La sessione “Controversia: iniziare SGLT2i nello scompenso cardiaco de novo prima dell’ecocardiogramma”, moderata da Alessandro Navazio (Reggio Emilia), ha messo a confronto due visioni cliniche su un tema di grande attualità: la tempistica ottimale di inizio degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i) nei pazienti con scompenso cardiaco acuto de novo, prima o dopo l’esecuzione di un ecocardiogramma e quindi indipendentemente dalla frazione di eiezione.
A sostenere la posizione “pro” è stata la Dott.ssa Samuela Carigi (Rimini), che ha argomentato a favore dell’avvio precoce di SGLT2i anche prima della conferma ecocardiografica della frazione di eiezione.
Il problema difficilmente si pone nel setting ospedaliero di un reparto di cardiologia, ma può essere molto più rilevante quando il paziente è gestito sul territorio o nei servizi di cure primarie. La disponibilità della metodica ecocardiografica varia molto nelle diverse realtà geografiche e all’ interno degli stessi sistemi sanitari. Uno studio di popolazione svedese (Anderson L et al., Eur Heart J 2025 Apr 22;46(16):1493-1503) recentemente pubblicato, ha valutato una coorte di pazienti ambulatoriali con segni e sintomi sospetti per scompenso cardiaco de novo. Il tempo mediano di attesa per l’esecuzione di un ecocardiogramma è stato di 40 giorni, con picchi ben oltre nei pazienti più anziani. In questo intervallo, il rischio di ospedalizzazione o morte è particolarmente elevato (eventi cumulativi >20% nei primi mesi).
Il dosaggio del NT-proBNP rappresenta oggi uno strumento affidabile e ampiamente validato per diagnosticare o escludere rapidamente lo scompenso cardiaco, soprattutto in contesti clinici acuti o ambulatoriali dove l’accesso immediato all’ecocardiografia può non essere garantito.
Secondo la consensus ESC-HFA (Bayes-Genis et al., 2023):
- In ambito ambulatoriale, si considera probabile lo scompenso con NT-proBNP:
- ≥125 pg/mL se <50 anni
- ≥250 pg/mL tra 50 e 74 anni
- ≥500 pg/mL se ≥75 anni
- Un valore >2000 pg/mL definisce una condizione ad alto rischio e richiede ecocardiogramma entro 2 settimane.
- In Pronto Soccorso, si applicano cut-off più alti per il “rule-in”, es. ≥1800 pg/mL negli over 75.
Questi valori permettono di anticipare la diagnosi di scompenso con alta sensibilità, indirizzando in modo efficace l’avvio della terapia, soprattutto in setting dove l’attesa per l’ecocardiogramma può superare i 30-40 giorni.
Gli SGLT2i hanno dimostrato efficacia lungo l’intero spettro della frazione di eiezione, come evidenziato dagli studi DAPA-HF, EMPEROR-Reduced ed EMPEROR-Preserved. Questi farmaci si sono dimostrati non solo efficaci nei pazienti con frazione di eiezione ridotta (HFrEF), ma anche in quelli con funzione ventricolare conservata (HFpEF), migliorando gli outcome clinici in entrambe le popolazioni (McMurray JJV et al., N Engl J Med. 2019;388:1995–2008; Anker SD et al., N Engl J Med. 2021;385:1451–1461). Il profilo di tollerabilità degli SGLT2i è favorevole: il rischio di ipotensione, disfunzione renale e iperkaliemia è contenuto, rendendoli idonei anche per l’utilizzo in fase acuta.
Un elemento centrale a favore dell’avvio precoce è la rapidità di azione: la separazione delle curve di efficacia rispetto al placebo avviene già dopo poche settimane dall’inizio del trattamento, come dimostrato sia nel trial EMPULSE che in analisi post hoc di DAPA-HF. Ritardare l’inizio della terapia in attesa dell’ecocardiogramma può quindi significare rinunciare a benefici precoci in una fase in cui il paziente è più vulnerabile. In questo contesto, un approccio basato su dati clinici e biomarcatori come l’NT-proBNP può fornire sufficienti elementi per giustificare l’avvio di SGLT2i prima della conferma strumentale, in pazienti accuratamente selezionati.
Di visione opposta il Dott. Giuseppe Di Tano (Cernusco sul Naviglio), che ha sottolineato i limiti di un approccio “terapia first” in assenza di una diagnosi strumentale certa. Avviare una terapia senza conoscere la funzione ventricolare può comportare il rischio di trattare pazienti con diagnosi errate o altre condizioni cardiache (es. tamponamento, stenosi aortica severa, cardiopatie restrittive). L’ecocardiogramma, ha sostenuto, è uno strumento rapidamente disponibile, poco costoso e cruciale per la definizione etiopatogenetica dello scompenso.
Inoltre, ha posto l’accento sul rischio di “ipersemplificazione” del trattamento dello scompenso acuto: l’introduzione degli SGLT2i non deve sostituire il ragionamento clinico, la valutazione dei fenotipi e la costruzione di un piano terapeutico integrato. Ha anche sollevato dubbi sull’aderenza a lungo termine e sulla reale capacità di stratificare correttamente i pazienti in assenza di una valutazione ecocardiografica precoce.
La discussione ha mostrato come entrambe le posizioni abbiano basi solide: da un lato l’urgenza di iniziare una terapia efficace e sicura, dall’altro il valore imprescindibile della diagnostica per immagini nel percorso del paziente con scompenso. In una prospettiva pragmatica, è emersa l’importanza di considerare il contesto clinico: l’avvio precoce di SGLT2i può essere ragionevole nei pazienti con quadro clinico chiaro e senza segni di patologie strutturali gravi, ma è sempre auspicabile una conferma ecocardiografica quanto prima.
In conclusione, la controversia non ha prodotto una risposta definitiva, ma ha sottolineato l’importanza di un approccio individualizzato, fondato su dati clinici, strumenti diagnostici e conoscenza delle evidenze. Come suggerito da entrambe le relazioni, il futuro dell’uso degli SGLT2i nello scompenso de novo sarà probabilmente tracciato da studi pragmatici e real-world in grado di guidare l’applicazione clinica quotidiana.
