Controversia – Dissezioni coronariche spontanee: quale approccio?

Sonia Lo Iacono

Le dissezioni coronariche spontanee appaiono come un’entità nosologica rara ma in realtà tendono ad essere sottodiagnosticate. Bisogna chiamarle in causa di fronte a sindromi coronariche acute in giovani donne senza fattori di rischio tradizionale. Vi sono cause predisponenti come la displasia fibromuscolare, la gravidanza, le malattie del connettivo (sindrome di Marfan), le malattie infiammatorie croniche (sarcoidosi, artrite reumatoide, arterite a cellule giganti, celiachia), la terapia ormonale, intensi stress emotivi, l’uso di sostanze stupefacenti e la terapia steroidea che tendono a slatentizzare tale patologia. Le presentazioni cliniche più frequenti sono le sindromi coronariche acute con ST sopraslivellato e FV/TV. Quando l’angiografia non è dirimente è necessario integrare con OCT e/o IVUS. Esistono pochi studi in merito, l’ultimo dei quali, il Canadian SCAD study, ha arruolato 750 pazienti trattati conservativamente nel 86%. Si opta per una strategia conservativa se il paziente è clinicamente stabile e la dissezione non riguarda lesioni prossimali; in caso di coinvolgimento prossimale di uno o più vasi si opta per PCI o CABG. Sono da preferire stent più lunghi della dissezione, meglio tre stent, uno a monte e valle della dissezione e stenting diretti. La PCI in questo setting di pazienti risulta insidiosa in quanto è difficoltoso far progredire la guida all’interno del vero lume, potrebbe estendersi la dissezione a monte o a valle, molto spesso vi è necessità di “full metal jacket”. Da non dimenticare il rischio di tardiva malapposizione degli stent. Quando è possibile preferire POA, Stentig diretto e cutting baloon. Dopo una SCA la dissezione tende a recidivare entro sette giorni nel 10% dei casi.