Alle frontiere della cardiologia molecolare

Mauro Giacca

Le più recenti tecnologie genetiche e molecolari consentono oggi progressi impensabili soltanto una decina di anni fa nello sviluppo di nuove strategie terapeutiche per le malattie cardiache. Al contrario di altre specie animali, come i pesci e le salamandre che sono in grado di rigenerare il cuore durante tutta la vita, il miocardio dei mammifere è incapace di proliferare e quindi la perdita di cellule cardiache viene invariabilmente riparata tramite la formazione di tessuto fibroso. È quindi essenziale preservare i cardiomiociti dalla morte cellulare e mantenerne la funzione più a lungo nel corso della vita.
Nuovi fattori di crescita, identificati attraverso screening genetici, sono in grado di stimolare la sopravvivenza dei cardiomiociti durante o dopo ischemia promuovendo l’autofagia, un processo che consente la rimozione dei mitocondri danneggiati dalla mancanza di ossigeno e il rinnovamento degli organelli dei cardiomiociti. Se la morte delle cellule è già avvenuta, è possibile promuovere la rigenerazione cardiaca intervenendo sui circuiti genetici che regolano la proliferazione dei cardiomiociti sopravvissuti. Questo può essere ottenuto mediante l’utilizzo di corte sequenze di Rna con funzione regolatoria, che vengono somministrate al cuore infartuato come veri e propri farmaci rigenerativi.
Infine, è oggi anche possibile utilizzare le tecnologie di riparazione del Dna basate sul sistema CRISPR/Cas9 per la correzione dei difetti genetici responsabili delle malattie primitive del muscolo cardiaco, offrendo quindi speranze nuove ai pazienti con cardiomiopatie ereditarie. La traslazione di queste nuove scoperte all’applicazione clinica non è né semplice né priva di ostacoli, ma la promessa che queste tecnologie offrono è senza pari rispetto all’efficacia delle attuali terapie farmacologiche.