Digital Cardiology – Simposio congiunto ANMCO-AHA

di Martina Milani

La Digital Health è stata protagonista del Simposio congiunto ANMCO-AHA, occasione in cui i relatori italiani, i dottori Leonardo De Luca e Marco Mazzanti si sono confrontati con i colleghi statunitensi (la dottoressa Anne Marie Navar,  il dottor Peter Noseworthy e il dottor Seth Martin).

Nel corso della pandemia da SARS-CoV-2 la telemedicina si è rapidamente espansa e, anche se è improbabile che verrà mantenuto lo stesso volume di servizi di alcuni mesi fa, verosimilmente non si tornerà ai livelli pre-pandemici.

Tra le tante novità, in tema di assistenza sanitaria digitale, citiamo i seguenti: un’app che consente di registrare il fonocardiogramma e un tracciato ECG, che è risultata non inferiore rispetto all’auscultazione da parte di cardiologi esperti ed è un efficace strumento formativo e di supporto per riconoscere i reperti più rari; la Caption Health che può guidare operatori senza formazione specifica nell’acquisizione di immagini  ecocardiografiche di buona qualità (utile in alcuni contesti come la valutazione da remoto); software che riconoscono strutture ecocardiografiche, definiscono il bordo endocardico e calcolano strain e frazione di eiezione, identificano alterazioni della cinesi e caratterizzano il tessuto.

Più noti sono invece i wearables (come gli smart watch) che migliorano il tasso di identificazione della fibrillazione atriale, il monitoraggio a distanza di cicli riabilitativi e le piattaforme per le visite a distanza.

Tra i maggiori benefici della digital health va sottolineato l’empowerment del paziente, ossia la sua responsabilizzazione nel seguire il processo di cura. Non sono poche però le criticità che ancora restano da risolvere. Ad esempio, bisogna dirimere se gli outcome siano migliori grazie a questi strumenti digitali, se essi siano applicabili alla popolazione generale e se possiamo incorrere nel rischio di over-testing. Inoltre, se da un lato i benefici sono provati, resta da capire se siano estendibili a tutti i pazienti. È un dato di fatto che l’utilizzo della telemedicina è minore nelle comunità con basso reddito: l’alto tasso di povertà potrebbe risultare un fattore limitante al raggiungimento di gruppi già lontani dalle cure, incrementando così le disuguaglianze. Altre barriere nella diffusione della telemedicina sono la mancanza di integrazione dei dati, la scarsa comunicabilità tra le piattaforme, la protezione delle informazioni e la rimborsabilità delle prestazioni. Deve infine essere dimostrato che la telemedicina riduca i costi assistenziali, ottimizzando l’accesso ad altri servizi.

A conclusione, tra le prospettive future sono stati mostrati algoritmi che, sfruttando l’intelligenza artificiale, migliorano la diagnostica elettrocardiografica, consentendo di riconoscere direttamente dal tracciato i pazienti con ridotta frazione di eiezione, cardiomiopatia ipertrofica e a rischio di fibrillazione atriale.

Martina Milani