Approccio interventistico nella stenosi aortica

Giovanna Di Giannuario

Un’interessante Main Session moderata dal Dottor Oliva e dal Dottor Di Eusanio, con sei relazioni tenute da cardiologi di spicco, ha trattato in maniera esaustiva l’argomento dell’approccio interventistico nella stenosi aortica partendo dalle indicazioni fino a toccare il confronto con la chirurgia e la discussione in Heart Team.

I lavori sono iniziati con la relazione del Dottor Caproglio che ha parlato dell’importanza della angio-TAC gated nella preparazione alla procedura, per la valutazione di diversi parametri: dimensioni e geometria dell’anello, distanza dal piano valvolare agli osti coronarici, presenza di trombi e rischio cardio-embolico, forma dell’LVOT, densità delle calcificazioni, ma anche valutazione di placche ulcerate sull’arco aortico e valutazione degli accessi vascolari. Altro elemento fondamentale, poi, la coronarografia per valutare un’eventuale coronaropatia concomitante (in genere le due malattie si associano con un’incidenza variabile dal 9 al 41%; generalmente la coronaropatia critica viene trattata pre-TAVI). Ha concluso la relazione con un cenno ai trial sulla bicuspidia aortica che non presenta attualmente nei recenti trial eventi maggiori nel trattamento post- TAVI rispetto alle tricuspidi, e alla tipologia dei Device attualmente in commercio che vanno distinti in due grandi gruppi, auto espandibili ed espandibili con pallone che hanno un maggior rischio di stroke, ma minore incidenza di leak ed impianto di pacemaker. Il Professor Musumeci ha parlato dei nuovi approcci chirurgici della sostituzione valvolare aortica sempre più mininvasivi con tagli in mini-toracotomia destra di circa 4 cm, che consentono una chirurgia sempre meno invasiva per il paziente e competitiva con la TAVI. Anche per tale approccio è fondamentale una selezione personalizzata del paziente attraverso la TAC 3D per valutare l’anatomia valvolare e gli accessi.

Ha analizzato inoltre i risultati di due recenti trial nei pazienti a basso rischio pubblicati sul New England Journal, il Partner 3 e l’Evolute low risk, evidenziando come nei trial siano stati arruolati dei pazienti estremamente selezionati, con una più alta incidenza di leak nel gruppo TAVI ed un numero maggiore di pazienti nel gruppo sottoposto a chirurgia che facevano più procedure combinate, ma il follow up di entrambi i trial è breve e non supera i 2 anni; andranno valutati i risultati a 5 e 10 anni di Follow up.

La Dottoressa Attisano ha affrontato l’importanza del ruolo della valvuloplastica aortica come tecnica bridge to decision e destination therapy nei pazienti non elegibili né a TAVI né ad intervento di sostituzione valvolare aortica. Anche per la valvuloplastica aortica il miglioramento dei materiali e la crescita dell’esperienza hanno ridotto le complicanze. È in corso un interessante registro sull’approccio EASY/soft con guide performanti, approccio radiale e pacing percutaneo che mostra risultati promettenti.

Inoltre, la valvuloplastica aortica trova spazio nel sizing, per evitare il mismtach nelle procedure di valve in valve e come tecnica d’urgenza nei pazienti con shock; a tal proposito, è stato mostrato un interessante caso clinico di un paziente schedato per TAVI stabilizzato in urgenza nel periodo COVID con valvuloplastica in attesa dei risultati dei tamponi per poi procedere a TAVI con successo.

Il Dottor F. Saia ci ha parlato delle indicazioni a TAVI nel paziente a basso rischio, con una disamina attenta e molto critica dei dati dei trial esistenti, in particolare i recenti Trial pubblicati sul New England.  La TAVI si è dimostrata ad un follow up breve a due anni non inferiore alla chirurgia valvolare aortica, concetto già descritto in studi precedenti ma su popolazioni più piccole (studio Notion e US-IDE). Riflettendo sui dati esistenti, la TAVI ha una minor incidenza di sanguinamenti, di FA, di insufficienza renale e re-ospedalizzazione, ma una maggior incidenza di leak, di posizionamento di pacemaker e di complicanze vascolari. Inoltre, la definizione del rischio seguendo gli score cardiochirurgici non è così accurata e presenta molti limiti nella predicibilità degli eventi. Mancano inoltre i dati di durabilità delle protesi aortiche transcatetere, a maggior ragione per i pazienti a basso rischio, nei quali si presuppone una sopravvivenza maggiore.

Il Dottor Vignali ha parlato di complicanze portando dei casi clinici emblematici e proponendo anche le terapie possibili, ci ha parlato di un caso di stroke acuto durante la procedura TAVI trattato efficacemente con embolectomia neurovascolare, di potenziali sanguinamenti vascolari legati a dissezione o perforazione arteriosa o a sanguinamenti retroperitoneali, della rottura dell’anello e della possibile embolizzazione del Device. Il miglioramento dei materiali ha ridotto il rischio di tamponamento legato al pacing ora percutaneo, ridotto il rischio di impianto di pacemaker con impianti più alti sopra il virtual ring e riduzione dei leak. Rimane ancora controversa la terapia per ridurre gli eventi tromboembolici e la trombosi dei lembi delle protesi biologiche percutanee, la doppia anti-aggregazione attualmente è raccomandata per 3-6 mesi, ma dai dati dei registri del mondo reale sembra aumentare il rischio di sanguinamento così come l’associazione di un anticoagulante ad un antiaggregante.

La sessione si è conclusa con il Dottor Scherillo che ha magistralmente descritto l’Heart Team, dalla sua composizione al suo ruolo volto a scegliere la migliore opzione per il paziente. Oggi a causa del Covid si è implementato il concetto dello e-HT, un team telematico. L’Heart Team è diretto ai clinici, ai pazienti e al decisore pubblico ma esistono ancora dei punti grigi soprattutto per quanto riguarda la definizione di futilità delle procedure e il decision making sui pazienti cardio-geriatrici con la definizione della fragilità. Lo scopo dell’Heart Team è sicuramente migliorare le competenze e le scelte e attraverso una contaminazione dei saperi portare ad un miglioramento dell’outcome, consapevoli che: “noi tutti siamo ricercatori e non possessori della verità”.

 

Giovanna Di Giannuario