FOCUS AMILOIDOSI CARDIACA: VECCHIA MALATTIA, NUOVE EVIDENZE

Giovanna Di Giannuario

Il Focus sull’amiloidosi si è aperto con la relazione del Professor Emdin che ha aperto i lavori descrivendo il coinvolgimento cardiaco nelle varie forme AL e ATTR wild type ed ereditaria. Ha illustrato sulla base del loro centro universitario e di lavori scientifici recentemente pubblicati le due forme di amiloidosi e la diversa caratterizzazione clinica e strumentale.

La forma di amiloidosi ATTR wild type è tipica degli anziani, è caratterizzata da ipertrofia, scompenso con FE preservata, mentre la forma AL si associa a malattie ematologiche, gammopatia monoclonale, MGUS e iperglobulinemia.

La caratterizzazione delle varie forme viene fatta con strumenti clinici, ECG (discrepanza con ipertrofia), imaging e marcatori bio-umorali. L’imaging con la risonanza magnetica e la PET (FDG18 ma anche traccianti nuovi per la ricerca di amiloide cerebrale) sta cercando di caratterizzare sempre più la fibrosi ed il danno tossico nello spazio extracellulare dell’amiloidosi, in modo da ridurre il numero di biopsie e poter identificare la patologia anche in fase preclinica.

Dell’imaging a 360° ha poi parlato nella sua relazione la Dott.ssa A. Moreo, che ha illustrato inizialmente le caratteristiche ecocardiografiche classiche dell’amiloidosi: l’ipertrofia, l’ispessimento del setto interatriale e degli apparati valvolari, il versamento pericardico, le alterazioni diastoliche di tipo restrittivo con ingrandimento atriale, la riduzione dei valori del GLS con il tipico pattern di apical sparing.

Successivamente ha illustrato l’utilizzo di altre metodiche di imaging quali la risonanza magnetica che, oltre alla ipertrofia miocardica, ci permette la caratterizzazione tissutale, sia con il mezzo di contrasto e la evidenza di late enhancement, sia la caratterizzazione dello spazio e del volume dello interstizio con i nuovi software T1 mapping. Sta assumendo un ruolo sempre più importante la PET con MBG per tracciare la denervazione cardiaca (di impatto prognostico importante) e l’uso di nuovi traccianti utilizzati in ambito neurologico che possono identificare l’infiltrazione miocardica. Le diverse modalità di imaging sono tra di esse complementari e permettono una corretta diagnosi se usate in maniera integrata.

Il Dott. Porcari ci ha parlato dell’utilità dei biomarcatori e della genetica nell’amiloidosi, sottolineando l’importanza dei primi nell’evidenziare il danno miocardico (troponina hs e proBNP) e la loro capacità di diagnosi precoce in fase preclinica attraverso il dosaggio delle catene leggere e del proBNP; non ultimo i loro livelli possono guidare la terapia farmacologica. Il test genetico serve per la diagnosi tra malattia acquisita ed ereditaria, può essere utile per identificare familiari affetti asintomatici, e può predire l’età di comparsa della malattia e la necessità di eseguire uno screening accurato. Sicuramente sia i biomarcatori che la genetica in maniera integrata sono utili per la diagnosi di malattia, per stabilire la prognosi e guidare la terapia.

Il Professor Rapezzi ha concluso il focus illustrandoci come per la prima volta i nuovi farmaci per l’amiloidosi hanno rappresentato il primo esempio di medicina di precisione e tailored al paziente, migliorando la prognosi in pazienti con scompenso cardiaco con FE conservata. La transtiretina è una proteina prodotta per il 98% dal fegato, che si trasforma in circolo da tetramero in monomeri, i quali poi si aggregano in fibrille che vanno a depositarsi negli interstizi dei tessuti. Da tali presupposti tanti anni fa si pensò inizialmente di sottoporre i pazienti a scopo terapeutico a trapianto di fegato ma la mortalità a 5 anni rimaneva alta (del 50%); in anni più recenti è nata l’idea di sopprimere la produzione della transtiretina silenziando il gene con RNA messaggero o sequenze non senso. Da tali presupposti sono nati i nuovi farmaci Patiseran e Inotersen.

Successivamente è stato testato un altro farmaco il Tafamids, capace di inattivare l’Amiloide circolate legandola; lo studio ATTR-ACT ha verificato la sua efficacia dimostrando una riduzione di mortalità totale del 30%.

Ovviamente è necessario aspettare alcuni mesi prima di poter vedere gli effetti di questi farmaci che hanno la capacità di rallentare la progressione della malattia e quindi allungare la prospettiva e la qualità di vita, riducendo le ospedalizzazioni in pazienti in classe NYHA I-II, mentre in classe III aumentano le ospedalizzazioni.

Nel futuro ci aspettano altri nuovi orizzonti terapeutici, in particolare gli anticorpi monoclonali in grado di far riconoscere la amiloide come non self dai macrofagi e di eliminarla dall’interstizio, ma che ancora in fase sperimentale presentano effetti collaterali notevoli.

Attualmente il farmaco di scelta nelle forme di Amiloidosi ATTR wt è il Tafamidis; nelle forme ATTR ereditarie dipende dal fenotipo isolato: se cardiaco è sempre il tafamidis, se misto o solo neurologico uno dei tre farmaci (Patisiran, Inotersen, Tafamidis).

Nel campo dell’amiloidosi ci aspettano sicuramente nuovi sviluppi sia in campo diagnostico che terapeutico.

Giovanna Di Giannuario