MINI SIMPOSIO
LA RETE PER L’EMERGENZA-URGENZA CARDIOLOGICA UPDATE 2022

di Martina Milani
A che punto siamo e dove stiamo andando.

STEMI, NSTEMI e shock cardiogeno sono i cardini dell’attività di emergenza urgenza in ambito cardiologico. È stato dimostrato che, se si vuole raggiungere elevati standard di trattamento, non si può prescindere dall’implementazione di una rete efficiente di collaborazione tra le strutture ospedaliere.

Questo è stato il presupposto del Mini Simposio moderato dai dottori Ciro Mauro e Giovanni Tortorella.

Il dottor Roberto Caporale si è occupato del network per la gestione dell’infarto miocardico con sopralivellamento del tratto ST, prototipo delle reti per le patologie tempo-dipendenti. L’angioplastica primaria deve essere la strategia di scelta nello STEMI e la rete è il sistema che ne ottimizza i risultati, consentendo di centralizzare in strutture dotate di emodinamica i pazienti che accedono a centri che ne sono privi.

Il continuo miglioramento di questo sistema e l’instancabile verifica del raggiungimento degli standard sono indispensabili per non vanificare, con ritardi ingiustificabili, l’indubbia efficacia del trattamento. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che la trombolisi pre-ospedaliera resta una scelta ancora raccomandata dalle linee guida in classe IA nel caso in cui i tempi di trasporto (per distanza o contingenza) impediscano il raggiungimento del goal di 90-120 minuti tra first medical contact e PCI. Abbiamo una grande responsabilità in questi casi, soprattutto se sono early presenter, giovani e con infarti estesi: sostenere l’angioplastica primaria “a qualunque ritardo” è un’opzione che può costare caro al paziente, mentre la riperfusione farmacologica, in casi selezionati, è meglio di una PCI tardiva.

Parlando di rete per l’NSTEMI, il dottor Vincenzo Guiducci ha portato l’esperienza virtuosa di Reggio Emilia, dove è stata sviluppata una strategia “service” per l’accesso precoce alla sala di emodinamica dei pazienti con SCA, ricoverati presso ospedali spoke. Questo modello organizzativo prevede che il paziente venga inviato al centro hub, qui venga studiato e trattato, tenuto in osservazione per qualche ora e successivamente reinviato all’ospedale di provenienza. La revisione dei dati relativi ai primi 5 anni di attività ha mostrato che questa strategia è efficace (anche nei centri senza guardia cardiologica h24) e permette l’accesso al laboratorio di Emodinamica entro le 72 ore alla maggior parte dei pazienti. La rete cardiologica aiuta quindi a offrire un trattamento omogeneo, indipendentemente dalla sede di ricovero. Più complesso sarà garantire di studiare entro 24 ore tutti i pazienti che lo necessitano (e che sostanzialmente sono la maggior parte, se si seguono i criteri dell’ultimo aggiornamento delle linee guida).

La strategia service è sicura: non si sono verificati eventi avversi nel trasferimento dei pazienti (eseguito da volontari laici dotati di DAE) e, nei casi ad elevata complessità procedurale (numero di stent impiantati e di mezzo di contrasto utilizzato), l’emodinamista si può avvalere della disponibilità del posto letto per tenere il paziente in osservazione (shift da service a trasferimento, senza che il centro hub perda posti letto per eventuali ricoveri).

Infine, in contrapposizione a STEMI e NSTEMI, per i quali esistono reti ampiamente consolidate, per lo shock cardiogeno un vero network ancora non c’è. Il dottor Felice Achilli ha mostrato come, per gestire correttamente il paziente in shock è indispensabile il sospetto precoce, la definizione del fenotipo e la classificazione clinica e prognostica (ABCDE, SCAI), l’avvio di un monitoraggio intensivo e la pronta attivazione di uno shock team che sappia mettere in atto l’adeguato supporto farmacologico o meccanico. La maggior parte degli ospedali ha a disposizione gli strumenti necessari per inquadrare il malato e avviare i primi trattamenti (va ricordato che il 70% dei casi di shock cardiogeno non si presenta in centri hub e soprattutto una quota di pazienti non trascurabile non arriva in shock, bensì vi scivola durante ricovero). Anche il centro spoke riveste quindi un ruolo centrale nella rete: deve saper gestire ciò che gli compete, ma non deve ritardare il referral al centro di terzo livello qualora sia necessario.

 

Martina Milani