CORSO AVANZATO L’APPROCCIO TERAPEUTICO AL PAZIENTE IPERTESO – PARTE 2

di Francesco Lisi

Nel pomeriggio di questo venerdì, ricco dal punto di vista scientifico, nella Sala Agorà si è tenuta la seconda parte del corso sull’approccio al paziente iperteso che è stata moderata dal Prof. Maurizio Borzi. La prima relazione dal Prof. Stefano Taddei ha avuto l’obiettivo di fornire delle indicazioni su come impostare la terapia antipertensiva, dalla modifica dello stile di vita al corretto uso dei farmaci.

Sicuramente l’utilizzo di abitudini sane è la base dell’approccio terapeutico. In primis smettere di fumare e ridurre l’utilizzo di alcolici. Di primo ordine è anche perdere peso, vista la stretta correlazione tra obesità ed ipertensione arteriosa, tanto da far dichiarare che la riduzione del peso è il più potente farmaco antiipertensivo in natura. Sicuramente importante è anche praticare attività fisica con l’indicazione da linea guida ad eseguire 30 minuti di esercizio aerobico da 5 a 7 giorni a settimana, un esercizio che deve essere ad alta intensità. L’uso dei farmaci invece deve partire da tre categorie di farmaci bloccanti del sistema RAAS, calcio-antagonisti e diuretici. Invece i betabloccanti non possono avere un ruolo come antiipertensivi senza una co-indicazione. La relazione poneva l’accento anche sulla necessità dell’adeguato utilizzo dei dosaggi dei farmaci che rispetti le caratteristiche farmacodinamiche degli stessi.

La seconda relazione del Prof. Stefano Masi è stata focalizzata sul futuro farmacologico per l’ipertensione arteriosa. I primi passati in rassegna sono i nuovi antialdosteronici non steroidei diidropiridinici (es. esaxerenone) con promettenti effetti ipotensivi, con ridotti effetti collaterali rispetto agli antialdosteronici di prima generazione (come calo del libido e la ginecomastia), tuttavia il loro utilizzo nei pazienti con ipertensione arteriosa deve essere ancora confermato.

Poi è stato il turno del Baxdrostat, inibitore selettivo dell’aldosterone-sintasi i cui risultati sono incoraggianti nel trattamento dell’ipertensione resistente. Tuttavia i risultati sono da confermare con trial clinici di fase 3. L’attenzione si è spostata inoltre su Aprocitentan come inibitore diretto del recettore dell’endotelina (ETA). Sulla base dei dati ottenuti dallo studio PRECISION sarà presto sul mercato. Invece una finestra è stata dedicata anche al Sacubitril-Valsartan che attualmente ha una indicazione nello scompenso cardiaco ma che nello studio PARAGON-HF veniva inserito come farmaco per ipertensione arteriosa resistente e mostrava effetti ottimali sul controllo della pressione arteriosa.

La terza relazione invece della Dott.ssa Alessandra Violet Bacca ha parlato della pratica di denervazione delle arterie renali come opzione terapeutica nell’ipertensione arteriosa resistente. L’upgrade con cateteri di ultima generazione ha fornito nuova linfa a questa procedura. Il profilo clinico dei pazienti da candidare a questo trattamento possono essere o i pazienti con ipertensione arteriosa resistente oppure un gruppo di pazienti con difficoltà nell’eseguire un trattamento massimale. Un ruolo importante è anche inserire il paziente nel processo decisionale.

Altro interessante apporto scientifico è stato fornito dalla relazione sui diuretici nella terapia cardiovascolare eseguita dal Prof. Riccardo Sarzani. L’equilibrio idrosalino è un tema da comprendere e tenere in considerazione ancor prima dell’inizio della terapia diuretica. L’attenzione all’apporto di sale è centrale anche nelle linee guida, dove viene consigliato in classe I negli ipertesi un apporto di sale inferiore ai 5 grammi al giorno. Invece importante sarebbe aumentare l’introito di potassio che è un natriuretico e diuretico endogeno con effetti simili ai diuretici tiazidici. L’effetto ipotensivo del potassio si aggiunge alla sua capacità di aumentare la sensibilità del dotto collettore alla vasopressina con effetto di riduzione della ritenzione idrica. Inoltre l’azione del potassio a livello cellulare è anche quello di aumentare la sensibilità delle cellule al glucosio, pertanto una sua riduzione è associata ad insorgenza di diabete. Dunque testare la potassiemia è fondamentale prima di iniziare una terapia antiipertensiva. Nel corso della presentazione poi sono state analizzate tutte le categorie dei diuretici: tiazidici, dell’ansa e tiazidici-simili analizzandone gli effetti caratteristici di ogni categoria e nello specifico di ciascun farmaco.

Ultima relazione è quella del Prof. Edoardo Gronda che si è concentrato sull’interazione tra diabete, ipertensione e complicanze cardiorenali. Il concetto stressato è stato che l’azione terapeutica deve concentrarsi sulla funzionalità renale. L’analisi fatta ha mostrato una correlazione stretta tra l’ipertensione arteriosa, diabete e malattia renale cronica. Infine, dallo studio delle sotto-analisi dei principali trial sui SGLT2i, si può comprendere come la riduzione della funzionalità renale preceda il peggioramento dello scompenso cardiaco stesso, in cui questi farmaci rappresentano un nuovo fronte terapeutico.

 

Francesco Lisi
Francesco Lisi