CORSO AVANZATO
Imaging integrato nel paziente con valvulopatia

di Giuliana Bolognini
Approccio alla stenosi aortica, all’insufficienza mitralica e all’insufficienza tricuspidalica

L’evoluzione dell’imaging cardiovascolare è oggi al centro della gestione delle valvulopatie. La sessione “Imaging integrato nel paziente con valvulopatia” ha offerto una panoramica completa sull’impiego sinergico delle diverse tecniche di imaging nel percorso diagnostico-terapeutico delle principali patologie valvolari: stenosi aortica, insufficienza mitralica e insufficienza tricuspidalica.

Stenosi aortica: dalla diagnosi alla strategia

Sotto la moderazione esperta di Pio Caso e Sergio Cicero, la sessione si è aperta con un focus sull’ecocardiografia, considerata la tecnica di prima linea nella valutazione della stenosi aortica. Benedetta Carla De Chiara ha illustrato come distinguere le diverse forme della patologia, dalla stenosi a basso flusso e basso gradiente, alla forma paradossa, sottolineando l’importanza di un’analisi accurata dei parametri ecocardiografici.

Il ruolo della Tomografia Computerizzata (TC) è stato poi approfondito da Erika Bertella, che ha messo in luce come questa tecnica sia fondamentale non solo nella conferma della severità anatomica, ma anche nella fase di planning per l’intervento transcatetere (TAVI), grazie alla sua capacità di fornire dati precisi sull’anatomia valvolare e vascolare. Per quanto riguarda la quantificazione della severità della stenosi aortica, il calcium score ha dimostrato un’elevata riproducibilità inter ed intra-osservatore, correla bene con la severità della stenosi aortica misurata all’ecocardio e con la misura del calcio valutata sulle valvole espiantate; pertanto, è un ottimo marker di severità della stenosi. Il calcium score della valvola aortica è un indice prognostico di progressione della malattia: maggiore è il calcium score e più rapida sarà la progressione della stenosi. La possibilità di avere immagini volumetriche dell’intero ciclo cardiaco consente di ottenere misurazioni dell’area planimetrica valvolare senza limiti di allineamento spaziale. Ha un’alta risoluzione spaziale, un’alta riproducibilità e non è flusso dipendente. L’area dell’LVOT misurata in TC può essere usata per il calcolo dell’equazione di continuità ed è molto più accurata rispetto all’estrapolazione matematica dell’ecocardio. Per valutare la fattibilità tecnica dell’intervento e la scelta della protesi serve una pianificazione che viene eseguita con TC torace-addome. La TC torace consente di valutare l’area planimetrica della valvola, le calcificazioni della valvola, eventuale coronaropatia associata, l’altezza delle coronarie e le dimensioni dell’anello aortico; la TC addome valuta le dimensioni dell’aorta e i vasi iliaco-femorali, eventuali calcificazioni presenti e tortuosità. Fondamentale è la valutazione della distanza tra l’anulus e gli osti coronarici che necessariamente deve essere maggiore di 10 mm. L’ostruzione coronarica per migrazione di calcificazioni valvolari è una temibile complicanza che si verifica con un’incidenza dello 0.8%, fino a 5% nelle procedure di valve in valve.

Infine, Donatello Fabiani ha proposto un bilancio a vent’anni dall’introduzione della TAVI, analizzando i cambiamenti nell’imaging del follow-up. La valutazione post-procedurale, ha sottolineato, oggi non può prescindere da un approccio multimodale, che integra eco, TC e RM per monitorare rigurgiti, degenerazioni e dislocazioni.

Insufficienza mitralica: l’eco guida, il multimodale decide

La seconda parte della sessione, moderata da Nazario Carrabba e Antonella Vincenzi, ha affrontato l’insufficienza mitralica, una delle patologie più complesse per variabilità eziologica e terapeutica.

Emanuela Berardi ha tracciato le basi per un’accurata valutazione ecocardiografica, evidenziando i criteri per definire severità e meccanismo, essenziali per orientare la scelta terapeutica, chirurgica o transcatetere. L’ecocardiografia transtoracica rappresenta l’esame di primo livello da eseguire per la valutazione del rigurgito mitralico, e solo nel momento in cui questo non dovesse essere diagnostico o per ulteriori valutazioni bisogna eseguire il transesofageo. Informazioni aggiuntive possono essere ottenute con l’Eco3D ma anche tramite altri software (MV Navigator, TEE 3D, True-view, Glass-view).

