SIMPOSIO CONGIUNTO
SIMPOSIO AMD – ANMCO: SCOMPENSO CARDIACO E DIABETE

di Giovanna Di Giannuario
Il paziente cronico con scompenso cardiaco è un paziente complesso che necessita di una collaborazione multidisciplinare per identificare la migliore strategia terapeutica. I nuovi farmaci SGLT2 e GLP1 impongono una stretta collaborazione tra cardiologi e diabetologi.

Nella sala del Pantheon si è tenuto un interessante simposio sullo scompenso cardiaco e il diabete. Il simposio ha utilizzato una modalità satellite per la corrispondenza delle date del congresso con il congresso nazionale diabetologico a Roma, quindi i diabetologi si sono collegati da remoto, sia il moderatore che i relatori. I lavori sono iniziati con relazioni cardiologiche tenute da illustri esperti di scompenso: il dottor Cipriani e il dottor Navazio, che hanno parlato delle nuove classificazioni dello scompenso nelle ultime linee guida europee e americane sottolineando i punti di contatto e le diversità dei due documenti usciti molto recentemente.

I relatori hanno sottolineato l’importanza di non categorizzare nelle classificazioni proposte il malato con scompenso cardiaco solo in base alla frazione di eiezione rilevata in un certo momento, che potrebbe magari modificarsi dopo terapia medica ottimizzata, ma di valutare anche da quale funzione sistolica ventricolare sinistra partiva il paziente e quali “tratti distintivi” ci possono far capire che traiettoria futura possa avere quel paziente soprattutto nelle forme intermedie (mid) di disfunzione sistolica. Inoltre, sono state citate le principali terapie farmacologiche nello scompenso a FE ridotta che compaiono nelle nuove linee sulla stessa riga: ACE in/ARNI, MRA, diuretici, betabloccanti, SGLT2, GLP1. Ovviamente molte terapie andrebbero titolate per avere il miglior effetto terapeutico; esistono altre classi di farmaci utili come l’ivabradina, il ferro carbossimaltosio, i chelanti del potassio, a settembre verrà introdotto nell’armamentario terapeutico anche il vericiguat (studio Victoria) per i pazienti con destabilizzazioni frequenti e presto avremo anche gli attivatori della miosina. Nello scompenso avanzato con FE ridotta è necessaria una valutazione multidisciplinare tra diversi specialisti per ottimizzare la strategia terapeutica, comunque la terapia andrebbe iniziata prima possibile perché aumenta la sopravvivenza media di questi malati. Oggi nell’armamentario terapeutico dei pazienti con scompenso i cardiologici hanno due classi farmacologiche in più: SGLT2 inibitori e glifozine che nascono come farmaci per pazienti diabetici ma che possono essere usati anche nei pazienti non diabetici. I diabetologi esperti, Dott. Candido e Dott. Ciariello, si sono connessi da remoto videotrasmettendo da Roma dal loro congresso nazionale le due relazioni. Hanno parlato inizialmente di epidemiologia medica, evidenziando come in Italia ci sia una elevata incidenza con un milione di pazienti con scompenso cardiaco e circa 90.000 casi anno; la prevalenza aumenta del 2% ogni decade di età, e circa la metà dei pazienti viene riospedalizzato ad un anno. Lo scompenso cardiaco è la seconda causa di ospedalizzazioni (dopo le malattie polmonari) che avvengono per lo più non in reparto di cardiologia ma in reparti di medicina/geriatria. I pazienti diabetici hanno maggiori rischi di mortalità e di morbilità cardiovascolare andando avanti con l’età rispetto ai pazienti non diabetici.

Sia i diabetologi che i cardiologi hanno presentato i dati degli studi più importanti che hanno dimostrato l’efficacia di SGLT2 inibitori e glifozine nel paziente con scompenso sia con frazione di eiezione (FE) ridotta che conservata. Infatti le due tipologie di farmaci si sono dimostrate efficaci nel ridurre la mortalità e la recidiva di scompenso con riospedalizzazione in maniera statisticamente significativa, sia i farmaci SGLT2-inibitori che le glifozine dapaglifozin e empaglifozin (studi Emperor, SOLOIST_WHF, DELIVER e altri). I Diabetologi hanno ipotizzato oltre a un meccanismo cardioprotettivo diretto di questi farmaci anche un meccanismo nefroprotettivo che ridurrebbe l’incidenza di scompenso, sebbene inizialmente siano stati usati con cautela nei pazienti con insufficienza renale. Sicuramente l’approccio può essere diverso nel paziente diabetico se cardiocentrico o diabetocentrico; quindi, secondo il problema prevalente – diabete scompensato o scompenso cardiaco – il paziente può essere preso in carico da uno dei due settori, che dovrà scegliere l’inizio della terapia in maniera multidisciplinare discutendo il caso anche con i nefrologi. I diabetologi hanno presentato poi dei modelli organizzativi del paziente cronico con diabete e scompenso cardiaco che valutano la presa in carico in diversi setting, dal medico di medicina generale, allo specialista diabetologico o alla cardiologia, con criteri di necessità di un supporto multidisciplinare; tale modello ancora embrionale necessiterà in futuro di una revisione critica e di una sistematizzazione del percorso.

Alcune regioni stanno già identificando il percorso; sono stati presentati i dati del Friuli-Venezia Giulia, da anni pioniere nella gestione territoriale dello scompenso, che prevedono un case manager (MMG, case di comunità, cardiologo o diabetologo) e la presa in carico del paziente in percorsi diagnostici terapeutici multidisciplinari, anche con l’ausilio della telemedicina e del teleconsulto tra professionisti appartenenti a settori medici diversi.

Sicuramente, il paziente diabetico con scompenso è un paziente cronico con multiple copatologie legate anche ad altri organi e necessita di un approccio multidisciplinare a 360 gradi, che preveda l’utilizzo di tutti i farmaci già in essere e delle nuove possibilità terapeutiche che si sono dimostrate efficaci nel ridurre la mortalità e la morbilità, cercando di aumentare la qualità di vita.

Giovanna Di Giannuario ANMCO
Giovanna Di Giannuario