidenza di malattie multivasali e trombosi di stent; la presentazione emorragica è più rara. Tali patologie, inoltre, presentano il 33,6% di rischio di ricorrenza di eventi trombotici e per tale motivo alla terapia convenzionale va associata quella citoriduttiva con idrossiurea o anagrelide. Per piastrinopenia si intende una conta piastrinica inferiore a 150.000/mm3; si definisce clinicamente rilevante se inferiore a 100.000/mm3. Spesso in corso di sindrome coronarica acuta si riscontra piastrinopenia, che può essere antecedente all’evento acuto e conseguente allo stesso. La presenza di piastrinopenia pre-SCA rappresenta un marcatore indipendente di prognosi e recidiva di eventi, senza aumento del rischio di sanguinamento. La piastrinopenia in corso di SCA invece spesso è multifattoriale sia per fattori farmacologici che conseguente alle cure intensive; una conta piastrinica inferiore a 100.000/mm3 presuppone di solito iperreattività piastrinica incrementando di 3-4 volte il rischio di ricorrenza di eventi, inoltre a differenza della forma preesistente si associa a maggiore incidenza di sanguinamenti maggiori.