Amiloidosi, implicazioni nell’insufficienza cardiaca

di Antonella Spinelli

La diagnosi di amiloidosi è impegnativa a causa della sua eterogeneità fenotipica e del coinvolgimento sistemico che spesso richiede l’interazione di esperti di diverse discipline. È stato recentemente pubblicato un documento di consenso ANMCO Toscana e SIC Tosco-Umbra che si propone di fornire una guida pratica per la diagnosi e la gestione dei pazienti. Nella sessione odierna sono stati trattati alcuni argomenti relativi a decisioni spesso problematiche circa le terapie farmacologiche e la necessità di dispositivi. Ha iniziato la relazione il Dr. Carlo Lavalle, aritmologo presso il Policlinico Umberto I di Roma, con l’argomento “aritmie e terapia elettrica”. Quello che emerge dai dati in letteratura è che c’è un’aumentata incidenza di fibrillazione atriale soprattutto nella forma di amiloidosi ATTRwt. La FA non si associa in questi pazienti ad un peggioramento della mortalità. I farmaci antiaritmici con maggiore profilo di sicurezza sono rappresentati dall’amiodarone o nella strategia del rate-control dai beta-bloccanti. L’ablazione transcatetere è sconsigliata per gli scarsi risultati a lungo termine nel mantenimento del ritmo sinusale; si ritiene utile invece l’opzione di ablate and pace nei casi non responsivi al rate-control. Le principali indicazioni all’impianto di pacemaker sono il blocco trifascicolare e l’allungamento dell’intervallo atrioventricolare durante il follow-up.

Per quanto riguarda invece le indicazioni all’impianto di ICD in prevenzione primaria e secondaria, i dati sono incerti circa il beneficio, in quanto la morte cardiaca improvvisa che rappresenta la forma più comune di morte è spesso conseguenza di attività elettrica senza polso o ritmi non defibrillabili. L’impianto in prevenzione primaria potrebbe essere considerato in pazienti con classe NYHA inferiore a IV, aspettativa di vita superiore a un anno e storia di sincope da sforzo o documentazione di tachicardia ventricolare sostenuta o non sostenuta. Nei casi di prevenzione secondaria va effettuata una rigorosa valutazione del singolo caso nei centri di riferimento.

Il Prof. Antonino Granatelli, cardiologo interventista dell’Ospedale di Tivoli di Roma ha affrontato l’argomento TAVI e amiloidosi. L’associazione tra l’amiloidosi e la stenosi aortica (SA) degenerativa è un riscontro comune nei pazienti anziani affetti da stenosi aortica (circa 1 su 8 ne risulta affetto). La forma più comunemente associata è la ATTR. Il quadro clinico si presenta generalmente con pattern basso flusso/basso gradiente e frazione di eiezione leggermente ridotta. La combinazione delle due patologie è associata ad un peggior decorso clinico e a una prognosi peggiore se non appropriatamente trattata.

Il Prof. Granatelli ci ha mostrato i risultati di uno studio retrospettivo pubblicato su JACC in cui si è evidenziato che la mortalità non varia dopo sostituzione della valvola aortica, suggerendo che la forma ATTR potrebbe avere un contributo deleterio sugli esiti a prescindere dalla correzione del vizio valvolare.

Il Dr. Marco Massetti, cardiologo dell’Ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna ha affrontato l’argomento del trapianto cardiaco, un’opzione terapeutica generalmente fattibile ma con elevata mortalità intraospedaliera e prognosi sfavorevole. Il trapianto di cuore è rivolto ai pazienti con la forma ATTRv, ai pochi pazienti con ATTRwt di età inferiore ai 65 anni e per pazienti selezionati con la forma AL dopo che la chemioterapia iniziale ha portato ad un controllo efficace della discrasia ematica. Resta da considerare l’elevata mortalità in lista di attesa e gli esiti post-trapianto subottimali. Un dato interessante che sta emergendo in letteratura è che le nuove terapie utilizzate nella forma ATTR riducono attualmente la necessità di ricorrere al trapianto, per cui alla domanda del Dr. Massetti: “Problems after heart transplantation: a never ending story”? potremo forse riservare qualche speranza in futuro nella terapia medica.

Antonella Spinelli ANMCO
Antonella Spinelli