FOCUS CARDIOMIOPATIA DI FABRY: COSA È CAMBIATO A 20 ANNI DALL’INTRODUZIONE DELLA TERAPIA ENZIMATICA

di Giovanna Di Giannuario

Nella Sala del Borgo si è svolto un interessante Focus sulla Malattia di Fabry, una malattia per la quale solo da 20 anni è stato introdotto un trattamento farmacologico enzimatico sostitutivo, che oggi vede l’esistenza attuale di due farmaci di terapia sostitutiva enzimatica con infusioni ripetute endovenose ed un solo farmaco chaperonico per os. La Dottoressa Chimenti ha iniziato la sessione descrivendo la malattia, la sua eziopatogenesi e i test diagnostici disponibili per la diagnosi di malattia. La Malattia di Fabry è una malattia monogenica che coinvolge il cuore dovrebbe essere sospettata in tutte le CM ipertrofiche, la patogenesi va oltre il solo accumulo di GB3 e sono indipendenti dall’accumulo. E’ una malattia rara legata al cromosoma X si manifesta nei Maschi omozigoti o nelle Femmine eterozigoti (inattivazione skewed or not random del cromosoma X). Le donne carrier presentano manifestazioni cliniche che vanno dalla malattia asintomatica a quella estremamente grave in base alla diversa inattivazione del cromosoma X o > 900 mutazioni missense, nonsense, piccole inserzioni e delezioni, difetti in splicing = eterogeneità molecolare. Panetnica con Incidenza = 1 su 40.000 maschi è una malattia sottodiagnosticata e con una incidenza sottostimata.

A livello biochimico è una malattia da accumulo lisosomiale causata da deficit di attività dell’alfa-galattosidasi A, enzima preposto alla rimozione del terzo residuo di galattosio attaccato alla ceramide.

Senza questo enzima, il globotriaosilceramide (GB3/GL3) si accumula all’interno dell’endotelio vascolare, delle cellule muscolari lisce, delle cellule di cuore, reni, cervello e altri tessuti. La diagnosi dopo il sospetto clinico che può essere a volte internistico o nefrologico o cardiologico, prevede un test che avviene attraverso degli stick che possono far effettuare la diagnosi valutando la attività genetica, nelle donne con attività enzimatica ridotta la diagnosi va confermata poi con un esame genetico. Gli esami diagnostici per la forma cardiaca prevedono degli step non invasivi attraverso l’ecocardiografia che può evidenziare una cardiomiopatia ipertrofica nelle forme avanzate, a volte anche a livello apicale e/o il ricorso alla risonanza magnetica cardiaca con pattern di fibrosi caratteristici e riduzione dei valori di T1. Nelle forme precliniche lo studio ecocardiografico su portatori di mutazione senza fenotipo i valori di TDI e strain si alterano più precocemente rispetto alla ipertrofia del ventricolo sinistro. Il Lyso GB3 è una forma solubile di marcatore che potrebbe essere usato come marcatore di regressione della malattia in trattamento ma difficile da trattare non viene usato in maniera diffusa solo in centri dedicati. La Dottoressa Camillo ci ha parlato delle opzioni terapeutiche già esistenti e di quelle future. Il trattamento farmacologico efficace può essere avviato con una diagnosi precoce, un approccio multidisciplinare è una chiave importantissima per la diagnosi e per la corretta gestione terapeutica, monitorizzando nel tempo il paziente e definendo la reale risposta. Le terapie specifiche hanno l’obiettivo di ridurre l’accumulo, attualmente abbiamo terapie enzimatiche sostitutive o chaperoniche, nel futuro terapie enzimatiche sostitutive di seconda Galassidasi alfa e beta sono la terapia sostitutiva, vengono somministrati per via endovenosa ogni 14 giorni, sono efficaci nel ridurre eventi maggiori sia nel migliorare i singoli distretti interessati in alcuni casi può far regredire la ipertrofia. Dal 2017 è disponibile il primo chaperon farmacologico il migalastat somministrato per os, si lega alle mutazioni suscettibili per forme inattive enzimatiche, efficacia dimostrata nei trial FACETS e ATTRACT. Al momento quindi esistono solo 3 armi terapeutiche due terapie enzimatiche sostitutive ed una chaperonica, vi è la necessità di nuove conoscenze e nuovi farmaci, poiché le terapie sostitutive enzimatiche sono solo endovenose (poco manegevoli) e il migalastat è efficace solo 30-50% di pazienti suscettibili, attendiamo nuovi sviluppi.

Giovanna Di Giannuario ANMCO
Giovanna Di Giannuario