ANMCO MASTER SCOMPENSO CARDIACO CRONICO

di Raffaele Abete
Across the universe of heart failure: un viaggio tra i vari spettri di frazione di eiezione, prospettive terapeutiche attuali e future.

Un corso diviso in due ampie sessioni a copertura dell’esteso capitolo dello scompenso cardiaco cronico, a frazione di eiezione preservata (HFpEF) e ridotta (HFrEF), in cui i relatori hanno affrontato tematiche quali fisiopatologia, epidemiologia di queste due condizioni patologiche e discusso sulle prospettive terapeutiche attuali e future.

I lavori moderati dal Dottor Iacovoni e dal Dottor Marini, si sono aperti con la tematica dell’HFpEF, avviati dalla relazione del Dottor Tagliamonte sull’epidemiologia. La prevalenza di HFpEF differisce tra le varie nazioni (in Italia 1.4%) e tende ad aumentare circa di 1% all’anno (soprattutto donne). Le ragioni sono da ricercare nell’aumento dell’età media della popolazione generale e, di conseguenza, all’aumento delle comorbidità (ipertensione arteriosa, obesità, malattia renale cronica, diabete mellito, fibrillazione atriale, BPCO). Trattandosi di una popolazione così eterogenea, si è cercato di fenotipizzare i pazienti HFpEF: Balestrieri et al. (vedi immagine) propongono una classificazione in tre fenotipi: “anziano, vasculopatico”; “obeso, metabolico” con il diabete come principale comorbidità e “giovane, con livelli bassi di BNP” che spesso si osserva nel fenotipo “obeso”.

 

A seguire, con il Dottor Gori si è discusso della diagnosi di HFpEF. Diversi sono gli algoritmi diagnostici proposti l’H2FPEF score, validato negli USA, stima la probabilità di HFpEF in base a criteri clinici ed ecocardiografici, mentre le linee guida europee fanno riferimento al più ampio HFA-PEFF che consta di criteri minori (1 pt) e maggiori (2 pt) di tipo funzionale, morfologico e di biomarker con diagnosi confermata per uno score >5 pt, incerta e meritevole di approfondimenti per uno score tra 2 e 4. Nelle “zone grigie”, è raccomandata l’esecuzione di test funzionali quali l’ecocardiogramma da sforzo o il cateterismo cardiaco destro da sforzo per svelare una disfunzione diastolica subclinica (stress wedge pressure >25 mmHg). Questo sottende l’importanza di ambulatori con personale medico ed infermieristico dedicato, in centri dove c’è possibilità di ricorrere a diagnostica di secondo livello per identificare, seguire e trattare questi pazienti, che fino a poco tempo fa, non godevano di terapie disease-modifier. Cardine della terapia sono oramai gli SGLT2i che, a fronte dei risultati di EMPEROR-PRESERVED e DELIVER, hanno meritato raccomandazione in classe I nelle attuali linee guida ESC. Prospettive future includono la semaglutide, efficace sia nel calo ponderale che nella modulazione infiammatoria e l’ottimizzazione del controllo del ritmo: ricordando che una sottoanalisi dello studio CABANA ha evidenziato come l’ablazione migliori i parametri emodinamici e la tolleranza allo sforzo.

La seconda parte della sessione ha affrontato la tematica dell’HFrEF a partire dalle certezze: i 4 pilastri (ARNI, MRA, BB, SGLT2i) sono noti a tutti, ma, come sottolineato dalla dottoressa Leone, le modalità prioritarie di utilizzo risultano ancora aperte. A fronte di uno schema sequenziale classico di implementazione della terapia, Milton Packer e McMurray propongono un “rapid sequencing” a partire da beta-bloccanti e SGLT2i (vedi immagine) e implementando la terapia in non più di 4 settimane.

Nonostante questi farmaci abbiano drasticamente modificato la prognosi dei pazienti HFrEF permane ancora oggi una quota di rischio residuo non controllato dalla terapia di I linea: la dottoressa Benvenuto ha mostrato come farmaci quali l’Ivabradina nei pazienti in ritmo sinusale o la digossina in fibrillazione atriale, hanno uno spazio seppur con classe di raccomandazione minori considerando necessario in caso di deficit marziale la sua correzione mediante ferro carbossimaltosio. Il dottor Scherillo ha poi parlato del “quinto pilastro” della terapia di HFrEF: il vericiguat, farmaco che agisce stimolando la guanilato ciclasi endoteliale a produrre NO, antagonizzando lo stress ossidativo e la disfunzione endoteliale che contraddistingue questi pazienti. Lo studio VICTORIA valutato l’aggiunta di questo farmaco nei pazienti con riacutizzazione di scompenso cardiaco, dimostrando come il vericiguat sia un farmaco ben tollerato, che non impatta in maniera significativa su pressione arteriosa, funzionalità renale, potassiemia e frequenza cardiaca, riducendo invece in maniera significativa (-4.2%) il rischio assoluto dell’endpoint primario composito (morte CV e prima ospedalizzazione per HF). E’ in corso lo studio VICTOR, per valutare l’impiego di questo farmaco nei pazienti cronici ambulatoriali.  Il Dottor Segreti ha parlato poi delle terapie elettriche in questi pazienti: sono noti i criteri delle linee guida per l’impianto di ICD/CRT-D/P in prevenzione primaria o secondaria, eppure anche qui esiste una quota di pazienti non responder alla terapia elettrica. In questa sottopopolazione c’è la possibilità di utilizzare la stimolazione della branca sinistra (LBBP): un recente studio osservazionale ha confrontato pazienti con stimolazione biventricolare classica vs LBBP, mostrando come quest’ultima sia stata più efficace nel ridurre la durata del QRS nonché ospedalizzazioni per HF e mortalità. Tuttavia, la metodica è ancora limitata dall’impiego di cateteri non specifici per cui possono esservi malfunzionamenti o danni strutturali. In corso lo studio su nuovi cateteri da poter impiegare in tal senso. La modulazione della contrattilità cardiaca (CCM) è invece attualmente suggerita per pazienti con FE 25-45%, NYHA III in GDMT, non candidabili a CRT. Questo sistema eroga impulsi nel periodo refrattario assoluto, favorendo il rilascio intracellulare di calcio e quindi la contrattilità miocardica. Infine, la sessione si è conclusa con la Lecture del prof. Metra sul ruolo dell’insufficienza tricuspidalica nell’HF. Frequente e associata a prognosi sfavorevole nell’insufficienza cardiaca, se ne distinguono di diversi tipi: IT primaria (10% del totale), IT legata ad elettrocateteri e IT secondaria ventricolare, che è quella del soggetto che ha HF o valvulopatia sinistra, corretta o meno, complicata da ipertensione polmonare post-capillare, dilatazione e disfunzione destra e IT funzionale. Altra categoria è l’IT secondaria atriale: questi soggetti hanno una funzione destra normale ma atrio destro dilatato, spesso si associa a FA e frequentemente hanno una insufficienza cardiaca PEF. I fenotipi hanno significato prognostico: quella nell’HF ha la prognosi peggiore. Bisogna infatti tenere a mente che l’IT è il singolo predittore più forte di congestione residua nei pazienti dimessi dopo un ricovero per scompenso cardiaco acuto.

 

Raffaele Abete ANMCO
Raffaele Abete