MINI SIMPOSIO
TAVI 2022: COSA SAPERE E COSA SAPER FARE

di Martina Milani

Il Mini Simposio che si è tenuto in Sala Polis nella giornata conclusiva dei lavori del 53° Congresso ANMCO, è stato dedicato alla sostituzione valvolare aortica percutanea, tecnica che compie i suoi primi 20 anni. Moderati dai dottori Paolo Scacciatella e Stefano Tondi, i relatori hanno analizzato il ruolo dell’ecocardiografia in questo campo, per poi passare agli aspetti più controversi (bicuspidia, insufficienza aortica, valve in valve, indicazione e timing della rivascolarizzazione) e infine alla terapia farmacologica post-impianto.

L’ecocardiografia è fondamentale in tutto il processo, dalla selezione del paziente al follow-up. In fase pre-proceudurale la competizione della metodica transesofagea 3D con la TC rimane aperta: infatti gli ultrasuoni ormai consentono di studiare con precisione l’annulus, superando i limiti del bidimensionale, di misurare l’altezza degli osti coronarici e di valutare l’aorta ascendente; punto ancora a sfavore dell’ecocardiografia sono le calcificazioni.

Per quanto riguarda la fase intraprocedurale, di solito l’emodinamista si sente autonomo; in realtà l’ecocardiografia tridimensionale permette di seguire la procedura step by step e ne aumenta il successo. Il futuro potrebbe essere del Fusion imaging, che unisce nella stessa immagine una scopia e un’immagine ecocardiografica.

Infine, la valutazione post-procedurale, che deve essere il più precoce possibile, per identificare complicanze quali leak paravalvolari, lesione dei lembi, patologie aortiche acute.

Il dottor Sergio Berti si è occupato dei settori in cui la TAVI è ancora in fase di sviluppo o in cui ci sono controversie: bicuspidia, insufficienza aortica, valve-in-valve.

Molte sono le difficoltà correlate alla valvola bicuspide. Innanzitutto, è molto calcifica rispetto alla tricuspide (e questo può condizionare un’incompleta espansione della protesi, la presenza di leak paravalvolari e un maggior rischio di rottura dell’anello); inoltre si associa spesso ad aneurismi dell’aorta ascendente (pertanto c’è maggiore rischio di rottura o dissezione); infine l’area valvolare di forma ovalare e l’origine angolata dell’aorta ascendente possono favorire la formazione di paravalvular leak e incidere su una ridotta durability long-term della protesi.

Per l’insufficienza aortica il trattamento percutaneo è off-label, perciò la prima scelta deve essere la cardiochirurgia; la percutanea potrebbe essere riservata per i pazienti a rischio chirurgico elevato. I limiti sono legati al fatto che nell’insufficienza aortica c’è poco calcio (quindi la protesi non vi si può ancorare e questo incrementa il rischio di embolizzazione).

Infine, le valve-in-valve, che saranno sempre più utilizzate in futuro, visto lo stimato incremento di incidenza della disfunzione di protesi negli anni a venire. Dati ricavati dal registro VIVID sono promettenti riguardo alla mortalità a 30 giorni e alla durata del ricovero, ma c’è ancora molto da ottimizzare; il principale problema residuo è il mismatch protesi-paziente in presenza di anello piccolo. Si stanno pertanto sviluppando protesi chirurgiche con anello facilmente fratturabile e quindi espandibile dalla seconda protesi.

Altra questione aperta è la rivascolarizzazione coronarica in associazione a TAVI, problematica frequente dato che la prevalenza di coronaropatia nei pazienti sottoposti a TAVI è stimata tra il 45 e il 70%. Il dottor Mauro Iafrancesco ha mostrato come resta non chiarito l’impatto clinico della coronaropatia in questi soggetti: diversi studi hanno affrontato l’argomento ma con risultati contrastanti. Le line guida europee non raccomandano tempi specifici per la rivascolarizzazione coronarica, ma suggeriscono di basare la decisione sulla presentazione clinica, sull’anatomia coronarica e sull’estensione dell’area di miocardio a rischio.

Una strategia di valvuloplastica aortica concomitante alla rivascolarizzazione coronarica, seguita, dopo stabilizzazione, dalla TAVI, può essere ragionevole in un ristretto gruppo di pazienti che si presentano con sindrome coronarica acuta.

È stato anche proposto un approccio ibrido interessante, seppur con applicabilità molto selezionata (pazienti con accessi vascolari difficili e ad alto rischio per la CEC): una rivascolarizzazione chirurgica associata a trattamento transcatetere transaortico della stenosi aortica.

Infine, quale terapia antitrombotica dopo l’impianto? Molti studi (ARTE 2017, POPular TAVI, GALILEO, ATLANTIS ed ENVISAGE TAVI AF) negli ultimi anni hanno fatto chiarezza su questo tema e hanno permesso di formulare le chiare raccomandazioni contenute nelle Linee Guida 2021 e confermate dal documento di Consensus di EAPCI. Come illustrato dalla dottoressa Noemi Bruno, deve essere prescritto un anticoagulante orale (diretto oppure antagonista della vitamina K, in presenza di specifiche indicazioni) se il paziente già ha indicazione a terapia anticoagulante; se è già in corso una singola terapia antiaggregante, questa va assunta life long. In caso di angioplastica eseguita negli ultimi 3 mesi, vanno seguite le specifiche raccomandazioni. Nel paziente che non assume altra terapia, è controindicata la terapia anticoagulante e la scelta consiste in un singolo anti aggregante (classe IIa).

Martina Milani