Marco Melis ha approfondito l’approccio multi-imaging, indispensabile per pianificare la strategia nei casi più complessi. L’integrazione tra eco 3D, TC e RMN permette infatti una valutazione più precisa della geometria dell’apparato mitralico e una pianificazione più sicura delle procedure interventistiche. Nella riparazione edge-to-ege è fondamentale la valutazione dei lembi, dell’area valvolare mitralica, della sede di flail e del Tethering. Nell’anuloplastica diretta con la TC bisogna valutare sizing dell’anello e il suo spessore, il decorso, la distanza dell’arteria circonflessa rispetto all’anello e la presenza di calcio su anello e lembi. Nell’anuloplastica indiretta invece bisogna focalizzare l’attenzione sul decorso del seno coronarico in relazione all’anello e sul decorso dell’arteria circonflessa in relazione al seno coronarico. Nell’impianto di neocorde per via transapicale è fondamentale alla valutazione con ETE il prolasso/flail del lembo di P2, l’adeguata riserva di coaptazione dei lembi, l’assenza di significativa dilatazione dell’anello (leaflet-to-annulus index >1,25) e l’assenza calcificazione dei lembi e dell’anello.

A chiudere, una sessione pratica con i tips & tricks più rilevanti durante le procedure di correzione transcatetere, utile guida per cardiologi interventisti in formazione e non solo. L’imaging infatti aiuta nella valutazione dell’anatomia del SIA e della puntura transettale, nella posizione ed orientamento della clip, nell’avanzamento nel ventricolo sinistro e grasping e nella verifica del risultato tramite i parametri di riduzione della severità del rigurgito post-impianto e jet multipli. In conclusione, le metodiche di imaging devono valutare l’anatomia valvolare, se la morfologia consente una buona riparazione e, qualora così non dovesse essere se è possibile posizionare una protesi senza ostruire il LVOT.

Tricuspide: da comparsa a protagonista

Negli ultimi anni, l’insufficienza tricuspidalica è emersa dall’ombra. Grazie alle nuove tecnologie, anche la tricuspide è oggi oggetto di trattamento percutaneo in casi selezionati. La sessione dedicata, moderata da Francesco Clemenza e Greca Zanda, ha segnato un ulteriore passo avanti nella comprensione di questa patologia.

Antonino Salvatore Rubino ha presentato una vera e propria “foto segnaletica” del paziente candidabile a trattamento chirurgico vs transcatetere, evidenziando l’importanza di una stratificazione clinica e morfologica precisa. Infatti nell’insufficienza tricuspidalica distinguiamo diversi stadi clinci; l’Early-stage è caratterizzato da un iniziale rimodellamento dell’anello tricuspidalico e una dilatazione ventricolare destra ancora compensata. In questa fase i pazienti possono essere trattati con maggiore successo. Nel Mid-stage si assiste ad evidente dilatazione del ventricolo destro con comparsa di disfunzione ventricolare, ma con sintomi ancora controllabili. Questo è considerato il momento più appropriato per l’intervento che può migliorare significativamente la prognosi. Il Late-stage in cui c’è severa disfunzione ventricolare destra con segni di congestione sistemica, seppur l’intervento è possibile, questo risulta essere associato a rischio maggiore e beneficio limitato. Il trattamento tardivo, pertanto, riduce le probabilità di successo dell’intervento e di recupero funzionale del paziente.

Alice Calabrese ha mostrato come un imaging integrato – eco, TC e, in alcuni casi, risonanza – sia cruciale per la pianificazione sia della fase intra-procedurale, dove guida il posizionamento dei device, sia della fase post-procedurale, per monitorare efficacia e stabilità del risultato. In particolare, nelle prime 24/48 ore bisogna valutare la corretta posizione del device e l’entità del rigurgito residuo. A distanza di un mese bisogna valutare il miglioramento emodinamico, le modificazioni precoci del ventricolo destro e la misura del gradiente transvalvolare per valutare la presenza di eventuale stenosi. A sei mesi bisogna quantificare il rimodellamento inverso del ventricolo destro e correlarlo con i sintomi del paziente. Il follow-up a un anno mira alla ricerca di eventuali complicanze tardive quali trombosi ed endocardite.

Infine, Francesca Sani ha illustrato i principali accorgimenti pratici nelle tecniche di correzione transcatetere, sottolineando il ruolo insostituibile dell’imaging in tempo reale per il successo procedurale.

Dalla stenosi aortica all’insufficienza tricuspidalica, l’imaging non è più un semplice ausilio diagnostico, ma un vero e proprio pilastro nella gestione integrata delle valvulopatie. La sessione ha evidenziato come l’approccio multimodale, la personalizzazione del trattamento e l’esperienza condivisa rappresentino oggi la chiave per una cardiologia moderna, precisa e centrata sul paziente.

 

Giuliana Bolognini
Giuliana Bolognini