La Vi.P. Imaging session, sessione interattiva moderata dalla dottoressa Antonella Moreo e dal dottor Donato Mele, è stata dedicata alla presentazione di interessanti casi clinici volti a stimolare l’audience nella riflessione sul percorso diagnostico e a mostrare come le metodiche di imaging siano necessariamente complementari tra loro.
La dottoressa Alessia Gimelli ha presentato il caso di una donna di 72 anni, ipertesa e ipercolesterolemica, con dispnea da sforzo. La probabilità di coronaropatia pre-test, calcolata secondo lo schema proposto dalle Linee Guida, era del 12% (probabilità intermedio-bassa). Risultava pertanto indicato un test di imaging anatomico, quale la TC coronarica. Nonostante l’esame sia stato effettuato con una macchina di buon livello e pretrattando la paziente con nitrato e betabloccanti, la qualità delle immagini non è stata ottimale per la presenza di artefatti da coronaropatia calcifica e per la scarsa compliance all’apnea. Questo sottolinea come, nella scelta del test, è indispensabile seguire le linee guida, ma anche ritagliare l’esame sul singolo paziente (in questo caso si sarebbe dovuta tenere presente l’età e la ridotta compliance della paziente).
Si è deciso quindi di eseguire una scintigrafia da stress farmacologico (regadenoson), vista la difficoltà della paziente nell’esecuzione di uno sforzo (per limitazione alla deambulazione e per la presenza di dispnea da sforzo) e la claustrofobia (che avrebbe impedito una risonanza magnetica). L’esame ha mostrato un’ischemia inducibile in sede infero-laterale, corrispondente al reperto angiografico di stenosi dell’arteria circonflessa.
Altro caso è quello di un uomo di 55 anni, obeso, con ipertensione e ipercolesterolemia, che riferiva palpitazioni da stress emotivo, mentre aveva buona tolleranza allo sforzo (praticava spinning ad elevata intensità tre volte a settimana). In questo caso la PTP era del 17% e, vista l’età, c’era indicazione ad eseguire una TC coronarica : questa ha evidenziato l’origine anomala della coronaria destra dal seno coronarico sinistro e il suo decorso interarterioso. Data l’intensa attività fisica praticata dal paziente, è stato comunque sottoposto a scintigrafia miocardica da sforzo che ha evidenziato una severa ischemia, sia nel territorio della coronaria destra sia in quello dell’interventricolare anteriore.
La TC per questo paziente era quindi l’esame corretto (avrebbe escluso adeguatamente la coronaropatia, se non ci fosse stata l’anomalia congenita); l’aggiunta dello stress test ha aiutato a studiare l’impatto funzionale dell’anatomia coronarica rilevata. Se si fosse partiti dalla valutazione funzionale, invece, il paziente sarebbe stato inviato a coronarografia, esame che, in questo caso, non sarebbe stato sufficiente del descrivere precisamente l’anatomia coronarica.
Il paziente ha rifiutato l’intervento chirurgico, ad alto rischio, vista l’assenza di limitazione nelle sue attività quotidiane. È stata quindi implementata la terapia medica (ACE-inibitore, beta-bloccante e cardioaspirina) e posta controindicazione a svolgere attività fisica agonistica.
Infine, la dottoressa Erika Bertella ha presentato il caso di una ragazza di 12 anni, 45 kg, che all’ECG, eseguito nella visita per idoneità sportiva agonistica, presentava extrasistolia con morfologia BBS e asse inferiore (ipotizzabile un’origine dal tratto di efflusso del ventricolo destro). Non aveva familiarità per morte cardiaca improvvisa e l’obiettività era nella norma. Veniva pertanto consigliato un ECG Holter (che mostrava 19000 ectopici ventricolari monomorfi, talora organizzati in coppie e triplette) ed un ecocardiogramma (che, pur in presenza di immagini di qualità non ottimale, mostrava un ventricolo destro apparentemente non dilatato, assenza di valvulopatie di rilievo e di versamento pericardico). Indispensabile in questo caso, visti i limiti della metodica transtoracica, l’esecuzione di una risonanza magnetica, che ha evidenziato la presenza di un pectus excavatun che determinava una distorsione della conformazione toracica. Il ventricolo destro presentava comunque un’adeguata contrattilità, in assenza di franchi bulging, difetti di perfusione o aree patologiche di LGE.
È stato calcolato l’indice di Haller che, insieme all’evidenza di riduzione della capacità funzionale al test cardiopolmonare, ha consentito di porre indicazione all’intervento di Nuss, A 6 mesi si è evidenziata una significativa riduzione delle extrasistoli e un incremento del picco di ossigeno dal 50% al 73% del predetto.