Cardiomiopatie rare: novità diagnostico-terapeutiche – Focus su Amiloidosi e malattia di Fabry

Giuseppe Parisi

La sessione dedicata alle cardiomiopatie rare parte con l’intervento del Dott. Valerio Zacà che ci parla di amiloidosi cardiaca, patologia dalla diagnosi spesso ostica ad esordio eterogeneo con interessamento cardiaco, nefrologico, neurologico e reumatologico. Può essere facilmente confusa con quadri di scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata, forme a fenotipo ipertrofico e stenosi valvolare aortica. Arma fondamentale è la prima visita ambulatoriale con visita, ECG ed ecocardiogramma, sufficienti per porre un sospetto diagnostico. Utili le seguenti “Red flags”:

  • ECG: bassi voltaggi periferici, pattern pseudoinfartuale, fibrillazione atriale, blocco atrioventricolare;
  • ecocardiogramma: versamento pericardico lieve, ispessimento di SIV, lembi valvolari e SIA, pattern diastolico restrittivo, strain con tipico aspetto da risparmio apicale.
  • RMN cardiaca: late enhancement sia intramiocardico che a tutto spessore e aumento del volume extracellulare.

Posto il dubbio diagnostico è necessario eseguire ricerca delle catene leggere sieriche, immunofissazione sierica e urinaria e se c’è positività scintigrafia con traccianti ossei.

Il Dott. Andrea Di Lenarda ci illustra il trattamento dell’amiloidosi cardiaca. Due i principali meccanismi dei farmaci da utilizzare: uno è il silenziamento dell’RNA che produce la transtiretina; l’altro è la stabilizzazione del tetramero. Patirisan e Inotersen sono i due farmaci che agiscono mediante il primo meccanismo. I risultati dei trial mostrano significativi miglioramenti in termini di riduzione del Global Longitudinal Strain (GLS), riduzione dei biomarker e miglioramento della qualità di vita dei pazienti. Il Tafamidis agisce attraverso il secondo meccanismo. Nello studio ATTR-ACT si è vista una riduzione del 30% della mortalità per tutte le cause e dell’ospedalizzazione.

La Dott.ssa Cristina Chimenti ci introduce la seconda cardiomiopatia rara ovvero la Malattia di Fabry. Patologia da accumulo lisosomiale causata da deficit di alfa galattosidasi con conseguente accumulo di glicosfingolipidi (GB3) a livello renale, cardiaco e sistema nervoso. Presenta manifestazioni extracardiache patognomoniche come la cornea verticillata (opacità corneale facilmente riconoscibile con esame a lampada a fessura) e angiocheratomi. Sintomi di esordio sono subdoli e aspecifici ovvero coinvolgimento neurosensoriale con bruciore agli arti inferiori e superiori, febbre ricorrente, ipoidrosi, ipoacusia per poi progredire verso forme conclamate con insufficienza renale, ictus giovanile e ipertrofia ventricolare sinistra. Più ardua la diagnosi nelle forme con fenotipo ad insorgenza tardiva. Può simulare una cardiomiopatia ipertrofica nelle sue varie forme, ostruttiva, non ostruttiva e apicale. Per la diagnosi l’approccio è la ricerca di indizi che ci possono orientare:

  • indizi clinici: insorgenza in età più avanzata, storia familiare di CMI sarcomerica (criterio di esclusione).
  • indizi strumentali: ECG presenta accorciamento del tratto PQ, IVS spiccata.

L’ecocardiogramma bidimensionale mostra un aumento dello spessore del SIV, aspetto a binario della parete endocardica. La RMN cardiaca evidenzia late enhancement nella zona inferoposterolaterale del ventricolo sinistro.

La diagnosi definitiva necessita dell’analisi dell’attività enzimatica che appare carente, e la conferma genetica. La biopsia endomiocardica è il gold standard se abbiamo pazienti con varianti genetiche di significato non noto. Il dottor Pieroni ci parla infine del trattamento che fortunatamente è disponibile dal 2001 ed è rappresentato dalla terapia enzimatica sostitutiva nelle sue due formulazioni: l’Agalsidasi alfa e beta. Sono formulazioni a somministrazione endovenosa ogni 15 giorni. Diversi trial dimostrano riduzione di eventi maggiori intesi come scompenso cardiaco, stroke e progressione di insufficienza renale che si riducono già a 6 mesi e poi rimangono stabili nel prosieguo del follow-up. Importante iniziare la terapia precocemente quando la cardiomiopatia non è ancora avanzata ovvero quando non abbiamo ancora fibrosi alla RMN nonostante la presenza di infiltrati.

Giuseppe Parisi