In quest’ultima giornata di Congresso, nella Sala Anfiteatro, è avvenuto un interessante Focus, moderato dal Prof. Furio Colivicchi e dal Dott. Massimo Grimaldi, riguardante lo Studio BRING-UP Prevenzione.
Questo studio osservazionale, prospettico e multicentrico ha coinvolto 4790 pazienti provenienti da 189 centri cardiologici distribuiti su tutto il territorio nazionale (il 48% erano pazienti ambulatoriali ed il 52% ospedalizzati).
Obiettivo dello studio è stato valutare il livello di aderenza alle raccomandazioni delle linee guida per la prevenzione cardiovascolare secondaria, con particolare attenzione al raggiungimento dei target previsti per il livello di colesterolo LDL (per il paziente con evento ischemico si raccomanda un livello di LDL ≤55mg/dl).
I pazienti arruolati, tutti con una storia di eventi aterotrombotici documentati quali la malattia coronarica, malattia cerebrovascolare o malattia arteriosa periferica, sono stati seguiti in follow-up per un anno con visite a 6 e 12 mesi.
Per quanto riguarda le differenze di età e sesso il 26% della popolazione è sopra i 75 anni, vi è un minor numero di femmine che però hanno più comorbidità.
Nei pazienti ambulatoriali il valore atteso di LDL è stato raggiunto in maniera più sfumata. Si è visto che nel 96% dei casi i pazienti assumevano solo statina e soprattutto i pazienti più anziani assumevano meno associazioni così come vi è una più bassa frequenza di terapia iniettiva. Le donne hanno un raggiungimento del target sia al basale che al follow-up inferiore, probabilmente perché partono con valori LDL maggiori o forse perché non le trattiamo adeguatamente all’inizio, con il nostro intervento al controllo abbiamo visto un miglioramento. Nelle femmine e nei maschi si usa però la stessa percentuale di associazione di farmaci ipolipemizzanti così come la terapia iniettiva.
Sappiamo che il paziente diabetico ha un impatto fortissimo sulla coronaropatia e sulla sua prognosi. La presenza di diabete mellito, soprattutto il tipo II, fa aumentare il rischio cardiovascolare nel paziente.
Nello studio rappresentano il 28% della popolazione, sono pazienti più anziani e con maggior prevalenza di altri fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, obesità). Si è visto che più del 16% di questi pazienti non avevano LDL basale a target (soprattutto nei pazienti ospedalizzati), nel follow-up a 6 mesi però raggiungiamo il target come la media della restante popolazione. Tra l’altro al basale questi pazienti facevano soprattutto monoterapia.
Per quanto riguarda l’emoglobina glicata al basale si è visto uno scarso controllo e nel follow-up non vi è stato un notevole raggiungimento del target.
Tra i vari sottogruppi ci sono gli intolleranti alle statine (25-30%). Sono pazienti che non possono assumere in maniera continuativa la terapia con statina e vi è come conseguenza un aumento della mortalità per infarto e tutte le cause. Nello studio il 3% ha intolleranza totale o parziale, il 5% invece rifiuta il farmaco con una quota che non accetta tutta la terapia ipolipemizzante presente. Il paziente intollerante è stato riscontrato più nel setting ambulatoriale. Il loro baseline di LDL è 70-80 mg/dl. In questa situazione vanno implementati i nuovi farmaci: anticorpi monoclonali, siRNA, acido bempedoico.
Vi è poi un rischio residuo da analizzare dato dai trigliceridi, dall’infiammazione cronica e dalla Lp(a).
Come ben sappiamo nel rischio cardiovascolare gioca un ruolo anche l’infiammazione cronica e con la somministrazione di basse dosi di Colchicina (0,5 mg) nei pazienti ad alto rischio si è visto un trend positivo, ma nei risultati del BRING-UP vi è una bassa percentuale nel follow-up. Per i trigliceridi abbiamo l’arma degli omega 3 anche se spesso si è visto che non sono somministrati a dosaggio adeguato.
La Lp (a) è un fattore di rischio da considerare, eseguire la sua determinazione ci permette di fare una rivalutazione del rischio. Al momento però rimane solo un marcatore, non ci sono terapie che si possono attuare a riguardo, possiamo agire solo su tutto il resto.
Concludendo lo studio BRING-UP Prevenzione evidenzia la necessità di intensificare gli sforzi nella promozione di stili di vita salutari e nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, sia nella fase primaria che in quella secondaria. La gestione ottimale dei fattori di rischio modificabili è fondamentale per prevenire nuovi eventi cardiovascolari e migliorare la qualità di vita dei pazienti. È un importante contributo alla comprensione delle sfide attuali nella prevenzione cardiovascolare in Italia e sottolinea l’urgenza di interventi mirati per migliorare l’aderenza alle linee guida e la gestione dei fattori di rischio nei pazienti con malattie cardiovascolari.
