Nella Sala del Tempio 2 si è tenuto il corso avanzato sul percorso diagnostico terapeutico nella sincope, moderato dalla Dott.ssa Giuseppina Maura Francese e dal Prof. Fabrizio Ammirati.
Si è aperta la sessione ribadendo subito un concetto molto importante, ossia che in questo setting l’anamnesi è fondamentale. Ha un’accuratezza diagnostica del 90%, richiede tempo per andare ad indagare bene quello che è avvenuto al paziente, bisogna valutare la presenza di prodromi e la loro durata, se ≥10 secondi è una sincope neuromediata. Valutare poi se ci sono altri sintomi e se ci sono testimoni.
La sincope è una transitoria perdita di coscienza con perdita del tono posturale (per ipoperfusione cerebrale globale), di rapida insorgenza, breve durata e recupero completo spontaneo. La sincope può poi essere distinta in cardiogena e non cardiogena.
Distinguiamo una sincope riflessa o neuromediata, che è di tipo vaso vagale, situazionale con trigger e prodromi, in genere vi è una lunga storia di sincope ricorrente (verificatasi prima dei 40 anni), in assenza di malattie cardiache. Vi è poi la sincope da ipotensione ortostatica che può essere legata a farmaci o a deplezione del volume.
La sincope cardiaca spesso non è preceduta da prodromi e, se ci sono, sono molto brevi; può essere data da una patologia strutturale cardiaca, da patologia cardiopolmonare e aritmica.
Possiamo usare degli score che ci predicono se la natura della sincope sia cardiaca (ad esempio l’EGSYS score).
Dopo l’anamnesi step successivi comprendono la misurazione della pressione arteriosa in clino e ortostatismo e l’elettrocardiogramma.
Bisogna dire che nella diagnosi di sincope ci sia molta variabilità territoriale.
Bisognerebbe eseguire una valutazione neuroautonomica tramite il massaggio del seno carotideo, questo è indicato nel paziente con età superiore ai 40 anni con sincope di origine sconosciuta compatibile con un meccanismo riflesso, ed il tilt test.
Le controindicazioni al primo esame sono recente IMA e ictus e quando ho stenosi carotidee serrate. Nel secondo invece le controindicazioni sono tutte quelle situazioni che peggiorano con l’ipoperfusione.
Il tilt test ha valore diagnostico quando l’evento provocato riproduce i sintomi che il paziente ha sperimentato spontaneamente e quando l’esame viene proseguito fino alla completa perdita di coscienza così da stabilire una diagnosi certa, altamente probabile e possibile.
Quando invece dobbiamo sospettare una sincope aritmica a rischio di morte improvvisa? Ci sono delle “red flags” quali la presenza di trauma, le palpitazioni, i prodromi, senso di calore, durante lo sforzo e presenza di anomalie all’ecg.
Tra le cause di sincope cardiogena vi è la cardiomiopatia ipertrofica, sia per aritmie che per un meccanismo emodinamico primario. In questo caso è fondamentale l’ESC HCM- Risk-SCD Score per valutare eventuale impianto ICD.
Altra cardiopatia da valutare e ricercare accuratamente nella sincope la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro.
Valutare dall’ECG segni che ci facciano pensare alla Sindrome di Brugada, la sindrome del QT lungo, la ripolarizzazione precoce e cardiomiopatia dilatativa.
Nel setting della sincope possiamo dire che è “sempre troppo tardi”, in acuto è difficile fare diagnosi e in genere recidiva. Quindi importante è effettuare un monitoraggio.
Abbiamo a disposizione diverse soluzioni: l’Holter ECG di 24-72 ore ha in realtà un’utilità molto limitata e difficilmente ci permette di fare diagnosi, poi abbiamo il monitoraggio in ospedale nei casi ad alto rischio e ci dà una discreta percentuale di diagnosi, l’Event Recorder che ha un buon valore diagnostico ed infine ultimo ma non ultimo il Loop Recorder che ha massimo potere diagnostico.
Lo studio elettrofisiologico può essere usato a scopo diagnostico o per guidare la terapia, ovviamente sempre dopo valutazione non invasiva. La sua efficacia dipende dalla eventuale cardiopatia sottostante, presenza di aritmie di base, terapia concomitante, protocollo e sito di stimolazione.
Comunque, dopo l’avvento dei metodi di monitoraggio ECG prolungati, il SEF ha perso importanza come test diagnostico. Rimane utile nei pazienti con sincope e cardiopatia strutturale. Un SEF negativo non esclude con certezza una sincope aritmica. L’induzione di una FV/TV polimorfa in cardiopatia ischemica o cardiopatia dilatativa non può essere considerata diagnostica come causa sincopale. Un SEF non è utile in paziente con sincope , ECG normale e senza nota cardiopatia o cardiopalmo.
Ci siamo addentrati poi nella seconda sessione moderata dal dott. Carlo Ratti e dal dott. Roberto Scioli.
Nel 30-48% dei casi tutti gli accertamenti per una sincope inspiegata sono negativi e in questo caso vi può essere indicazione ad impianto di Loop Recorder. Questo è un dispositivo mini-invasivo che permette un lungo monitoraggio, consente di fare diagnosi di esclusione, ha però dei “contro”: il paziente deve avere un’altra sincope, è uno strumento solo diagnostico, rischiamo di trovare “altro”, ha costi elevati.
Affrontando l’argomento della terapia, bisogna dire che in questo caso lo scopo della terapia nella sincope è di prevenire i traumi e migliorare la qualità della vita specie nei soggetti che praticano attività ad alto rischio. Importante è fare un’attività di counseling che già da solo è in grado di ridurre le recidive, evitare o ridurre l’esposizione ai trigger scatenanti, riconoscere i prodromi e attuare misure preventive (hand grip, leg crossing, arm tensing) e l’abolizione delle sostanze alcoliche.
Recenti studi hanno suggerito l’efficacia di fludrocortisone, midodrina, atomoxetina e teofillina nel ridurre le recidive di sincope, ma i dati non sono ancora sufficientemente validi.
Come approcci interventistici nella terapia anti bradicardica abbiamo l’impianto di Pace-Maker e la cardioneuroablazione (CNA).
La prima è una terapia standardizzata, efficace in tutte le forme di bradicardia, e con una efficacia duratura, ha però complicanze tempo dipendenti, un rischio infettivo, e la necessità di sostituzione periodica. Per la seconda abbiamo bisogno di un “target a monte”, non ha un “hardware permanente”, con complicanze dello 0.5-2%, con un costo/efficacia favorevole, ma non è una procedura standardizzata, non è efficace in tutte le bradicardie ed è affetta da perdita di efficacia nel tempo.
